Dici Salvatore Schillaci e pensi a Italia ’90. Il rapporto tra l’attaccante e la maglia azzurra, però, iniziò qualche mese prima, nel marzo del 1990.
Grazie ai ventitré gol realizzati con il Messina di Zeman nel campionato di serie B 88/89, Schillaci meritò il trasferimento alla Juventus. In maglia bianconera, nel corso della stagione che avrebbe portato al Mondiale italiano, l’attaccante realizzò quindici reti catturando l’attenzione del selezionatore azzurro Azeglio Vicini.
Il 27 marzo arrivò la prima convocazione, e quattro giorni dopo Schillaci fu titolare nell’amichevole contro la Svizzera. La partita terminò 1 a 0 per l’Italia con rete di De Agostini.
Al mondiale che inizia l’8 giugno del ’90, l’Italia si presenta da favorita, e non solo per il fattore campo. A dimostrazione dell’ottimo stato di forma del movimento, Milan, Sampdoria e Juventus si aggiudicano, quell’anno, rispettivamente Coppa dei Campioni, Coppa delle Coppe e Coppa Uefa.
Per la prima partita del girone eliminatorio, contro l’Austria, Vicini punta sulla coppia d’attacco composta da Vialli e Carnevale. I due, però, non riescono a sbloccare il risultato, e a un quarto d’ora dalla fine Schillaci viene mandato in campo. Dopo quattro minuti realizza, di testa, in mezzo ai colossi austriaci, il gol della vittoria.
La seconda partita, contro gli Stati Uniti, decisa dal romanista Giannini, sarà l’unica del mondiale in cui Schillaci, di nuovo in campo nella ripresa al posto di Giannini, non troverà il gol. Altro colpo di testa contro la Cecoslovacchia; bel gol dalla media distanza contro l’Uruguay; piattone a ribadire in rete la respinta del portiere avversario su tiro di Donadoni contro l’Irlanda.
Schillaci porta per mano la Nazionale fino alla semifinale contro l’Argentina, e anche qui sblocca il risultato dopo diciassette minuti. La rete, una deviazione volante dopo la parata di Goycochea sulla conclusione di Gianluca Vialli, dimostra quanto, in quel mese, Schillaci fosse baciato dalle divinità dello sport.
La favola, però, si interrompe proprio sul più bello. Caniggia beffa la difesa azzurra, imbattuta fino a quel momento, e ai calci di rigore – vera maledizione azzurra degli anni ’90 – sono i sudamericani a guadagnarsi la finale contro la Germania.
Con il rigore trasformato nella finalina per il terzo posto contro l’Inghilterra, e cedutogli generosamente da Roberto Baggio, Schillaci si consacra capocannoniere del torneo, e qualche mese dopo arriverà al secondo posto nella classifica del Pallone d’oro assegnato a Lothar Matthäus.
La carriera di Schillaci non proseguirà secondo le aspettative. L’anno post-mondiale avrebbe dovuto trascinare la Juventus di Maifredi in coppia con il neo acquisto Roberto Baggio, ma per i bianconeri sarà un anno deludente. In due anni a Torino l’attaccante metterà insieme appena 11 reti, e gli stessi numeri caratterizzeranno il successivo biennio interista. Prima della fine della stagione 93/94, Schillaci si trasferirà allo Jubilo Iwata, nel campionato giapponese, dove troverà un ricco ingaggio e l’entusiasmo dei tifosi nipponici. In Giappone segnerà quasi settanta gol e vincerà il campionato del 1997.
Il mondiale del 1990, non vinto nonostante una rosa molto valida e il sostegno dei tifosi italiani, viene considerato il più grande rimpianto per la Nazionale di calcio. Dopo tanti anni, però, la delusione è meno intensa e rimane, negli sportivi, il ricordo di una competizione vissuta da protagonisti fino a un passo dalla fine. Un cammino, accompagnato dalla colonna sonora di Gianna Nannini e Edoardo Bennato e dallo strampalato ma indimenticabile “Ciao”, ricco di emozioni, di cui Salvatore Schillaci è stato il vero simbolo. La storia di un ragazzo con l’accento palermitano, che in dodici messi è passato dalla serie B al palcoscenico mondiale, credendoci fino in fondo, è stato uno splendido per messaggio per tutti; e nessun appassionato dimenticherà mai lo sguardo spiritato di Schillaci durante le Notti Magiche.