Da un lato un patrimonio di passione e secoli di storia, dall’altro il corrispondente valore in euro: cinque milioni di euro. Ago della bilancia lui, il prof. Gaetano Ori Saitta, professore di lettere in pensione, che in realtà sa già bene da quale lato far pendere il piatto. E la decisione non è quella che, soprattutto di questi tempi, prenderebbero 99 persone su 100. Ma il prof. Saitta, quasi ottantenne, è un’eccezione, una delle poche che esistono ancora, forse l’unica a Messina. Così come d’altra parte eccezionale è la sua collezione: più conosciuta nel resto d’Italia e all’estero che in città, essa raccoglie armi di ogni genere e fattura dal 1400 ai giorni nostri, per un totale di oltre 900 pezzi. Ricchezze dall’inestimabile valore umano e personale, che fanno gola a tanti, su tutti agli americani. Perché la cifra miliardaria di cui abbiamo scritto all’inizio (metà della quale sarebbe eventualmente destinata spese tecniche e burocratiche) è quanto è stato offerto di recente al professore dal comandante dell’esercito statunitense Paolo Blower, per vendere le sue secolari ricchezze e trasferirle oltreoceano.
«Nei mesi scorsi – ci spiega Saitta – è venuto qui un intermediario americano che mi ha contattato per illustrarmi la proposta in questione. Sarebbe dovuto tornare nel mese di gennaio ma ho fatto presente che per il momento la cosa non mi interessa. In questi anni mi sono state fatte tante offerte, a cui ho sempre detto di no, ma mai nessuna è stata di questa portata. Sono convinto però di quanto ho deciso perché il mio desiderio sarebbe quello vedere esposti tutti i pezzi della mia collezione in un museo permanente nella mia città: Messina». Di fronte a tali affermazione riesce difficile comprendere quale sia il confine tra ragione e follia, eppure ogni parola pronunciata dal prof. Saitta è “animata” da una geniale e al tempo stesso folle razionalità.
Che ha lasciato perplessi anche i componenti della V commissione consiliare (cultura, ndr), presieduta da Gaetano Caliò, a cui nei giorni scorsi il collezionista ha esposto la sua idea: «Messina dispone di tanti forti umbertini, sarebbe bello creare un museo in uno di questi e dividere il pagamento del ticket d’ingresso: metà al sottoscritto e metà all’amministrazione». Una proposta quella del prof. Saitta, che qualcuno dei suoi tesori lo ha esposto anche nell’atrio di palazzo Zanca, durante la Notte della Cultura, che ha “affascinato” i componenti dell’organo consiliare e lo stesso assessore Mondello, presente all’incontro. Proprio per cercare di valutare delle proposte fattibili che aiutino la città a non perdere un’occasione culturale così prestigiosa, il presidente della commissione, ha esteso l’invito per la prossima seduta anche al Sovrintendente Scuto, al direttore del Museo Regionale e all’architetto Principato . «È impensabile – ha commentato Calò che nel “regno” di Saitta ha avuto accesso – rischiare di lasciare andare una ricchezza di tale valore. E poi è giusto dare una risposta ed una gratificazione ad una persona speciale come il professore, di spessore e cultura come poche ormai se ne incontrano».
Affermazioni di cui abbiamo piena conferma durante il tour che anche noi abbiamo avuto la fortuna di fare tra i corridoi e le stanze dello scantinato che ospita la preziosissima collezione. Sembra di attraversare una foresta in cui i rami degli alberi sono sostituiti dalle canne e dalle impugnature di armi da fuoco che attraversano secoli: è strano, ma non si prova alcuna paura nel veder puntata di fronte al proprio volto una pistola o un fucile, perché ciò che vedi davanti agli occhi non è un’arma che può causare morte, ma una pagina di storia. Ci sono fucili militari e da caccia, ci sono archibugi di pietrafocaia di tribù asiatiche, ci sono quelli che utilizzavano i “rampari”, gli attuali cecchini. Ci sono persino alcune esemplari ria rime adoperate duranti i conflitti napoleonici. E poi ancora pistole con impugnatura intarsiata in avorio e oro, oppure lavorata con decorazioni in legno: vanno dal 1400 al 1800. Ci sono le armi bianche, le armature, gli scudi, le divise, i piccoli cannoni. Ciascun tesoro ha la propria etichetta dove il sig. Saitta, con pazienza pari solo a quella di “Giobbe”, ha specificato il tipo di arma, il periodo di riferimento e luogo di provenienza: ci sono “pezzi” di Africa, di Asia, di Europa, d’America. Tutto concentrato nel giro di pochi metri quadri, nella penombra di stanze che sono il mondo del prof. Saitta.
Sbaglia però chi pensa che sia finita qui, perché tanto altro ancora il geniale collezionista ha ben pensato di sistemarlo nei corridoi e nelle stanze del suo appartamento dove, se non fosse per un angolo cottura, relativamente moderno, la sensazione sarebbe equivalente a quella provata entrando in un castello medievale: le pareti sono arredate con scudi, aste di bandiere, vessilli; in uno scaffale sono accuratamente conservati vasi, di tutte le dimensioni, teiere, statue, bilance porta monete; dai cassetti dello stesso scaffale ecco venir fuori una collezione di monete della Prima e Seconda Repubblica Romana. In un angolo dello studio ecco spuntare l’armatura di un cavaliere medievale, accanto quella di un Templare, poco più avanti un forziere. Sul tavolo del salone, diventato più un museo d’esposizione che una stanza da poter quotidianamente utilizzare, sono poggiate tazze, tazzine, oggetti di ogni forma.
Sembra di essere stati catapultati in un’altra dimensione, eppure tutto appare normale, naturale. E sono proprio le parole del prof. Saitta a farci calare in questa affascinante dimensione di storica normalità: «Io sto con loro mattina pomeriggio e sera, ci condivido tutta la giornata, rappresentano tutto per me. E ogni volta che li osservo provo l’emozione della prima volta». Nell’ascoltare queste parole comprendiamo che qualsiasi altra domanda sarebbe superflua e così, accompagnati dal professore ci avviciniamo alla porta. Poco prima di uscire però, pieno di orgoglio, ci mostra la foto di suo nonno, Salvatore Saitta: «Era un appaltatore, ma da sempre ha avuto la passione per armi ed armature, è da lui che l’ho eredita. Mio padre, invece, non era per nulla interessato. La stessa cosa capitata a me: i miei figli (quattro in totale, ndr) non hanno nessun interesse, uno dei nipoti invece sì. Ma comunque toccherà a loro decidere un domani cosa fare. Io fin quando avrà forza spero di portare avanti quel progetto nella e per la mia città».Un sogno che speriamo il prof. Saitta possa realizzare, per sé stesso e per Messina, chiamata ad affrontare a testa alta questa battaglia. Le armi di sicuro non mancheranno. (ELENA DE PASQUALE)