Politica

Smart working, secondo round De Luca-Fucile su La7: “Istigatore”, “Odiatore”

Il secondo round sullo smart working tra il sindaco De Luca e il sindacalista Fucile andato in onda su La7 ieri sera non è stato “scoppiettante” come il primo. Ospiti in studio da Massimo Giletti a “Non è l’Arena” il primo cittadino e il segretario della Funzione pubblica Cgil sono sicuramente rimasti “schiacciati” dagli argomenti della puntata: il caso Inps (l’ex presidente Mastropasqua) e l’intervista con Buzzi nell’ambito del processo Mafia Capitale.

Una polemica nazionale

La polemica sui numeri dello smart working e sugli impiegati che approfittano del lavoro agile per non fare granchè è ormai tema nazionale, come evidenziato in studio con esempi concreti. Il vero nocciolo della questione che nell’Italia non digitalizzata anche chi, nel settore pubblico, è armato di buona volontà per far smart working non è materialmente in grado di operare. Detto questo De Luca e Fucile se le sono cantate, con alle spalle un folcloristico scenario.

Ferie più smart working

I riflettori sono stati accesi più che sullo smart working in sé su quanto accaduto ad agosto quando al numero dei dipendenti a casa per lavoro agile si sono aggiunti (più di 800 nell’arco del mese) i numeri di chi era in ferie. In sintesi su 1.200 dipendenti, compresi i vigili urbani, era già tanto se ad agosto incontravi per caso a Palazzo Zanca qualcuno in presenza fisica. Fucile ha provato a difendere la tesi dei sindacati, spiegando che gli 800 in ferie che vanno ad aggiungersi ai 200 in smart working in realtà non sono mai stati in contemporanea e che al massimo son potuti accadere casi di 400 persone assenti fisicamente in un solo giorno. Ha poi ribadito che comunque Palazzo Zanca non ha fatto nulla sul fronte interventi per la sicurezza. Infine, sempre per voce del sindacalista della Fp Cgil, non è affatto vero che per una carta d’identità o altri certificati ci siano stati problemi al Comune legati alla scarsa presenza fisica dei dipendenti.

“Odiatore”, “Istigatore”

Tu sei un odiatore” ha ripetuto Fucile al sindaco che dal canto suo replicava: “E tu sei un istigatore come altri tuoi colleghi sindacalisti”. Insomma in scena è andato lo scontro sugli stereotipi del dipendente pubblico, acuiti in fase di lockdown e che sono una patologia ormai nazionale. Se Musumeci ha detto “l’80% dei dipendenti della Regione non fa nulla” e il sindaco di Milano Sala ha lanciato strali contro lo smart working divenuto alibi, è chiaro che da nord a sud un problema c’è. Ed è un problema di coscienza e non solo strutturale. Probabilmente è su questo secondo problema che i sindacati dovrebbero impegnarsi.

Il problema c’è

I privati sono in grado di sostenere lo smart working perché hanno investito in prima persona. Un dipendente privato non si sognerebbe mai di accendere il pc e poi non fare nulla. Il problema è che se accendi il pc dell’ente pubblico ma non è collegato con nulla perché nulla è digitalizzato che ci stai a fare davanti allo schermo? Quanto ai furbetti è chiaro che ci saranno sempre e che per loro lo smart working è il paradiso. In pandemia però se non vogliamo che il Paese si fermi dovrebbero farsi passi avanti e non scavarsi trincee e questo vale sia per il sindaco che per il sindacalista. Non ci sono eserciti di nullafacenti ma neanche stakanovisti. E questo, i messinesi lo sanno bene. Un’azienda con sole 600 persone al lavoro reale sui 1200 dipendenti assunti fallisce.