Aspettano dal 1997, da quando cioè iniziarono i lavori e nel progetto furono accantonati 4 miliardi e mezzo di lire per gli indennizzi. Gli abitanti delle case sotto il viadotto Ritiro convivono da anni con i disagi legati alla realizzazione dello svincolo di Giostra, opera che, tra una vicissitudine e l’altra, ed un blocco durato diversi anni, è stata conclusa il 15 maggio 2013, con l’apertura delle due entrate in tangenziale.
Da allora, la moneta non è più la lira ma l’euro, non hanno ricevuto neppure un centesimo di quanto gli spettava e, tra poco, dovranno subire nuovamente disagi quando ricominceranno i lavori per il completamento delle uscite e la ricostruzione del viadotto Ritiro.
Ne ha parlato stamane, in conferenza stampa, il gruppo consiliare dei Democratici Riformisti insieme al Consiglio della V circoscrizione. Era presente anche una delegazione di residenti a rivendicare i propri diritti.
“E’ una storia vecchia – afferma il consigliere Carlo Abbate – ma adesso vogliamo che ci sia una scossa. Le indennità spettano per legge, anche perché i disagi sono stati effettivamente tanti. C’è chi si ritrova con pilastri costruiti a 50 centimetri dalle abitazioni, con le finestre che vi sbattono sopra quando vengono aperte, senza contare il fatto che per un lungo periodo è stato necessario lasciare le abitazioni per giornate intere. E tutto si ripeterà con i nuovi lavori che partiranno a breve”.
I fondi sono disponibili e le perizie sono state approvate. Perché, allora, non si procede con gli indennizzi? “Nel 2011 – spiega Abbate – il Comune ha iniziato a pagare chi ha subìto un deprezzamento del 15 % del proprio immobile, vale a dire chi ha avuto i danni minori. Poi c’è stato un balletto di competenze con l’Anas e tutto si è fermato. Nel 2014 si è chiarito che la competenza è del Comune, ma l’iter non è ripreso come avrebbe dovuto. A settembre, il segretario Le Donne ha dato mandato al Dipartimento Patrimonio di istituire un ufficio apposito ma il 28 gennaio 2015 il dirigente Castronovo risponde che non può farlo per mancanza di personale. A questo punto, dev’essere l’amministrazione comunale a dare delle risposte, considerando pure che una decina di famiglie, sulle 150 che ancora aspettano, si è già rivolta agli avvocati, anche perché affermano di aver subìto più danni del previsto, ed il rischio è che per il Comune possano esserci ulteriori spese. La maggior parte, però, accetterebbe l’importo della perizia, pur se in teoria andrebbe rivalutato. Più passa il tempo e più aumentano i rischi per il Comune. L’amministrazione, invece, non risponde alle nostre interrogazioni e non ha neanche chiamato i cittadini interessati”.
Pressioni sulla giunta arrivano anche da parte del consigliere della V circoscrizione, Bernardo Fama, che ha seguito la vicenda da vicino. “Sono state previste quattro tipologie di indennizzo: l’esproprio al 100 %, quello al 50 %, il deprezzamento al 30 % e quello al 15 %. Ma hanno liquidato solo questi ultimi. E sono cifre che comunque andrebbero anche riviste perché durante i lavori si sono verificati danni strutturali non previsti. In ogni caso, intanto si pensi a predisporre subito l’ufficio, poi si proceda all’aggiornamento delle visure catastali e infine si convochino gli aventi diritto per iniziare la trattativa sull’offerta. E’ inaccettabile che riprendano i lavori sul viadotto, con la previsione di nuovi sgomberi temporanei, mentre ancora non sono state liquidate le somme risalenti al 1997”.
L’occasione è lo spunto per contestare il funzionamento della macchina burocratica comunale. “Resto basita – dichiara la consigliera Elvira Amata – per la risposta del dirigente Castronovo. Non credo ci sia neppure la necessità di istituire un ufficio speciale, perché le perizie sono già state fatte e i soldi accantonati. Il segretario Le Donne deve spronare il dirigente a risolvere il problema”.
Ancora più duro il presidente della V circoscrizione, Santino Morabito: “Siamo costretti a rivolgerci alla stampa perché l’amministrazione non dà risposte coi canali ufficiali – tuona -. Io non farò più interrogazioni, anzi chiedo alla presidente Barrile di intervenire attraverso la Prefettura perché si sta violando l’obbligo regolamentare di risposta. E poi vorremmo chiarezza sul ruolo dei dirigenti, che non possono trincerarsi dietro il muro della mancanza di personale. Sono retribuiti come manager, ma hanno l’obbligo di raggiungere obiettivi secondo criteri trasparenti. Invece nessuno, neanche i consiglieri, conosce gli obiettivi affidati a ciascun dirigente”.
Ed è proprio la presidente del Consiglio comunale, Emilia Barrile, a chiudere: “Ci accusano – conclude – di prenderci competenze che non sono nostre, ma siamo obbligati a farlo perché non otteniamo risposte. Visto che l’amministrazione comunale non lo fa, organizzeremo noi un tavolo tecnico sulla problematica. Il segretario Le Donne non può pensare che trasferire competenze ai dipartimenti significhi non avere più responsabilità”.
(Marco Ipsale)