Il teatro antico di Taormina sporco e abbandonato. Siamo davvero irredimibili?

E’ sporco, abbandonato, le toilette sono impraticabili, mancano i soldi persino per la carta igienica, le pulizie si fanno per un’ora al giorno, i turisti lanciano il biglietto da 8 euro in faccia ai dipendenti, e la Regione se ne infischia, anzi, risponde: fate una colletta e comprate quello che vi serve. Per tre mesi l’anno è passerella per prestigiosi nomi italiani e stranieri, per il resto dell’anno è abbandonato a sé stesso. Gran parte dell'incasso va alla Regione, un terzo al comune, ma al teatro di Taormina ritornano le briciole. E’ in sostanza quanto dichiarato da un dipendente che da venti anni lavora al Teatro Antico di Taormina e che ieri era a Palermo per manifestare contro i tagli del governo Crocetta. Parole difficili da digerire, considerato che stiamo parlando del secondo teatro più grande della Sicilia, risalente all’età greca e ricostruito in età romana, finestra naturale in un panorama mozzafiato.

E’ l’altro lato della medaglia, quello che non vorremmo sentire e che non ci piace sentire. E’ quella parte amara che in Sicilia fa sempre da contrappeso alla parte dolce, quasi a volerci ricordare che nell’isola le cose non funzioneranno mai bene, che alla cultura si contrapporrà sempre l’incultura. L’arte, la poesia, la storia, perdono di fronte all’indecorosa indolenza di chi calpesta il patrimonio dell’isola, crocevia di popoli, razze, lingue e culture diverse. La Sicilia si spacca a metà: quelli che restano e quelli che se ne vanno, quelli che costruiscono e quelli che distruggono. La Sicilia è bella, calorosa e ospitale, con le sue sere calde e i sorrisi della gente, combatte guerre di ignoranza e di superbia contro gli stereotipi, ma la Sicilia è anche pungente e dolorosa e trasforma speranze in illusioni e ti costringe a scappare e ti costringe a tacere.

E’ ancora l’isola irredimibile di Sciascia, mi chiedo? La Sicilia che non fa autocritica, che promette rivoluzioni e poi si pente, che promette crescita e poi si pente? Combattiamo con le unghie e con i denti per vedere il nostro sogno di rinascita diventare realtà, per risollevarci dalla posizione di inferiorità economica e culturale che occupiamo, per difendere un pensiero che vorremmo diventasse verità e che un giorno vorremmo smettere di difendere.

Il pessimismo-realismo dello scrittore di Racalmuto nascondeva in sé il seme della speranza, che a distanza di oltre venti anni vale ancora: “C’è chi crede che questa terra possa crescere e diventare moderna, civile ed economicamente evoluta senza perdere però le sue suggestioni, il suo fascino, la sua cultura. C’è chi lavora perché ciò accada. Dedicato a loro, ai siciliani che crescono”.

Giusy Briguglio