“Appena due anni addietro una Commissione tecnica nominata proprio dal Ministero delle infrastrutture (Determina del Mims numero 2620 del 27 agosto 2020), composta da insigni docenti universitari, rettori e direttori di facoltà tecniche, con una relazione finale di 150 pagine ha decisamente bocciato la possibilità di costruire un ponte ad unica campata, stradale e ferroviario, lungo tremila e trecento metri”.
Così il Movimento No Ponte in una lettera inviata al sindaco di Messina, Federico Basile.
E andiamola a leggere, allora, questa relazione. Già in premessa è scritto che “Le realizzazioni in corso di importanti collegamenti stradali e ferroviari nel Mezzogiorno… gli sviluppi tecnologici e le realizzazioni di opere similari in tutto il mondo in questi anni rendono attuale la rivalutazione della necessità e fattibilità di un collegamento stabile sullo Stretto di Messina”.
Prima considerazione: valutare necessità e fattibilità del collegamento stabile è inevitabile.
Poi i “dati macroeconomici per documentare la situazione di svantaggio sociale ed economico di questi territori (Sicilia e Calabria, ndr) e quindi la necessità di continuare l’azione di rafforzamento infrastrutturale finalizzata a contrastare la tendenza degli ultimi anni che, anziché ridurre, sta aumentando la disuguaglianza con il resto d’Italia e d’Europa”.
“I sommari dati statistici presentati mostrano con assoluta evidenza che le due regioni direttamente interessate dalla costruzione di un attraversamento stabile dello Stretto di Messina sono in condizioni di assoluto svantaggio, non solo rispetto alla parte più sviluppata d’Italia ma anche rispetto al Mezzogiorno preso nel suo insieme. Tutti gli indicatori dinamici mostrano che questa situazione di svantaggio non si sta colmando ma, anzi, continua a crescere, accentuando gli squilibri territoriali e le disparità sociali”.
Il documento analizza, poi, i movimenti pendolari tra le due sponde, oltre ai collegamenti di lunga percorrenza, prima quelli aerei e poi quelli ferroviari, concludendo che “la mancanza di un collegamento stabile penalizza molto la qualità dei servizi di trasporto, soprattutto quelli ferroviari (passeggeri e merci)”.
Per quanto riguarda il traffico navale, “il numero di collegamenti realizzati è cresciuto nel tempo, nonostante il calo di tutti gli indicatori socio-economici delle due regioni”. Nel 2016 sono state fatte 94.518 corse, nel 2019 sono 96.715, delle quali 80.726 sulla linea Messina – Villa San Giovanni (con 9.875.455 passeggeri) e 15.989 sulla linea Messina – Reggio (780.958 passeggeri).
Nel documento del Ministero si ripete il concetto più volte. “La Sicilia è una regione con oltre 4,9 milioni di abitanti, una dimensione di poco superiore all’Irlanda: possiede quindi un’ampia e articolata esigenza di connessione con il resto d’Italia e dell’Europa Unita, che è mortificata dalla scarsa qualità delle infrastrutture di collegamento, tra le quali si deve annoverare anche la mancanza di un attraversamento stabile dello Stretto di Messina. Tale carenza di qualità appare ancor più negativa se rapportata alla difficoltà di interazione intensiva con le regioni del Mezzogiorno d’Italia, cosa che rende ancor più complicata la generazione di una economia macroregionale capace di emulare, almeno in parte, quella creatasi nel Centro-Nord”.
L’esempio: la distanza stradale Palermo – Napoli è simile a quella Torino – Roma ma più lenta del 17 % “e il differenziale è per la quasi totalità dovuto ai tempi di attraversamento dello Stretto”.
“Molto più problematiche sono le connessioni ferroviarie: infatti, mentre nella relazione Torino – Roma il servizio ferroviario consente una significativa riduzione dei tempi di viaggio rispetto all’auto, nelle relazioni con origine Palermo avviene il contrario: la ferrovia richiede un tempo maggiore. Se anziché il tempo medio di tutti i collegamenti offerti, che nel caso di Torino considera anche i treni che fanno fermata a Bologna e Firenze, si prende in considerazione il tempo dei soli collegamenti diretti il divario di prestazione appare ancora più evidente: la velocità con cui si percorre la tratta tra Torino e Roma è doppia”.
“I maggiori tempi di viaggio sono dovuti non solo alla mancanza di un attraversamento stabile ma anche alle caratteristiche delle linee ferroviarie, in particolare per i limiti di modulo (che impediscono treni lunghi fino a 700 metri) e di tracciato (curve e pendenze) oltre che di sagoma; il superamento di questi limiti necessita quindi non solo dell’attraversamento stabile ma anche di una completa sistemazione a standard europeo della rete”.
Il gruppo di lavoro dice, in pratica, che servirebbero entrambe le cose: sia il collegamento stabile sia, in questo caso, l’adeguamento delle linee ferroviarie.
“Una recente ricerca (Cascetta, E.; Cartenì, A.; Henke, I.; Pagliara, F. (2020); Economic growth, transport accessibility and regional equity impacts of high-speed railways in Italy) mostra come gli investimenti già oggi programmati sulla rete ferroviaria (Pnrr, Allegato al Def 2020 e Contratto Programma Rfi) porterebbero ad una significativa riduzione del disavanzo di accessibilità del Mezzogiorno, a cui andrebbe poi ad aggiungersi il beneficio prodotto da un collegamento stabile dello Stretto di Messina che a sua volta potrebbe ridurre i tempi di attraversamento di un convoglio ferroviario dalle circa 2,5 ore a circa 20 minuti”, compreso il tragitto da Messina Centrale a Messina Nord.
Dopo aver analizzato il contesto fisico e ambientale, senza esprimersi sulla possibilità o meno di realizzare un Ponte in relazione a questo, nel documento si studiano i collegamenti stabili delle principali isole del mondo in relazione a popolazione e distanza dalla terraferma.
Anche in questo caso si arriva alla stessa conclusione: “la Sicilia è, tra i casi studio considerati, l’isola che presenta il più elevato potenziale di collegamento tra quelle che oggi non posseggono un collegamento stabile con la terraferma e il suo rapporto popolazione/distanza è molto superiore a quello di diverse isole che posseggono già un collegamento stabile”.
Il documento analizza anche i progetti per la riqualificazione delle stazioni di Messina, Reggio e Villa e le soluzioni nel breve periodo per migliorare i collegamenti marittimi, compreso l’inserimento di batterie su 16 locomotive per dimezzare i tempi di attraversamento in treno, da 2 ore a 1 ora, e l’acquisto di 12 treni Ic di nuova generazione elettrici/batterie accoppiabili in configurazione multipla, poi torna alle considerazioni trasportistiche.
“Dalle analisi condotte dal gruppo di lavoro emerge che l’attuale assenza di un attraversamento stabile dello Stretto di Messina incide in modo differenziato sui diversi segmenti di domanda di mobilità (passeggeri e merci): “il tempo medio di attraversamento attuale dello Stretto (40-60 minuti in condizioni ottimali e in bassa stagione) è paragonabile al tempo di viaggio che un’automobile impiega per percorrere quasi 100 km (300 km se si considera anche l’equivalente in tempo del pedaggio); questo equivale a dire che il tempo generalizzato per spostarsi tra Messina e Reggio Calabria equivale a quello tra due città della terraferma distanti rispettivamente 100 e 300 km. In definitiva la tecnologia di collegamento marittimo ha prestazioni, tempi e costi nettamente inferiori a quelle terrestri stradale e ferroviaria, come la carrozza a cavallo li aveva rispetto alle ferrovie a vapore”.
Secondo il gruppo di lavoro, “la domanda di trasporto di breve distanza (locale) è oggi senza dubbio ridotta per l’assenza di un attraversamento stabile rispetto a quella che si avrebbe per la vicinanza di due città di medio-grandi dimensioni, come Messina e Reggio Calabria, in ragione della maggiore influenza (in termini di incidenza percentuale) per questa categoria di domanda di corto raggio dei tempi di attesa, delle procedure di imbarco e sbarco, nonché dei costi del pedaggio per l’attraversamento. È indubbio, che entrambe le città sono dotate di importanti funzioni pubbliche (anche sovracomunali) che genererebbero, in assenza di ostacoli, una forte attrazione reciproca. I traffici da/per il Mezzogiorno, avvenendo questi prevalentemente su strada (esempio auto e autobus per i passeggeri, autotrasporto per il trasporto merci), risultano oggi molto penalizzati a causa dei tempi e costi elevati per l’attraversamento dello Stretto, nascondendo anch’essi grandi potenzialità in termini di domanda inespressa”.
“La domanda passeggeri che oggi utilizza l’aereo sulle relazioni Sicilia-Mezzogiorno sino al Lazio sarebbe potenzialmente attratta dall’alta velocità ferroviaria nell’ipotesi di presenza di un collegamento stabile dello Stretto che permetterebbe di ridurre sensibilmente i tempi ed i costi (soprattutto nell’ipotesi di assenza di pedaggio per l’attraversamento stabile) di viaggio per attraversare lo Stretto di Messina… e di: rendere confrontabili i tempi medi di viaggio sulla rete ferroviaria da/verso il Sud con quelli oggi offerti sulle principali relazioni del centro-nord (es. Roma-Torino e Roma-Milano)… producendo anche un incremento di domanda (traffico generato) come conseguenza dello sviluppo socioeconomico dell’area dello Stretto e dell’intera Sicilia”.
La tabella 37 valuta i tempi di percorrenza ferroviari con la nuova linea Salerno – Reggio e con il Ponte sullo Stretto: Messina – Roma in circa 4 ore, Messina – Napoli in 3 ore, con 43 minuti in più se calcolati da Catania.
Infine il confronto tra le ipotesi di ponte a campata unica, ponte a più campate, tunnel e tunnel subalveo. In tutti i casi, “con riferimento agli spostamenti ferroviari (stazione-stazione), si stima si possano ridurre i tempi di viaggio complessivi di oltre il 50% a vantaggio degli spostamenti ferroviari locali e di quelli di media e lunga percorrenza”.
Vengono praticamente escluse le due ipotesi tunnel perché “dovrebbe attraversare probabilmente più faglie di cui però non è possibile prevedere quale si attiverà, i tempi di ricorrenza e l’eventuale rigetto in caso di terremoto”.
Per ognuna delle ipotesi, comunque, vengono descritti punti di forza, di debolezza e analisi necessarie. Limitandosi al progetto di campata unica e solo ai punti di debolezza, perché quelli di forza (si aggiunge la “ridotta sensibilità sismica”, cioè il ponte a campata unica resisterebbe ai terremoti, e il limitato impatto su fondali e flora e fauna marina) sono espressi praticamente in tutto il documento, viene ricordato che: 1) non esiste al mondo un ponte sospeso a campata unica di questa lunghezza (3,3 km rispetto ai 2 del ponte dei Dardanelli) “benché il progetto definitivo sia stato esaminato in dettaglio da diversi soggetti nazionali ed internazionali e ritenuto fattibile”; 2) collocazione geografica meno rispondente alle esigenze di mobilità locali rispetto agli altri segmenti di domanda (passeggeri e merci); 3) sensibilità agli effetti dell’azione del vento intenso, che può determinarne una messa fuori esercizio temporanea (che impatterebbe sia sul traffico stradale che ferroviario); 4) impatto visivo dei piloni di 399 metri in prossimità alle aree di pregio ambientale come i laghi di Ganzirri.
Analizzando i quattro punti espressi dal gruppo di lavoro emerge che: 1) non esiste un ponte a campata unica così lungo al mondo ma è fattibile; 2) non sarebbe in centro città, ad esempio tra il centro di Messina e quello di Reggio ci sarebbero 40 km di autostrada (comunque percorribili h 24 in 20 minuti, come da Messina Centro a Barcellona o Taormina) ma quest’aspetto non riguarda i collegamenti da e verso il resto d’Italia; 3) per alcuni giorni all’anno potrebbe restare chiuso a causa dei venti forti, ma anche oggi in questo caso le navi si fermano; 4) questione ambientale. Tre dei quattro punti non sono ostativi, il quarto è da analizzare.
Tra le analisi e valutazioni necessarie: 1) approfondimento dei punti di debolezza; 2) revisione, aggiornamento dei costi e analisi degli impatti; 3) adeguamento su aggiornamenti normativi e innovazioni tecnologiche; 4) analisi di dettaglio su efficacia del progetto su esigenze di mobilità attuali e potenziali, garantire anche un collegamento dinamico, sostenibilità economica, sociale e ambientale.
Viene considerata fattibile, a condizione, anche l’ipotesi del ponte a tre campate, con due pile in mare, “grazie agli avanzamenti delle tecnologie di indagine e realizzazione per fondazioni di opere civili marittime a notevoli profondità… potrebbe avere una maggiore estensione complessiva e mantenere al tempo stesso la lunghezza della campata massima simile a quelle già realizzate altrove e, quindi, usufruire di esperienze consolidate, anche dal punto di vista di tempi e costi di realizzazione… sarebbe più vicino ai centri di Messina e Reggio, con minore estensione dei raccordi, costi inferiori e distanza dalle aree naturalistiche di Ganzirri… si potrebbe utilizzare parte degli studi effettuati per la progettazione del ponte a campata unica per la similitudine tecnologica delle due soluzioni”.
Considerazioni positive tanto da ritenerla una “soluzione potenzialmente più conveniente rispetto alla campata unica” ma “andrebbero approfonditi i temi relativi alla risposta delle pile in acqua rispetto ad eventi sismici e alle forti e variabili correnti marine”, oltre a “interazione con la navigazione sia in fase realizzativa che in esercizio” e “criticità ambientale per l’interazione delle pile con l’ambiente marino (biodiversità fondali cetacei)”.
Per quanto riguarda il finanziamento “il gruppo di lavoro ritiene più efficiente finanziare il sistema di attraversamento interamente e trasparentemente a carico della finanza pubblica, anche in relazione ai benefici diffusi che l’opera ha sull’intero Paese”.
La conclusione? “Il gruppo di lavoro ritiene che sussistano profonde motivazioni per realizzare un sistema di attraversamento stabile dello Stretto di Messina, anche in presenza del previsto potenziamento/riqualificazione dei collegamenti marittimi (collegamento dinamico), pur necessario in relazione ai tempi per la realizzazione di un collegamento stabile”, pure se la “valutazione dovrà essere effettuata anche sulla base di elementi di natura economico-sociale, trasportistica, territoriale e ambientale, e tramite il confronto delle diverse soluzioni alternative con una soluzione di riferimento che dovrà tener conto di tutti i miglioramenti dell’attraversamento dinamico dello Stretto di Messina in via di definizione”. Il documento è del 2021, siamo nel 2023 e di miglioramenti se ne sono visti pochi o per nulla.
Secondo il gruppo di lavoro, è necessaria l’analisi: della risposta dell’impalcato al vento turbolento, mediante studi aerodinamici e aeroelastici; dell’incertezza e del rischio relativi ai tempi e ai costi di costruzione e gestione; della plausibilità tecnica e dell’agibilità continua del collegamento, della flessibilità della localizzazione dell’opera di collegamento, dell’estensione totale delle opere all’aperto e in galleria; degli impatti ambientali e di sicurezza, sia in fase di costruzione che di esercizio dell’opera, degli impatti trasportistici (risparmi di tempi e costi) per viaggiatori e merci e modalità di trasporto, degli impatti sociali (es. welfare; equità) e degli altri impatti rilevanti (es. geotecnici, idraulici a terra e mare); degli impatti sullo sviluppo economico delle regioni interessate e del Paese; dei tempi di progettazione, realizzazione, apertura all’esercizio, vita utile; dei costi di realizzazione e dei costi di gestione dell’opera e delle possibili modalità di copertura; delle ipotesi sulla gestione complessiva del sistema di attraversamento, della struttura tariffaria e della previsione dei ricavi da traffico; dei costi-benefici e dell’analisi multicriteriale per il confronto delle soluzioni alternative secondo le Linee Guida previste per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche (DM 13 giugno 2017, n. 300).
In poche parole, dubbi plausibili su tanti aspetti tranne uno: idealmente il Ponte sarebbe necessario, altro che inutile.
Ps: Siamo ovviamente pronti a pubblicare una eventuale replica da parte del Movimento “No Ponte”, al quale abbiamo dato ampio spazio ieri con i tre articoli correlati.