Tra i due litiganti il terzo non gode, anzi è proprio quello che ne paga le conseguenze. I litiganti sono il Comune e l’Autorità Portuale, il terzo sono i cittadini messinesi. Il tema del contendere è la Zona Falcata, l’area più preziosa della città lasciata colpevolmente nel degrado da decenni. Un contenzioso ventennale tra Stato e Regione, tra i loro bracci Autorità Portuale ed Ente Porto, risolto a favore del primo solo grazie all’accordo del 23 aprile 2014, che ha sancito la rinuncia sulle aree da parte di Regione ed Ente Porto, con l’avvio dell’iter di liquidazione per quest’ultimo.
In realtà, secondo diverse sentenze ed anche per la Capitaneria di Porto Autorità Marittima dello Stretto, la Regione non aveva alcun diritto sulla Zona Falcata, da sempre di proprietà del demanio statale e, dunque, di competenza dell’Autorità Portuale sin dalla sua nascita, che risale al 1994, fatto sancito per ultimo dal verbale di consegna delle aree firmato il 31 ottobre 2014.
L’accordo del 23 aprile prevedeva che l’Ente Porto s’impegnasse “all’abbandono del giudizio di appello contro la sentenza 191/2013 del Tribunale di Messina e del giudizio iscritto al Nrg 4121/2010 pendente innanzi allo stesso tribunale”. Impegno mantenuto per entrambi i giudizi fino allo scorso mese di maggio, al quale è seguita la legge regionale numero 9 del 7 maggio, che ha previsto la soppressione e la messa in liquidazione dell’Ente, concretizzata lo scorso 19 giugno.
Chiuso definitivamente il capitolo Ente Porto, sulla vicenda non è stata ancora scritta la parola fine perché nella contesa è subentrato il Comune.
“Il contenzioso è su un’area di 7.500 metri quadri, una striscia di 30 metri che doveva essere una via industriale mai nata, più altre piccole aree – afferma l’assessore al Patrimonio e alle Risorse del Mare, Sebastiano Pino -. Secondo il Cga è area comunale mentre secondo una sentenza del Tribunale del 2010 è dell’Autorità portuale. I nostri avvocati dicono che ci sono elementi vicini alla certezza sulla titolarità del Comune e non vedo perché dovremmo regalarle. Abbiamo proposto appello, che si discuterà a ottobre, ma vorremmo definire la vicenda anche prima della causa”.
Fatta la premessa, parte l’attacco. “Non è questo contenzioso a bloccare lo sviluppo e i progetti sull’area – prosegue Pino -. I lavori di bonifica e riqualificazione delle aree industriali dismesse potrebbero essere fatti subito. Il punto è: cosa vuol fare l’Autorità Portuale? Il Piano regolatore portuale, che deve ancora ottenere alcune autorizzazioni, nasce con un vulnus perché non è mai stato discusso dal Consiglio comunale ma approvato nel 2007 dal commissario Sinatra con i poteri del Consiglio. Quant’è previsto è superato dallo stato di fatto. Ad esempio c’è un grattacielo dentro la base della Marina Militare che qualche anno fa stava smobilitando ed oggi invece è tornata con quattro pattugliatori, ci sono due impensabili porticcioli turistici nell’area dell’Arsenale e nella parte esterna vicino alla lanterna del Montorsoli, mentre oggi si rafforza il gruppo aeronavale della Guardia di Finanza. Tutto va invece rivisto in chiave di fruizione dei cittadini, con al centro lo sviluppo culturale e il recupero della Cittadella. Ma a prescindere dal piano regolatore portuale, e quindi dai piani futuri, è bene intanto concentrarsi sul presente. L’Autorità Portuale può iniziare subito le bonifiche, legarle al contenzioso è una forzatura”.
Di parere opposto l’Autorità Portuale ed il suo segretario Francesco Di Sarcina: “Anzitutto chiariamo che il Comune non si è costituito in appello per difendere i propri diritti ma per opporsi alla rinuncia dell’Ente Porto. Quindi prima il sindaco festeggia insieme a noi perché abbiamo raggiunto l’accordo con l’Ente Porto e poi si oppone a quello stesso accordo. Il Comune ha lasciato decadere la sua possibilità di costituirsi e si è ‘svegliato’ più di un anno dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado, che comunque ci ha dato pienamente ragione. Non potendo più difendere i propri diritti, ha deciso di difendere i diritti dell’Ente Porto, che invece non vuole più nulla. E’ paradossale, ci sembra un’azione di guerra nei confronti della città. Abbiamo chiesto tante volte al sindaco di fare un passo indietro, abbiamo sentito tante belle parole e promesse ma non è accaduto nulla. L’Ente Porto non vuole saperne più niente di tutta la vicenda, ha estinto uno dei due conteziosi e fatto rinuncia ufficiale per l’altro. Quest’ultimo continua solo a causa dell’opposizione del Comune, che ha determinato il rinvio della chiusura della causa quantomeno ad ottobre, sperando che non ci siano ulteriori rinvii”.
Dopo la dura risposta sul piano giudiziario, Di Sarcina risponde altrettanto duramente anche sul tema della riqualificazione: “Abbiamo una serie di iniziative pronte e alcune le avevamo anche avviate ma le abbiamo fermate a causa del contenzioso in corso con il Comune. Se non si dovesse chiudere neanche ad ottobre, non avremmo la certezza necessaria per programmare le spese. Vogliamo essere d’aiuto alla città e investire nostre risorse nell’area, invece siamo forse visti come un fastidio. Allora abbiamo deciso di aspettare che tutto si chiarisca definitivamente. Anche perché se si inizia una bonifica non si può mica interromperla nel tratto che rivendica il Comune. Supportati dal parere dei nostri avvocati, siamo ragionevolmente tranquilli e riteniamo che il Comune abbia fatto un intervento tardivo e pacchiano, non possono volere la botte piena e la moglie ubriaca. E’ un segnale di improvvisazione, non di serietà. Si vuole remare nella stessa direzione oppure si pensa che noi facciamo pianificazione e spendiamo soldi, stando attenti ad evitare di intervenire sul degrado di una parte che non sarebbe nostra?”.
E se, invece, il Tribunale dovesse riconoscere la titolarità di quella parte al Comune? “Vorrà dire che lì continueranno a crescere le erbacce come in altre parti della città e anche noi lasceremo morire tutto – conclude Di Sarcina – perché non possiamo intervenire su aree non nostre. Mi auguro che ad ottobre, o comunque prima possibile, finisca questa vicenda farsesca”.
(Marco Ipsale)