Attenti, perché il “salva comuni” non è la panacea di tutti i mali e se apre uno spiraglio oggi rischia di diventare una spirale pericolosa domani.
“L’avviso ai naviganti” è dell’avvocato Antonio Catalioto, che dopo aver letto il decreto appena varato dal Parlamento non si lascia andare a facili entusiasmi.
“Se andiamo a guardare la sostanza, soprattutto dell’art.3, capiamo che ai fini di alcuni effetti negativi non c’è differenza tra la dichiarazione di dissesto e il salva comuni – spiega il legale – le tasse e i tributi vengono alzati alla soglia massima in entrambi i casi, così come anche il decreto prevede una riorganizzazione della pianta organica che non è indolore. Il provvedimento è un riequilibrio pluriennale che impone sostanzialmente gli stessi effetti di un dissesto”.
Chi chiede di accedere al salvacomuni infatti dovrà comunque rispettare alcuni parametri che la stessa norma prevede, come appunto l’innalzamento della soglia massima dei tributi (fatto questo che in città sta avvenendo in ogni caso, dissesto, non dissesto o decreto 174), nonché una riorganizzazione della pianta organica in base alla quale tutti gli esuberi andranno in mobilità. Il rapporto da rispettare è di 1/93, un lavoratore per ogni 93 residenti. Altro punto obbligatorio è la dismissione dei beni immobili. Le risorse inoltre non sono a fondo perduto ma devono essere restituite nell’arco di 10 anni.
“La differenza tra dissesto e fondo di rotazione è in chi gestirà i passaggi – prosegue Catalioto – perché nel primo caso ci saranno tre commissari liquidatori che gestiranno il bilancio e si occuperanno del ripianamento e gli amministratori invece si occuperanno dell’ordinario. In caso di salvacomuni tutta la gestione è a carico di chi amministra. La differenza è che in questo caso possiamo giostrare le risorse e autodeterminarci. Ma mi chiedo: se gli effetti sono uguali, siamo noi in questo momento in grado di gestire l’emergenza ed autodeterminarci?”
Il legale che si è battuto, vincendo, contro le doppie poltrone, invita a non farci trascinare da facili entusiasmi sottolineando che non si tratta di un’alternativa tra “lacrime e sangue” ed un percorso privo di ostacoli, ma saranno in entrambi i casi dolori amari per tutti. A suo modo di vedere gran parte dei “guai” sono iniziati dopo la riforma Bassanini che ha cancellato i vecchi Coreco, che invece erano un’importante forma di controllo sugli atti amministrativi degli Enti locali e che non sono stati sostituiti con nulla. Lasciare le mani libere agli amministratori senza alcun filtro sui provvedimenti adottati, anche dal punto di vista della copertura finanziaria ha aperto troppe finestre e le conseguenze si pagano adesso.
Tornando alle differenze tra dissesto e salvacomuni il legale messinese aggiunge che in entrambi i casi non c’è alcun accertamento di responsabilità nei confronti degli amministratori, dal momento che in Sicilia, la parte della legge 267/2000, art.248 comma 5, che prevede appunto l’accertamento delle responsabilità, non è stata recepita. In sostanza l’unica differenza è in “chi” gestisce queste misure d’emergenza, se tre commissari o gli amministratori.
“Vorrei fare un’ultima considerazione-conclude l’avvocato Catalioto- e riguarda la rotazione dei dirigenti in atto. Croce sta attuando una rotazione tra i dirigenti che non riguarda il ragioniere generale Coglitore. A mio avviso è un errore, perché, in ogni caso analogo, il dirigente dell’area finanziaria ed economica è il principale responsabile dell’accaduto. Dovrebbe essere il primo ad essere spostato. Nel caso singolo c’è di più, ad ottobre Coglitore ha relazionato in sede di Corte dei Conti insieme all’avvocato Marcello Scurria, che rappresentava la vecchia amministrazione. A novembre lo stesso Coglitore si è presentato insieme a Croce, con relazioni diverse. Sono elementi che dovrebbero portare a riflettere”.
Rosaria Brancato