La regìa di Lumia, il governo parallelo di Montante, Crocetta come cassa di risonanza del “mascariamento antimafia” e garante dei patti, della commistione tra decisioni politiche e gestione amministrativa. Un far west di interessi personali ben sintetizzati nella intercettazione scelta per dare il titolo alla presentazione: “Con l’assessorato alle attività produttive facciamo la terza guerra mondiale”.
E’ un quadro a tinte fosche, dipinto con la tipica pennellata di Claudio Fava, che dà ritmo teatrale e spessore drammatico ai personaggi, quello che emerge dalla relazione finale della Commissione regionale antimafia sul caso Montante. Mentre il processo all’ex numero uno di Confindustria è in pieno svolgimento, la relazione è stata presentata a Messina qualche giorno fa da Fava e da Antonino De Luca del M5S, unico deputato messinese componente della Commissione. A moderare l’incontro il giornalista Nuccio Anselmo.
“Finora le relazioni delle Commissioni Antimafia sono state in buona parte riproposizione dei risultati delle indagini della Procura. Questa relazione va ben al di là del lavoro della magistratura, ripercorrendo fatti che non sono strettamente reati ma che hanno a che fare con un costume di fare politica e amministrazione che non è sano”, spiega Anselmo.
In effetti il documento, depositato poco meno di un mese fa alla Regione e reperibile on line, è uno strumento di conoscenza eccezionale per capire cosa è stata la Regione siciliana durante il “sultanato Crocetta”.
Non è un caso che la relazione venga presentata in un incontro pubblico a Messina. Qui Crocetta ha costruito il suo successo elettorale, Montante ha trovato gli appoggi fondamentali per assicurarsi la scalata a Confindustria. Qui Graziella Lombardo e Enzo Basso erano tra i tanti giornalisti spiati dall’imprenditore. E’ stato proprio il settimanale Centonove infatti a lanciare la notizia, ripresa e diffusa poi da Attilio Bolzoni, dell’indagine su Montante.
“Abbiamo capito che i fatti ricostruiti dalla Commissione andavano conosciuti, raccontati, narrati al maggior numero di persone possibili”, ha detto Fava spiegando il senso dell’incontro a Santa Maria Alemanna.
Il centro della relazione, sottolineata più volta da Fava, sono quei tratti del Governo Crocetta più caratteristici: la delega assoluta da parte della politica agli altri centri decisionali in merito alle scelte da operare in Regione, a cominciare dal cerchio magico appunto.
Attraverso le audizioni in Commissione e la voce dei protagonisti di quegli anni, attraverso gli spunti dai verbali resi alla magistratura, scopriamo che per essere promossi i dirigenti regionali venivano “provinati” a casa Montante. Se accettavano il ruolo dovevano persino firmare un contratto in triplice copia, senza alcun valore legale ovviamente, che li impegnava ad acconsentire alle richieste dei loro danti causa. Uno di questi contratti è allegato alla relazione, e contiene ovviamente anche le richieste che riguardano Messina.
Così, scopriamo che a Montante interessava la Fiera di Messina e l’Ente Porto. E non definirne lo sviluppo, ma “occupare” i posti di rilievo e piazzare i propri nomi.
L’occupazione manu militari dei ruoli chiave e dei favori da spendere e spandere per aumentare il proprio potere non era la sola caratteristica di questo sistema. L’altra, sottolineata da Fava, che ha caratterizzato il periodo Crocetta, era l’assoluta protervia, senso di impunità e ferocia con la quale venivano gestiti gli interessi del cerchio magico. “Se in passato certi interessi venivano contrattati in un’atmosfera che ci ricordava la P2, in segretezza, colpisce che in questo periodo tutto veniva fatto alla luce del sole”. Così, i dirigenti venivano convocati nella casa privata di Montante prima di venire promossi, come se fosse una cosa assolutamente normale, i non allineati venivano silurati apertamente senza necessità di una giustificazione politica”.
Fava ricorda il passaggio del siluramento dell’assessore Marino, raccontandone i retroscena svelati dalle audizioni in Commissioni. “Una scena da film di Tarantino”. Poi i sistemi di Montante per mettere all’angolo i nemici, ricattandoli con le informazioni ottenute anche grazie alle “talpe” nei servizi segreti, inserendoli nelle liste di proscrizione, piegandoli anche psicologicamente. Come quel funzionario non amico la cui moglie veniva tempestate di telefonate anonime di ragazze sconosciute che si dichiaravano amiche del marito.
Po l’assoluta ferocia di Montante contro i nemici: la mania di appuntare ogni cosa, ogni telefonata, archiviare, dossierare, ricattarre. Nel covo segreto trovato a casa Montante c’era il racconto minuzioso e maniacale di 11 anni di attività. La relazione ripercorre infine i principali affari della lobby del cerchio magico Crocetta-Montante-Lumia: dall’Ast all’Irfiss, dall’Irsap alle Asi.
E non assolve nessuno. Né quel Lumia regista occulto di 9 anni di affari regionali, né le categorie di magistratura e giornalisti, “…che si sono autoassolti – spiega Fava – Ma se una parte di giornalisti e magistratura è stata trasparente, e infatti dobbiamo a loro quello che sappiamo sulla vicenda – un’altra parte, buona parte, è stata assolutamente accondiscendente col potere di Montante.”
Come il giornalista del Sole24 ore al quale Montante dettava i pezzi, e che si è ritrovato “a sua insaputa” con un soggiorno di vacanza pagata dal presidente di Confindustria Sicilia.
“Abbiamo notato – racconta Fava – quel senso di impunità che caratterizza questi personaggi. La frase di Montante che dà il titolo all’incontro è intercettata nell’auto ben 9 mesi dopo l’avviso di garanzia al presidente di Confindustria, quando già era di dominio pubblico che era indagato per i suoi rapporti con la mafia. E anche dopo l’inchiesta, i titoli giornalistici, ancora la Regione continuava ad essere a totale disposizione di quegli interessi. Com’è possibile? Una risposta arriva secondo noi dall’audizione di Nello Musumeci, oggi Governatore, allora presidente della Commissione Antimafia. Gli abbiamo chiesto come mai aveva incontrato Montante, nonostante sapesse che era indagato per mafia. “Perché io lo incontravo da rappresentante dell’opposizione come rappresentante di un’associazione di categoria”, ha risposto candidamente Musumeci. Ecco, sono questi atteggiamenti che alimentano il senso di impunità”.