di Marco Ipsale
“Il mare negato”. L’espressione è stata usata per la prima volta da Cambiamo Messina dal basso e da diverse altre sigle di sinistra ma poi è diventata di uso comune. Si riferisce al fatto che il territorio comunale si estende su ben 56 chilometri di costa ma solo una piccola parte di questi è fruibile dai cittadini.
“Il mare negato” non è il chilometro tra Boccetta e la Stazione Marittima perché quella è un’area portuale e ovunque le aree portuali sono soggette a norme e prescrizioni. Ma riguarda gli altri 55 chilometri, o meglio gran parte di questi, dove la vista del mare è nascosta e l’accesso è ostruito. Tante zone sono state “privatizzate”, basti pensare alla riviera tirrenica da Mortelle a Orto Liuzzo, ma non solo.
E’ necessario partire da un assunto: costruire davanti al mare è inopportuno. Lo si può fare a una certa distanza, preferibilmente al di là di un lungomare e di una strada, ma non davanti. Per cui tutto ciò che è pubblico e non è di pregio va possibilmente eliminato. E’ la richiesta fuoriuscita dal confronto verso il concorso di progettazione per il nuovo frontemare Boccetta – Annunziata.
Una richiesta che ha avuto le prime risposte. Quella dell’ex Teatro in Fiera è più che altro casuale, perché dovuta all’esclusione di due ditte e alla rinuncia della terza. Ma è un caso fortunato, perché anni fa era stata presa una decisione sbagliata. C’era, anzitutto, chi gridava allo scandalo per la demolizione di un edificio di nessun pregio, né storico né architettonico, ma il vero errore era quello di ricostruire davanti al mare.
Proprio di fronte all’ex Irrera a mare, altro edificio che per alcuni è uno scandalo demolire. E’ vero, lì nel 1955 è nata la Rassegna cinematografica di Messina e Taormina, che oggi è diventata il Taormina Film Fest, ma l’edificio non ha nulla di pregiato e ostruisce la vista del mare. Un Museo, se è questo che s’intende realizzare, si può fare anche in uno dei padiglioni di fronte, non è necessario proprio lì.
Una situazione, tra l’altro, non proprio lineare. La Soprintendenza ha comunicato l’avvio della procedura di tutela perché l’edificio appartiene ad ente pubblico, ha più di 70 anni e viene considerato vincolato “ope legis”. Ma cosa succederebbe se l’edificio non fosse recuperabile? L’ex Teatro in Fiera, ad esempio, non lo era perché in condizioni talmente precarie da non poter essere ristrutturato in modo tale da rispondere alle attuali norme antisismiche. Ecco perché era stato demolito. Ed è facile immaginare che per l’ex Irrera a mare possa essere lo stesso. Una matassa da sbrogliare al più presto per evitare che continui a regnare l’abbandono.
Dal centro città ci spostiamo a Torre Faro lì dove, dopo anni di fermo, quasi in contemporanea sono state demolite due strutture: una piccola (l’ex biglietteria degli aliscafi) e una molto più grande (l’ex Seaflight). Due obbrobri davanti al mare.
La biglietteria doveva essere utile per la Metromare, servizio mai avviato. E’ diventata un rudere ed è rimasta per anni a deturpare il panorama. Una struttura sbagliata anche se fosse stata in funzione (torniamo al punto di partenza, si poteva fare di fronte), figurarsi visto che non è mai stata attiva.
L’ex Seaflight, invece, è una vittoria della giunta De Luca, che ha combattuto per anni contro la burocrazia. Era stata fatta una gara, persino già assegnata, per dare l’area in concessione a un privato ma alla fine ha prevalso l’interesse pubblico. Si farà un’arena all’aperto, un esempio può essere l’”Arena dello Stretto” a Reggio Calabria, niente mercati o altre idee fantasiose che aggiungerebbero cemento lì dov’è stato appena eliminato. Ed è un bene che quell’ammasso di cemento e ferraglia sia venuto giù. Perché ok, sì, l’archeologia industriale. Ma non davanti al mare. Davanti al mare servono spiaggia, lungomare e spazi pedonali. Niente cemento o altre strutture. Vogliamo capirlo una buona volta?