Il teatro (dal greco θέατρον, théatron, ‘luogo di pubblico spettacolo’, dal verbo θεάομαι, theàomai, ‘osservo’, ‘guardo’, la stessa radice di theoreo, da cui ‘teoria’) è un insieme di differenti discipline, che si uniscono e concretizzano l’esecuzione di un evento spettacolare dal vivo e genera la curiosità e l’interesse dello spettatore.
È un veicolo sociale potentissimo, perché diffonde arte, bellezza, cultura.
Anche solo entrare in un luogo come il Teatro Vittorio Emanuele regala subito un senso di bellezza. Il Teatro più antico della Sicilia con il secondo palcoscenico più grande d’ Europa. Il gemello del S. Carlo di Napoli (arch. Valente), almeno nella sua struttura esterna.
Questa sensazione arriva a tutti in maniera trasversale, a prescindere dal livello culturale o sociale. Tutti possono amare la bellezza ed esserne rapiti.
Questa bellezza educa, addolcisce, aiuta anche a essere meno aggressivi, a capire la tolleranza… O almeno così dovrebbe essere.
Ma il Teatro è anche dolore. Distrutto dalla guerra e dagli uomini, ricostruito nella modernità, e di nuovo distrutto sotto il profilo economico con scelte troppo spesso mirate a soddisfare personalismi senza guardare al futuro. Quando mi sono proposto per ricoprire il ruolo di Sovrintendente del nostro Teatro sono stato chiaro nell’illustrare le mie intenzioni ed il progetto di risanamento necessario per consentire all’E.A.R. di non essere posto in liquidazione ed alla Città di poter continuare a vivere questo meraviglioso ed affascinante mondo che, sotto il profilo antropologico, rappresenta l’evoluzione delle fasi della nostra vita.
Il Teatro ha pagato un prezzo altissimo ed è bene non dimenticarlo.
Nasce come lirico e sinfonico e si colloca subito tra i principali teatri Italiani in linea con l’inclinazione socio economica della Città.
Resiste al terremoto, alla guerra ma non alla mano dell’uomo.
Per ben 75 anni resta chiuso e quando ricomincia la propria attività si ritrova senza un orchestra in organico, con una società mutata e con un pubblico sempre meno interessato dall’opera e dalla sinfonica e migrato verso la vicina Catania.
Comincia, pur non essendone strutturato, a produrre prosa ed a circuitare i propri spettacoli anche se talvolta ha demandato ai privati tale attività.
Continua a dimenticarsi dell’orchestra anche quando, grazie ai 12 miliardi l’anno della Regione, poteva finalmente creare la propria orchestra e cosa assai più grave a dimenticare di essere un ente pubblico diventando uno strumento assistenziale, più o meno ovattato, per soddisfare il clientelismo politico. Dal 2014 contestualmente alla sostanziale diminuzione dei trasferimenti regionali ed ad alcuni errori dovuti a politiche di espansione non sostenibili nel momento storico, comincia a produrre debiti su debiti.
Oggi, grazie alla nuova amministrazione regionale, i finanziamenti sono stati incrementati a quasi 4,5 milioni di euro (9 miliardi delle vecchie lire) ed alle scelte della nuova governance il Teatro ha avviato un virtuoso percorso di risanamento.. Ma 4,5 mle non hanno più il valore di acquisto di 9 miliardi di lire lo abbiamo scoperto tutti allorquando si è allargata la forbice della diseguaglianza sociale.
Parlare di cultura senza avere rispetto per il lavoro degli altri e soprattutto senza capire che è il pubblico il vero “dominus” del teatro è un esercizio accademico che serve solo ad aprire polemiche quando invece ci sarebbe necessità di intenti ed un sentire comune.
Ma purtroppo questo sembra essere lo spirito di una società sempre più indifferente ai problemi ed alle soluzioni ed affascinata dal gioco dell’individualismo e dell’egoismo.
Il Teatro da sempre è stato all’altezza della sua fama con produzioni di alto livello capaci di affascinare un numero sempre crescente di spettatori.
Purtoppo però, negli ultimi anni, il pubblico non ha premiato le precedenti Direzioni artistiche e sarebbe stato presuntuoso non prenderne atto e continuare nella stessa direzione. Non sono stati poi affrontati i nodi strutturali che hanno rappresentato un pericolo per la stessa sopravvivenza del Teatro e non si è stati capaci di guardare ai giovani e di interpretarne i gusti.
Solo grazie ai Direttori Artistici Matteo Pappalardo e Simona Celi vi è stata un inversione di tendenza ed un nuovo inizio. Il Sovrintendente del Teatro è la figura centrale del progetto artistico culturale. Egli deve far sì che le scelte della Direzione Artistica siano compatibili con le risorse dell’Ente e presentare al Consiglio di Amministrazione una programmazione sostenibile ed un offerta culturale capace di incuriosire e coinvolgere gli spettatori.
Per quanto riguarda il settore della prosa, al quale sembra siano rivolte le intolleranti censure di persone che, a vario titolo, sono state, in passato, protagoniste delle scelte artistiche dell’Ente, i risultati parlano da soli.
Simona Celi, direttore artistico di rara sensibilità e preparazione culturale e professionale, è riuscita a imprimere nuova vitalità al teatro rappresentando al pubblico il meglio della tradizione con un occhio attento alla modernità. Dai classici al moderno dal nostro teatro sono passate le più importanti produzioni Italiane ed internazionali (Chaplin) ed i migliori attori.
Il progetto Play the Game troppo frettolosamente e snobisticamente liquidato come “talent” ha avuto il merito di coinvolgere in teatro 35 giovani di talento. Esso ha aperto una finestra sul mondo giovanile e lo ha avvicinato al Teatro come anche il progetto “Madre Teatro” rivolto alle scuole. Dino Scuderi, Eugenio Dura e Luca Notari hanno formato artisti che calcheranno presto il nostro palcoscenico ed anche quelli che non raggiungeranno l’obiettivo sono rimasti entusiasti dell’interesse che il teatro ha avuto nei loro confronti.
Ho riguardato gli annali delle produzioni del Teatro e non ho trovato nessun progetto che coinvolgesse gli artisti “messinesi”.
Ma che significa essere “artista messinese” come se l’arte fosse collegata al luogo di nascita. L’arte non ha confini è estremamente libera e si incarna nella bravura dell’artista, come una seconda pelle, rendendolo soggetto universale che trasmette emozioni. Non è forse vero che in due anni è stata offerta alle compagnie messinesi di provare e rappresentare i propri spettacoli al Teatro senza alcun onere e con una compartecipazione ai ricavi pari al 70% come peraltro in uso in tutti i teatri italiani?
Non è forse vero che nessuno dico nessuno ha presentato proposte in tal senso?
Rispetto il pensiero di chi vede il nostro teatro come laboratorio culturale per le produzioni delle Compagnie locali ma tale assunto non è un dogma che può essere realizzato a prescindere dalla qualità e soprattutto dal gradimento del pubblico. Certo questa sarà una strada possibile che affiancherà le produzioni e le rappresentazioni del Teatro ma per farlo ci vorrà tempo ed investimenti che, allo stato, non sono nelle disponibilità dell’Ente.
Si rassegni però chi pensa al Teatro di Messina come ad un teatro stabile od una compagnia privata o peggio ad un satellite per gli altri teatri minori e per le compagnie locali dispensando risorse, come avvenuto, per infauste circuitazioni di spettacoli da rappresentare in teatri minori.
L’intenzione mia e dei Direttori Artistici, compatibilmente con le risorse disponibili, è quella di continuare a rappresentare in teatro il meglio delle produzioni teatrali nazionali e di produrre spettacoli di musica e prosa in linea con i grandi successi degli anni storici di un teatro che ha visto calcare il suo palcoscenico ai più grandi protagonisti del panorama artistico internazionale.
Ci vorrà del tempo ma queste sono le linee programmatiche del Sovrintendente e le critiche come è giusto che sia dovranno riguardare i risultati. Rispetto è quello che è necessario avere per chi è chiamato a individuare un percorso di crescita ed il cui lavoro sarà sottoposto al giudizio dell’unico censore credibile: il pubblico.
Il Teatro ripartirà con produzioni sinfoniche da rappresentare in streaming ed il nostro Direttore della Prosa Simona Celi proverà la prima produzione di prosa ed a breve ne annuncerà un’altra in collaborazione con Teatri di rilevanza Nazionale. Non è comunque vero che il Teatro non valorizza i professionisti messinesi infatti il regista, lo scenografo, l’autore delle musiche saranno tutti “messinesi” sperando che la scelta incontri il favore della critica.
Tutti gli attori “messinesi e non” avranno la possibilità di partecipare ai provini e quelli che il regista riterrà più affini ai ruoli saranno utilizzati.
Analoga possibilità verrà concessa ai tre giovani selezionati con il talent Play The Game che insieme agli altri resteranno per sempre nel mio cuore per le emozioni che sono stati capaci di regalare con il coraggio di confrontarsi sui social divertendosi e forse diventando anche più uomini.
Speriamo di continuare ad avere il sostegno del nostro pubblico senza il quale il Teatro non esiste.
Il sovrintendente del Teatro Vittorio Emanuele Gianfranco Scoglio