Taormina film festival, i premi oscar Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo

Una delle prerogative più affascinanti e, forse, democratiche del cinema è proprio il senso di collettività, l'impronta tipicamente socialista che caratterizza il making of di un film. Ognuno, dallo sceneggiatore al regista, passando per i truccatori fino alle figure più apparentemente marginali (elettricisti, attrezzisti e maestranze varie) ha un ruolo determinante nella produzione dell' opera. Il film, non è altro che il risultato di questa grande intelligenza collettiva.

Nello spirito di questa considerazione ha inizio la seconda giornata del Taormina film festival, con un Tao Class di altissimo livello che vede ospiti gli scenografi Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo. L'aria che si respira è quella della maestosità delle grandi produzioni hollywodiane nelle quali la coppia ha contribuito magistralmente, allestendo strabilianti scenografie ("The Aviator", "Hugo Cabret" "Shutter Island" tra le numrosissime) che gli sono valse infiniti premi, tra cui ben tre Oscar.

Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo si presentano come una coppia sobria, elegantemente discreta, perfetti in questo sodalizio artistico rifinito dal legame amoroso. Il dibattito si sviluppa partendo dalle divergenze stilistiche di impostazione del lavoro tra cinema italiano e cinema statunitense e il riferimento è immediato a quella figura tanto importante, quanto presente nella carriera di Ferretti: Martin Scorsese. I due, dopo essersi conosciuti sul set di un film di Fellini, dopo una serie di rifiuti da parte dello scenografo maceratese, iniziano una collaborazione professionale che li porterà ad una serie interminabile di successi, basti pensare all' imponenza de "L'età dell' innocenza", fino alla spettacolarità delle atmosfere di Hugo Cabret. Proprio al riguardo del rapporto con il regista americano, Ferretti si lascia andare ad una divertente narrazione ricca di aneddoti simpatici, come quella volta in cui, per l' allestimento di "Gangs of New York", Scorsese avrebbe preferito girare in Canada o nell'Europa dell'est, mentre lo scenografo, convinto della funzionalità dei set di Cinecittà avrebbe proposto l'Italia, e , per ben disporre e fare entrare meglio nello spirito del belpaese il regista, ha fatto ricorso al più abusato ed efficace degli escamotage, il cibo, portando il regista a mangiare in una trattoria del luogo e raggiungendo con rapidità il proprio intento. La cosa più sorprendente, ad ascoltare questi due professionisti, è la semplicità con cui raccontano quel mondo così incantevole e sfarzoso di cui fanno parte e nel quale hanno imposto la propria dirompente italianità mista alla megalomania – nell'accezione più bella che si possa intendere -americana.E, proprio in nome di questo massimalismo estetico, Francesca Lo Schiavo esprime, in chiusura dell'incontro, la volontà di realizzare il biopic su Frank Sinatra tante volte annunciato dal regista di "Taxi Driver" e finora mai realizzato.

Giuseppina Borghese