La più tragica degli ultimi 15 anni è datata 5 maggio 1998. Per l’alluvione di Sarno, vicino Salerno, si contarono 159 morti. Nel 2000 fu la volta dei 14 morti di Soverato e dei 34 in Piemonte. Ancora altri tristi eventi fino al maledetto 1 ottobre 2009, Giampilieri e Scaletta, 37 morti. Il 25 ottobre 2011, tra la Toscana e la Liguria, persero la vita in 12. Il 4 novembre dello stesso anno 6 morti a Genova, il 22 novembre 3 morti a Saponara. Nel 2012, il 12 novembre, è la volta di Grosseto, 6 morti. Fino a quattro giorni fa, 18 novembre 2013, 16 morti in Sardegna.
E via con le solite parole di circostanza, coi miliardi da spendere che non ci sono per la messa in sicurezza del territorio, la commozione e la partecipazione al lutto. Poi, però, tutto ritorna come prima. Perché la tragedia delle alluvioni non è solo l’immediato, ma è anche il futuro, la ricostruzione ed il ritorno ad una vita “normale”.
Giampilieri e Scaletta, in questo senso, pur con tutti gli ostacoli del caso, sono isole felici. Sono stati quattro anni di sofferenza, ma di interventi sul territorio ne sono stati fatti tanti, anche se tanti ancora dovranno farsi prima che l’area possa dirsi completamente sicura.
Per Saponara e per gli altri Comuni vicini colpiti dall’alluvione, non si può dire lo stesso. A distanza di due anni esatti, non è stato fatto quasi nulla. La frazione di Scarcelli, in particolare, è ancora in pericolo. C’è un progetto del Genio Civile, ma non ci sono i soldi. Poco più di 8 milioni di euro, una cifra non esorbitante, più volte promessa e mai arrivata. Così come gli altri finanziamenti: a Saponara non è mai giunto un euro per la messa in sicurezza del territorio. In 200 sono ancora lontani dalle proprie abitazioni e solo pochi soldi sono arrivati come contributo alla sistemazione abitativa degli sfollati, per gli alberghi e per le imprese che hanno operato nell’immediato post alluvione. Poi più niente.
(Marco Ipsale)