Si è concluso con la più mite delle sentenze il processo per la sciagura ferroviaria di Rometta che il 20 luglio 2002 provocò la morte di otto persone. I giudici della prima sezione penale del Tribunale hanno condannato i quattro imputati ma hanno dichiarato interamente condonata la pena. Inoltre hanno dichiarato prescritti i rati di omicidio colposo e lesioni colpose per tutti gli imputati. Il lungo procedimento giudiziario si è concluso con la condanna a tre anni di reclusione per Salvatore Scaffidi, responsabile del tronco lavori Fs di Milazzo, per Carmelo D’Arrigo, tecnico dello stesso settore, per l’imprenditore Oscar Esposito, titolare dell’omonima impresa di Caserta che effettuò i lavori di manutenzione sulla tratta qualche mese prima del disastro e per Roberto Giannetto, ispettore capo Fs dell’Ufficio territoriale di Catania. I PM Ugo Carchietti e Diego Capece Minutolo avevano chiesto la condanna a 10 anni per Scaffidi, a 9 anni per D’Arrigo e a 4 anni per Esposito e Giannetto. Ma, come detto, le condanne sono state interamente condonate e non produrranno alcun effetto. Il verdetto riaccenderà senz’altro le polemiche infinite che hanno caratterizzato la fase delle indagini preliminari. Alle precedenti obiezioni si aggiungerà ora la rabbia dei familiari delle vittime che già in passato avevano lamentati tempi troppo lunghi per la celebrazione del processo. Il rischio era proprio di giungere alla prescrizione dei reati o al condono delle pene. Ma per molto tempo il procedimento è rimasto bloccato in lunghissime pastoie e rallentato da schermaglie giudiziarie. Fin dall’inizio la vicenda era apparsa complessa. La tesi dell’accusa, infatti, e l’individuazione delle responsabilità si fondano su una superperizia, eseguita da un pool di esperti, sempre fortemente contestata dal collegio di difesa. Secondo i periti a provocare il disastro fu un “giunto provvisorio” che univa due rotaie e che sarebbe stato fissato male dagli addetti, provocando il deragliamento del treno Espresso “Freccia della Laguna”. Il convoglio, proveniente da Palermo e diretto a Venezia, ormai in prossimità della stazione di Rometta, fu catapultato fuori dalle rotaie. Alcuni vagoni schizzarono contro l’edificio che ospitava l’abitazione del custode del vicino passaggio a livello. Altri si accartocciarono come fossero di carta velina. Fra le lamiere furono ritrovati i corpi senza vita di otto passeggeri fra cui un macchinista. Decine di persone rimasero ferite, molte delle quali estratte da coraggiosi soccorritori che per ore ed ore si alternarono nella ricerca di superstiti. C’erano tutti, dai VVF, alle forze dell’ordine, volontari, semplici cittadini che diedero una mano per aiutare e rifocillare i feriti fra cui diversi bambini. La Procura, evidenziò subito le responsabilità degli attuali imputati ed altrettanto fecero in seguito le due perizie, disposte da TrenItalia ed RFI. Secondo gli esperti chi doveva vigilare sulla corretta collocazione di quel giunto non lo fece ma ci sarebbe anche la responsabilità di chi avrebbe dovuto garantire la giusta velocità del treno su una tratta che non era sicuramente fra le più sicure. Nell’incidente persero la vita Saverio Nania, 43 anni, di San Filippo del Mela, uno dei due macchinisti del treno, l’impiegato comunale Stefano La Malfa, 51 anni, di Milazzo; Placido Caruso, 76 anni, di Milazzo ma residente a Messina; Giuseppina Mammana, 22 anni, residente a Ludsburg (Germania); Miloudi Abdelhakim, 75 anni, di El Maaiz (Marocco); Alì Abdelhakim, 33 anni, di El Gara (Marocco) e residente in Arabia Saudita, moglie di un pilota delle linee aeree saudite e madre di due bambini che rimasero leggermente feriti.