Questo dovrebbe essere un periodo felice: la scuola sta finendo, l’estate sta arrivando, si comincia a pensare alle ferie… Ma per molti di noi non è così. È anche il periodo delle cerimonie: comunioni, cresime e matrimoni. Questi eventi hanno un effetto deflagrante nelle famiglie messinesi e pertanto, vengono accolti con lo stesso atteggiamento di una cartella dell’Agenzia delle Entrate. Se qualcuno pensa ancora che un invito scateni reazioni di giubilo, partecipazione e orgoglio, probabilmente non sta bene. La cerimonia, qualsiasi essa sia, significa in primis esborso di denaro, poi una giornata di costrizione, caldo, privazione della libertà personale.
La prima reazione alla notizia è di sgomento e confusione. Questo stato d’animo genera tutta una serie di domande che a mente lucida non si farebbero, per l’ovvietà delle risposte. Di che viene? Ora, da che mondo è mondo, a parte qualche sposalizio controcorrente, questi eventi hanno luogo nel week end. Ma la persona colpita alle spalle dall’annuncio, in uno stato di allarme e timore, si aggrappa alla speranza che la cerimonia avvenga un cacchio di giorno feriale – che so, un rito new age su una spiaggia – garantendogli la via di fuga del lavoro. Ma così non è. Ciam’ affari u regalu? Altra domanda dettata dall’istinto di sopravvivenza, un po’ come nei telefilm, quando il malcapitato ha una pistola puntata in faccia e implora il suo aguzzino di risparmiarlo, in un impeto di bontà. Ma la risposta, ahimè, non sarà nooooo, tranquillo, andando in chiesa prendiamo una pianta e due cannoli.
E comu m’avvestiri? Un quesito che è un grido d’aiuto. Si pensa erroneamente che questo sia un problema squisitamente femminile. E invece no, per le cerimonie i ruoli si ribaltano. Perché c’è una legge non scritta secondo cui ad ogni invito importante, alle donne spetta il sacrosanto diritto di comprare un abito nuovo, mentre l’uomo, che possiede un unico vestito elegante (i più fortunati due, uno invernale e uno estivo), non ha altra scelta che farselo andare bene, pure se l’ultima volta che l’ha indossato c’era Non è la Rai in tv. Quindi il poveretto, non potendo modificare il bel completo di sartoria in fresco lana, dovrà modificare sé stesso. Anche se dovesse significare perdere 10 kili in due settimane. La consorte gli propinerà insalata e fettine di pollo ogni santo giorno e lui si piegherà, perché lo spettro di un ulteriore esborso di denaro, di prove in sartoria davanti a uno specchio con sgarbate signore che armate di metro gli misurano il cavallo e lo riempiono di spilli tipo rito voodoo, sarà più forte della fame. Si dice che anche il nostro Sindaco stia affrontando questi problemi e dietro al suo sciopero della fame ci sia un invito e non il timore del dissesto. Probabilmente ha interrotto il digiuno perché spera che con i famosi 350 milioni ci possa uscire almeno un pantalone di Zara.
Passato lo shock iniziale, bisogna calcolare lo stanziamento economico e tutta la famiglia viene coinvolta. I lavori sono simili a quelli per una normale legge finanziaria, spesso vengono create addirittura delle sottocommissioni col compito di redigere una bozza da portare in discussione al nucleo completo. La quota regalo non è mai scelta a caso: la base è la cifra ricevuta per l’ultima cerimonia (anche fosse la comunione del figlio minore che ha già trent’anni); questa viene aggiornata ai tassi d’inflazione, moltiplicata per una variabile che dipende dal luogo in cui avverrà il rinfresco (aumenta esponenzialmente al numero delle fontane presenti nel locale) e adattata infine alla quantità di bocche da sfamare presenti in famiglia. Le famiglie più numerose sono ovviamente penalizzate, a meno che non si riesca a liberarsi di qualche figlio, facendolo arruolare in marina o cacciandolo di casa, almeno momentaneamente.
La donna cercherà di risparmiare almeno sugli accessori, organizzando delle riunioni con le parenti prossime, in cui le partecipanti metteranno a disposizione borse, collane e sandali gioiello affinché, in un giro di scambi e baratti, ciascuna trovi ciò che le necessita. Al parrucchiere no, non si rinuncia. Presentarsi ad una cerimonia con i capelli lavati a casa è disdicevole quando presentarsi nude con le stelline sui capezzoli. Non è cerimonia se non ci sono boccoli, ciuffi scolpiti e una quantità di lacca pari almeno alla metà della produzione annua.
Non resta che armarsi di pazienza, cerotti per vesciche e ventagli (per evitare di farsi aria con i foglietti delle letture della messa). Presto sarà tutto finito e si potrà rimettere il vestito nella naftalina e tornare alla nostra vita e ad un’alimentazione normale. Più poveri, ma sollevati.