La Provincia Regionale di Messina ha espresso parere favorevole affinché Ferrovie Siciliane, Associazione culturale per la tutela e la conservazione del patrimonio storico e tecnico del trasporto pubblico siciliano, sia beneficiaria della donazione di una parte dei beni mobili appartenuti alla nave traghetto “Cariddi”, affondata sette anni fa, il 14 marzo 2006, nelle acque della rada San Francesco. Si tratta, in particolare, di una scialuppa (dimensioni 9,15 x 3 m; capacità 95 persone; anno di costruzione 1960; costruttore Bianchi&Cecchi di Cogoleto, Genova) e di quattro atolli di salvataggio.
Come si ricorderà, alcuni reperti recuperati dal relitto della “Cariddi” vennero conservati a Messina in un piccolo cantiere navale nei pressi della foce del torrente Annunziata. Nel settembre 2012, venendo meno il vincolo della Soprintendenza regionale per mancanza di interesse culturale, tali beni furono oggetto di un avviso pubblico da parte della Provincia regionale, quale Ente proprietario, che manifestava la disponibilità a donarli per finalità benefiche e non lucrative (vedi articoli correlati).
Va letta in tal senso l’istanza presentata dall’Associazione Ferrovie Siciliane agli uffici di Palazzo dei Leoni, la quale va ad aggiungersi all’interesse già manifestato in proposito dall’Istituto tecnico nautico “Caio Duilio” di Messina.
“Il nostro obiettivo – afferma il presidente del sodalizio, Giovanni Russo – è quello di contribuire alla tutela della memoria storica del trasporto pubblico siciliano. L’acquisizione di tali cimeli, inoltre, è un doveroso omaggio ad un glorioso traghetto che ha fatto la storia dei collegamenti tra Sicilia e Calabria. Per questi motivi, a nostra volta, saremo ben lieti di donare non solo i beni della Cariddi, ma anche altri cimeli in nostro possesso, al futuro Museo del Mare che speriamo presto possa essere istituito nella nostra città”.
Il traghetto “Cariddi”, varato nel 1932 dai Cantieri Riuniti dell’Adriatico (Trieste) per conto delle Ferrovie dello Stato, fu una nave innovativa per l’epoca perché dotata di un sofisticato sistema di propulsione di tipo Elettro-Diesel. Autoaffondata durante in secondo conflitto mondiale per non cadere preda delle truppe Alleate, venne recuperata nel 1949 e ristrutturata presso i Cantieri navali di Riva Trigoso (Genova). Rientrata in servizio nel 1953, venne definitivamente posta in disarmo dalle Ferrovie dello Stato nel 1991.
Nel 1992 fu acquistata dalla Provincia di Messina per trasformarla in un museo galleggiante. Un anno dopo la Soprintendenza per i Beni Culturali della Regione Siciliana la dichiarò “Bene di interesse storico ed etnico-antropologico particolarmente rilevante”. Sfumati tutti i progetti di riconversione, la nave rimase ormeggiata nel porto di Messina fino al 2006, quando affondò mestamente nei pressi della rada San Francesco.