Multiservizi: una grande e unica società che dovrebbe gestire tutti i servizi pubblici messinesi. Fu una delle primissime cose di cui parlò l’amministrazione Accorinti, il 2015 sembrava dover essere l’anno della svolta. Questo 31 dicembre era stato fissato come spartiacque tra la gestione frazionata nella miriade di partecipate comunali, veri e proprio carrozzoni che negli ultimi anni hanno prodotto più debiti che servizi, e la gestione unica nelle mani di una Multiservizi, la Messina Multiservizi, così come l’ha battezza il suo vero padre fondatore, il segretario generale Antonio Le Donne. E’ stato il progetto su cui l’amministrazione in questo anno si è concentrata di più, fortemente legato al Piano di riequilibrio ma anche alla necessità di voltare pagina e procedere ad una totale riorganizzazione dei servizi, soprattutto acqua, rifiuti e trasporti. Ad oggi però è rimasto tutto sulla carta. Sono stati prodotti alcuni atti importanti, sono stati compiuti dei passaggi salienti, ma alla fine di questo 2015 sappiamo con certezza che Amam, Messinambiente, Ato3 e Atm sono ancora tutte in piedi e ancora tutte al loro posto. Sappiamo che con il passare dei mesi si è fatta strada l’ipotesi di una mini-multiservizi che trasformerebbe l’Amam nella società che si occupa contemporaneamente di acqua, rifiuti e igiene ambientale. Sappiamo che nel frattempo le partecipate, soprattutto Ato3 e Messinambiente, hanno continuato ad operare in condizioni difficilissime, a suon di proroghe, avvolte nell’ombra costante della liquidazione, senza possibilità di programmazione o investimenti. Sappiamo che di certo nel 2015 la Multiservizi, che sia mini o di altro tipo, non ha visto la luce.
Il 2016 inizierà con l’ennesima proroga concessa a Messinambiente. Altri sei mesi di vita per la partecipata di via Dogali che si occupa di rifiuti e che ha vissuto un anno difficilissimo e pieno di colpi di scena. Lavoratori e servizi da tempo aspettano di essere trasferiti all’Amam per lasciare Messinambiente alla sua liquidazione, così come i 53 dipendenti dell’Ato3. Per loro però la situazione si fa ancora più preoccupante perchè l’ultima proroga scade il 14 gennaio, dunque sarà un inizio d’anno ancora una volta nero, sotto l’incubo del licenziamento e con l’angoscia di attendere le decisioni all’ultimissimo momento dal presidente della Regione Crocetta. Per gli Ato3 il percorso doveva essere facilissimo e già tracciato nell’ottobre del 2014. Dovevano passare ad altre società partecipate del Comune con un’operazione di mobilità interna che sembrava facilissima e praticamente cucita addosso agli Ato3. E invece i primi a sistemarsi furono gli ex Feluca, che dal 1 gennaio scorso sono stati assunti all’Amam. Per gli Ato3 solo rinvii, proroghe, ordinanze regionali e la terra promessa dell’Amam. L’amministrazione Accorinti continua a ripetere che ormai le procedure sono in dirittura d’arrivo e che il percorso è ben avviato, bisogna però approvare contratti di servizio e atti che sanciscano i passaggi dei lavoratori e ad oggi nulla di tutto ciò è stato fatto.
Per Messinambiene l’anno che si chiude ha visto grandi stravolgimenti. Innanzitutto l’addio di Alessio Ciacci che da Capannori era arrivato a Messina per risollevare azienda e servizio e che invece ad un certo punto di questo cammino ha deciso di cambiare strada, probabilmente anche perché la stessa amministrazione comunale che lo aveva voluto in città non lo ha poi messo in condizioni di poter lavorare come lui stesso aveva chiesto. A mancare, come sempre, le risorse economiche: Messinambiente in questo anno ha continuato ad accumulare debiti e a rendere un servizio di pessima qualità, il 2015 è stato l’anno con la Tari più alta degli ultimi anni, le emergenze rifiuti hanno scandito ciclicamente il passare dei mesi, nessun investimento è stato possibile per migliorare la situazione. Durante l’era Ciacci tantissime polemiche, ancora aperto il caso delle spese extra del liquidatore e dei suoi esperti e consulenti, il licenziamento in tronco del funzionario Natale Cucè e poi il suo reintegro quasi all’indomani dell’addio di Ciacci, ma anche tanti passi in avanti nella riorganizzazione interna del lavoro. Dopo è toccato a Giovanni Calabrò prendere le redini della società di via Dogali e anche lui senza peli sulla lingua ha sempre dichiarato fin dal primo giorno che senza un budget adeguato Messinambiente non può far fronte ai servizi da garantire e agli stipendi dei lavoratori. Un tira e molla che anche nel 2015 non è stato molto diverso da ciò che accadeva in passato nei rapporti tra il Comune e la sua società che gestisce i rifiuti. Nel 2015 su Messinambiente sono tornati ad accendersi con forza i riflettori della magistratura e a novembre sono scattati gli arresti eccellenti dell’ex liquidatore Armando Di Maria e del funzionario Nino Inferrera, all’interno di una vasta operazione che aveva scoperchiato un sistema di appalti pubblici stipulati irregolarmente, gestione incontrollata di contratti di consulenza ed assunzione di dipendenti, incentivi da migliaia di euro versati a lavoratori amici e compiacenti, conduzione fallimentare, perdite per oltre 30 milioni di euro, tangenti ed affidamento di servizi a società “amiche” che intascavano soldi a fronte di servizi praticamente inesistenti. Messinambiente vera e propria macchina mangiasoldi. Oggi il percorso dell’amministrazione vuole andare in un’altra direzione, ma finché la gestione dei rifiuti resterà nelle mani di una società su cui pende anche un pignoramento da 29 milioni di euro appare impensabile credere o sperare in un cambio di rotta. Un anno nel frattempo è passato ed è cambiato poco o nulla.
Su un binario diverso ha camminato l’Atm. Il 2015 è stato il primo anno completo targato Giovanni Foti, il manager arrivato dalla GTT di Torino per provare a far uscire l’azienda di via La Farina dalle sabbie mobili in cui stava lentamente scivolando ormai da qualche anno. Il 2015 dell’Atm si può considerare positivo sotto molti aspetti, dall’acquisto dei 17 bus arrivati pochi giorni fa, alla progettazione che ne porterà altri 32 nei primi mesi del 2016, dalla ritrovata regolarità nel pagamento degli stipendi a tutta una serie di azioni avviate per ridefinire struttura e organizzazione. In questo anno all’Atm sono cambiati praticamente tutti i vertici, la governance si è totalmente rinnovata e l’obiettivo a cui mira l’azienda oggi è ricostruire la fiducia dei messinesi nei confronti dell’azienda trasporti della città. Nell’ottica Multiservizi anche l’Atm dovrebbe finire in questa grande società che erogherebbe tutti i servizi essenziali, ma in questo anno proprio dall’Atm non è emerso grande entusiasmo verso l’ipotesi di sciogliere in un grande calderone in cui c’è di tutto un’azienda che pian piano sta provando a risollevarsi. Ovviamente anche sull’azienda di via La Farina non è mancata la lente d’ingrandimento di Forze dell’Ordine e Magistratura e basta ricordare il caso della banda del gasolio sgominata proprio nei mesi scorsi, un’organizzazione di cui facevano parte anche dei lavoratori dell’azienda che rubavano il carburante per rivenderlo poi all’esterno. Cosa vuole fare l’amministrazione Accorinti con l’Atm non è molto chiaro. Al momento c’è in ballo un contratto di servizio che ha dovuto rispolverare anche quella famosa delibera di S. Valentino del 2011, quando il consiglio comunale di allora votò la messa in liquidazione della società per costituire una nuova spa. In teoria quella delibera è ancora valida, non essendo mai stata ritirata, nonostante si tratti di un’ipotesi lontana anni luce dai principi di questa esperienza amministrativa targata Accorinti. Ciò che è certo è che si proverà a continuare sulla strada tracciata da Foti e Cacciola, senza pensare neanche più di tanto a quella Multiservizi che proprio con l’inizio del 2016 avrebbe dovuto portare dentro anche l’Atm.
Ad oggi il quadro è questo e dunque l’amministrazione non è riuscita a rispettare la normativa che obbliga i Comuni ad una profonda razionalizzazione sul fronte delle partecipate. L’obiettivo era di eliminare entro la fine del 2015 tutte quelle partecipate che non hanno più funzioni, dunque cessione o liquidazione, ma anche attraverso l’aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica e il contenimento dei costi di funzionamento. Queste le fondamenta su cui poggia le basi la Multiservizi, inserita come orizzonte progettuale in tutti i documenti programmatici redatti negli ultimi mesi a Palazzo Zanca, compreso naturalmente il Piano di riequilibrio attualmente di nuovo al vaglio del Ministero. In questi mesi, a più riprese, il segretario/direttore Le Donne ha illustrato benefici e caratteristiche di quella che nelle sue intenzioni dovrà essere la grande società in cui confluiranno i servizi pubblici. Risale allo scorso 31 marzo la delibera con cui la giunta Accorinti gettava le basi del percorso, definendo tutte le caratteristiche fondamentali di questa nuova società e, di fatto, dando il via al lavoro preliminare, a cominciare dalla costituzione di una “commissione tecnica” con il compito di valutare il progetto sul piano della fattibilità tecnica, della sostenibilità economico-finanziaria e dell’attuabilità in termini operativi, delle implicazioni legali, contabili e fiscali. Ma ad oggi si sono perse le tracce di tutti questi passaggi e sono rimaste solo le buone intenzioni sulla carta.
Sempre sulla carta era stato inserito uno studio per valutare l’affidamento alla Multiservizi del Pilone e delle aree demaniali circostanti, la realizzazione della flotta pubblica comunale, uno dei cavalli di battaglia dell’amministrazione Accorinti in campagna elettorale, ma ad oggi solo progetto utopistico. E, come se non bastasse questa già consistente mole di lavoro, anche un’analisi sul tormentato settore dei servizi sociali, altro fronte che in questo 2015 ha subìto grandi scossoni, con il passaggio di testimone tra Nino Mantineo e Nina Santisi. La commissione avrebbe dovuto infatti vagliare l’ipotesi di affidare alla Multiservizi anche la gestione “in house” dei servizi sociali, al fine di garantire una maggiore qualità dei servizi, una razionalizzazione delle risorse umane e il conseguimento di obiettivi di economicità mediante la gestione diretta, dunque chiudendo le porte al sistema delle cooperative. Non si sa quanto questo possa combaciare con il progetto che invece l’assessore Santisi intende dare a questo delicato settore.
Di certo qualunque valutazione la rimandiamo al 2016 perché è evidente che, nonostante l’impegno profuso, tutti i buoni propositi e il lavoro svolto è rimasto fermo su delibere e provvedimenti. Le partecipate di Palazzo Zanca restano esattamente quelle che erano un anno fa, Messinambiente e Ato3 gestiscono i rifiuti, l’Amam cura il servizio idrico, l’Atm (che in realtà è un’azienda speciale) si occupa di trasporto pubblico. Il resto è ancora fantascienza.
Francesca Stornante