Nel 2005 vi si svolsero i mondiali di automodellismo per la categoria on road. Nel settembre 2014 era previsto un altro appuntamento mondiale, stavolta per la categoria off road. Dopo Pattaya (Thailandia) e Buenos Aires, era la volta di Messina, che aveva superato in extremis Francoforte. Al mini autodromo di Sant’Agata, era prevista la presenza fissa di 180 partecipanti, più tutte le altre persone che ruotano intorno al movimento, con un indotto turistico di almeno un migliaio di persone. Peccato che quel mondiale a Messina non si fece mai e l’associazione organizzatrice, la Messina Worlds, fu costretta a spostare la sede. Per fortuna si riuscì almeno a mantenerla nel comprensorio, a Giardini Naxos, ma la pista di Sant’Agata, da allora, non è stata mai riaperta.
“E’ stata penalizzata tutta l’area nord di Messina – afferma il presidente dell’associazione, Salvatore Schepis – perché a Giardini abbiamo portato 600 persone per venti giorni più tutti gli appassionati arrivati soprattutto nelle ultime tre giornate. Abbiamo montato tre tribune, che sono state affollate da oltre 7mila spettatori, un utile perso per tutte le strutture ricettive della città. E abbiamo dovuto affrontare anche costi superiori perché si è predisposto un impianto partendo da zero”.
Il recupero della struttura di Sant’Agata non sembra essere così vicino. Anzi la VI circoscrizione, nella seduta di Consiglio dell’11 novembre, ha votato la delibera, riguardante il cambio di destinazione d’uso dell’area per essere adibita a zona parcheggi. Una scelta giustificata come “una soluzione per porre rimedio alla carenza di posteggi, legati alla costruenda pista ciclabile, evitando così disagi e criticità ai residenti e alle attività commerciali esistenti nell’area interessata”.
Schepis è un fiume in piena: “La delibera della VI circoscrizione è assurda ma è solo un atto di indirizzo che mi auguro il Comune non accolga. Il mini autodromo è un bene comunale, sul quale sono stati investiti soldi pubblici, che in questo momento sono sprecati”.
Ma da quando è chiuso e perché? “Ha funzionato fino al 2012 – risponde Schepis – poi, a causa del fatto che il Comune non pagava più i canoni concessori sulle aree demaniali marittime, non ci sono stati più concessi i permessi. In più c’è stata anche una denuncia per i rumori che producevano le macchinine, era facile dimostrare il contrario con le prove fonografiche che abbiamo fatto a nostre spese, ma il Comune non si è mai difeso. Avevamo chiesto di poter utilizzare almeno le macchine elettriche, che non producono alcun rumore, ma anche questa istanza è caduta nel vuoto, sempre a causa del contenzioso sulle aree demaniali, nonostante parliamo di cifre irrisorie 7 o forse 8mila euro. Abbiamo fatto tante richieste di affidamento negli ultimi anni, l’ultima un mese fa, e la risposta è sempre la stessa. Tra l’altro il contenzioso resta a prescindere dall’utilizzo del mini autodromo, quindi non aver concesso più i permessi non ha portato a nulla. Anzi sì, ha portato alla devastazione da parte dei soliti, che hanno rubato tombini, cavi e vandalizzato impianti elettrici e container. Fin quando l’impianto era gestito da noi, ne curavamo la manutenzione a nostre spese, adesso ho difficoltà anche ad entrarci perché mi piange il cuore a vederlo in queste condizioni. Ed è chiaro che in questo caso ci sono delle responsabilità. Perché capisco che il Comune possa non avere i soldi per la manutenzione ma se ci sono privati disposti a spendere non si capisce il motivo per cui si creano ostacoli coi risultati che sono sotto gli occhi di tutti”.
Cosa fare, a questo punto, per provare a recuperare tutto? “Torneremo a parlare al Comune – conclude Schepis -, se è il caso anche a protestare. Stiamo parlando di un impianto leader a livello mondiale, tanto che aveva ottenuto l’assegnazione di entrambe le uniche due edizioni disputate in Italia. E dovremmo trasformarlo in un parcheggio? E’ assurdo, lì sono stati spesi soldi dei contribuenti”.
La versione di Palazzo Zanca, per bocca del dirigente del Dipartimento allo Sport, Salvatore De Francesco, è leggermente diversa, pur se la volontà di recuperare la struttura coincide. “Non è vero che non ci siamo interessati, anzi siamo profondamente dispiaciuti per la chiusura e ci auguriamo che tutto si possa risolvere al più presto, ma non dipende da noi. Siamo su area demaniale e non possiamo affidarla all’associazione, soprattutto se non prima si risolve il contenzioso in corso che riguarda anche tante altre zone della città. Ho scritto sia al Dipartimento Patrimonio sia al Genio Civile, finora senza risultati”.
Il problema principale, dunque, è la risoluzione del contenzioso sulle aree demaniali ma non è il solo. “Quando la pista fu realizzata non esistevano le case così vicine costruite negli ultimi anni – termina De Francesco -. Ho ricevuto una denuncia personale a causa dei rumori oltre la soglia prodotti dalle macchinine, confermati anche dall’Arpa. Quando sarà risolto il contenzioso, sarà necessario realizzare i pannelli fonoassorbenti e rifare le verifiche. Solo in quel momento potremo fare un nuovo affidamento. Ed i danni non sono grossi come racconta Schepis, basta poco per recuperare la struttura”.
(Marco Ipsale)