Fare seguire alle parole i fatti non è così semplice ed ovvio come può sembrare. In un momento storico in cui stato e società civile si battono contro il macrofenomeno – ancora troppo diffuso e capillare – della violenza sulle donne in generale e del femminicidio in particolare, accade che gli enti che si occupano proprio dell’assistenza alle donne in difficoltà rischiano di trovarsi senza una sede. E’ la situazione del Cedav di Messina, che rischia di chiudere per mancanza di una sede propria. In affitto da privati fino al settembre scorso, le operatrici del centro cittadino antiviolenza si trovano al momento ospiti di un’associazione di psicologhe. Un locale piccolo che diventa sempre più difficoltoso continuare a tenere.
”Siamo ospiti ancora per poco di un’altra associazione e cerchiamo,quindi, casa”. È l’allarme lanciato questa mattina dall’avvocato Carmen Currò, presidente del Cedav Messina, che ricorda come “negli ultimi anni, più volte, abbiamo lanciato il nostro grido di allarme e molti messinesi hanno risposto, ma a darci supporto sono stati sempre e solo privati cittadini, ora chiediamo l’intervento delle istituzioni. Vogliamo inaugurare un lavoro comune con l’assessore ai Servizi Sociali Mantineo, ma presupposto di tutto questo è una sistemazione adeguata per il nostro centro. Ci servono tre stanza, non di più”. Il Cedav chiede al momento anche una sistemazione provvisoria, in vista di una successiva progettazione sulla lunga durata. L’assessore Mantineo ha già dato disponibilità per un incontro per giovedì 1 Agosto.
Carmen Currò, nel corso di una conferenza stampa alla Libreria Feltrinelli, questa mattina, spiega l’importanza del servizio svolto dal Cedav sul territorio: “Facciamo parte del circuito nazionale DIRE, di cui il centro di Messina è stato fondatore insieme a quello di Catania e Palermo. Il nostro centro svolge anche un servizio di ausilio per la Questura e i Carabinieri. Il servizio che svolgiamo è dunque riconosciuto ufficialmente, ma nessuno degli enti che si appoggiano al nostro lavoro si preoccupa della nostra sopravvivenza. Sono due anni che chiediamo una soluzione. abbiamo bisogno di due- tre stanze, ovviamente la collocazione della sede deve essere centrale, per permettere anche alle donne senza mezzi di raggiungerci facilmente. Annualmente sono tra cento e centocinquanta le donne con cui entriamo in relazione. Quest’anno la media sta crescendo”. Il maggior numero di donne che si rivolge al centro anti violenza è frutto di una causa binaria che vede da un lato un pericoloso incremento degli atti di violenza fisica e psicologica e dall’altro una maggiore consapevolezza delle stesse donne, che pian piano sembrano cominciare a comprendere che non c’è nessuna vergogna nell’essere vittima e che la paura di denunciare gli abusi non può essere maggiore di passare una vita a subirli. I dati statistici, inoltre, parlano di un preoccupante incremento del reato di stalking, a causa dell’ormai universale diffusione dei mezzi telematici, che spesso diventano un terreno fertile per questo tipo di persecuzioni.
Facendo una panoramica generale a livello regionale, dei tre centri storici di Messina, Catania e Palermo, tutti fondatori del circuito nazionale, quello di Catania si trova nella stessa situazione di precarietà e sfratto del suo simile messinese. Il Cedav di Catania è infatti costretto a pagare un affitto troppo oneroso e sta provvedendo a chiedere a sua volta aiuto all’amministrazione. Un po’ più fortunato il Cedav di Palermo, dove gli operatori sono professionisti che percepiscono – addirittura – una retribuzione – ovviamente non superiore ai 300 euro al mese – grazie all’inserimento nei circuiti dei finanziamenti regionali ed europei.
“A Messina abbiamo perso molti treni” – dichiara amareggiata Carmen Currò – “ i fondi della legge 3 del 2008, che è stata la prima legge antiviolenza, sono andati a Catania e Palermo. Chiederò personalmente all’assessore Mantineo di sbloccare i finanziamenti che la legge 328 riserva ai distretti sanitari, compreso il nostro… se solo ci decidessimo ad utilizzarla. Chiederò anche che venga inserita nella progettazione dei piani di zona che comprende un periodo di tempo fino al 2015, un capitolo apposito per la violenza contro le donne”. L’attuale amministrazione comunale ha da sempre fatto proprie le istanze delle diverse associazioni che lavorano sul territorio, promettendo l’impiego dei tanti immobili inutilizzati di proprietà del comune a favore di tali associazioni. Gli operatori del Cedav, dunque, si preparano ad incontrare l’assessore Mantineo con grandi speranze, ma soprattutto con la consapevolezza di non stare chiedendo un favore, ma l’applicazione di un diritto, essendo irrinunciabile l’operato che il centro svolge sul territorio cittadino.(Eleonora Corace)