Non basta un pareggio dal sapore di vittoria per tornare in pista. Non basta un punto e tanti complimenti per cambiare la classifica. La matematica non è un’opinione. Il CdM si è illuso, dopo la stracittadina, che le cose in questo campionato potessero cambiare. E’ ricaduto negli stessi errori pagati a caro prezzo già nel girone d’andata. La risposta sono state le cinque “pappine” incassate al “San Vito”. E la certezza: così, non ci siamo.
Il messaggio deve essere chiaro. E’ evidente che alla base della cattiva figura di domenica ci sia stato un approccio sbagliato al match e forse a tutta la settimana che lo ha preceduto. Le responsabilità vanno ripartire, anche perché si vince, pareggia, perde tutti insieme. Il tecnico Pasquale Rando era stato issato a grande eroe dopo il pari con l’Acr. Evidentemente anche lui non è riuscito a trasmettere lo stesso spirito che ha animato i suoi prima della stracittadina. L’obiettivo adesso è cancellare subito la disfatta e ripartire, iniziando proprio dall’analisi dei motivi che hanno generato la brutta prova in terra calabrese.
Sembra un po’ di rivivere ciò che accadde prima della finestra invernale del mercato, quando la proprietà chiedeva vittorie per riavvicinarsi alla testa della graduatoria ma i risultati arrivavano a singhiozzo. Per puntare più in alto fu ritenuto (da tutte le componenti) necessario cambiare. Negli uomini e negli obiettivi. I puntelli sono arrivati ma il gap (di punti e di organico) è rimasto consistente per puntare alla vittoria diretta del campionato per una rosa allestita in estate per salvarsi e poi togliersi qualche soddisfazione. Non c’è nulla di male, anzi da matricola il CdM sta disputando un grande campionato. Lanciando anche diversi giovani, l’ultimo Samuel Portovenero (classe 1996). Al di là delle scelte fatte a dicembre (forse sarebbe stato il caso di risparmiare qualcosa e rinviare la caccia alla promozione al prossimo anno) non può quindi una partita, pareggiata e sul piano del gioco vinta, cambiare le cose.
Giusto togliersi sassi più o meno grandi dalle scarpe dopo la partita del “Celeste” contro il Messina. Per avere dato un’immagine competitiva in campo e nelle scelte di gioco. D’altro canto il CdM è una delle squadre più forti del girone. Non lo diciamo noi, anche in questo caso lo dice la classifica, la matematica. Magari un po’ meno opportuno individuare nemici e complotti qui e lì. Quelle forze nervose potevano essere impiegate per cercare conferme nella successiva partita con il Cosenza, altra big, invece di rilanciare ambizioni di vertice e riparlare di vittoria del campionato. Un piatto di scarsa umiltà risultato già indigesto. Il Città presentatosi al cospetto dei lupi ha invece rappresentato la fotografia massima dell’involuzione tecnica, della concentrazione, dell’agonismo rispetto alla gara con l’Acr. Una squadra scarica, poco reattiva, vulnerabile. Tutto il contrario del Rando-pensiero. Viene in mente la doppia faccia della Juventus, in Scozia contro il Celtic e all’Olimpico contro la Roma. Specchio di quanto possano pesare le scorie mentali.
I più “maligni”, ai quali è stato prestato il fianco, hanno avuto la possibilità di dire: ecco, con il Messina la partita della vita e con il Cosenza le belle statuine. Quasi fosse stato fatto apposta. Qui ci esponiamo, avendo intuito lo spirito dei dirigenti del CdM, convinti davvero di potere vincere ovunque, perfino il campionato, non può essere così. Non è così. Neanche le assenze possono essere un alibi. Il Città di Messina è arrivato al “San Vito” convinto di potersi mangiare la partita contro un avversario carico fino al midollo di problemi societari e ha pagato questo spirito subendo una sconfitta sonora. Da dimenticare per come è maturata ma da ricordare per non ripetere più gli stessi errori da esaltazione.
Adesso si deve tornare in riga e pensare al Ragusa, la bestia nera degli ultimi due anni. Forse servirà per tenere a mente da dove si è arrivati e cosa serve per vincere le partite in D, tra i dilettanti. Anche solo pareggiarle.