Bastone e carota. Sembra essere questa la metodologia di intervento del Governo Monti per affrontare la crisi finanziaria dei Comuni italiani, molti dei quali sull’orlo dei dissesto. Se da una parte, l’esecutivo nazionale ha infatti deciso di mostrarsi intransigente nei confronti dei sindaci che hanno contribuito a far fallire gli enti comunali, prevedendo per loro l’incandidabilità per 10 anni e pesanti pene pecuniarie (vedi correlato) ; dall’altra ha deciso di correre in soccorso dei Comuni a rischio default.
Nel “decreto enti locali”, il Governo dà via libera al fondo anti-dissesto, che servirà a trasferire liquidità ai Comuni le cui casse sono praticamente vuote. L’erogazione delle somme sarà vincolata alla redazione da parte degli locali economicamente deficitari di un piano di rientro quinquennale del debito, con l’obiettivo di abolire il disavanzo e ridurre a spesa, riportando i conti in ordine. L’entità della somma trasferita dallo Stato ai Comuni sarà proporzionale all’entità di riduzione della spesa e di aumento di entrate tributarie ed extratributarie previsti dal piano, che dovrà dare garanzie precise.
Per accedere alla procedura e al fondo, i Comuni dovranno, infatti, mettere in piedi un piano di rientro (fino a 5 anni, estendibile a 10 in caso eccezionali) in grado di azzerare il disavanzo, tagliare la spesa di almeno il 10% nelle uscite per prestazioni di servizi e del 25% in quelle per trasferimenti ad altri Enti. Il piano sarà sottoposto all’esame preventivo da parte della Corte dei Conti e di una commissione paritetica tra Viminale ed Economia. Ogni 6 mesi sarà sottoposto al vaglio ancora del Viminale e della Magistratura contabile.
I Comuni soggetti al piano non avranno vita facile: dovranno eliminare dai bilanci le entrate accertate ma non riscosse; dovranno coprire con le tariffe i costi dei servizi; dovranno aumentare le aliquote e ridurre il personale.
Ancora sconosciuta l’entità complessiva del Fondo anti-dissesto: al momento, la norma si limita a fissare un tetto massimo di 100 euro ad abitante. In lizza per accedere al fondo ci sono già Napoli e Palermo , ma potrebbero aggiungersi presto anche Reggio Calabria ed Alessandria.
Il Comune di Messina non compare tra i possibili beneficiari delle somme inserite nel fondo perché, di fatto, il dissesto non è stato ancora dichiarato: in cassa ci sono solo poco più di 70 mila euro ma si attendono, entro la fine dell’anno, i trasferimenti statali e regionali. Croce ha intenzione di tirare fino a dicembre per evitare il crack del Comune, nonostante sia già un «ente strutturalmente deficitario», come certificato dai revisori dei conti nella relazione allegata al consuntivo 2011. Ma se alla fine, il dissesto fosse ineludibile, col fondo messo a disposizione dal Governo si potrebbe piangere con un occhio e pensare al domani con meno ansia, sapendo comunque che saranno tempi duri. Anzi, durissimi.
Intanto, buone notizie, giungono da Palermo. La giunta di governo della Regione Siciliana , riunitasi nella sede di Catania della Presidenza, ha disposto l'impiego dei fondi resi disponibili in seguito allo sblocco delle deroghe al Patto di stabilità concordate in sede tecnica e deciso dal ministro dell'Economia Grilli. In primo luogo sono stati liberati 24 milioni di euro destinati al trasporto pubblico locale, misura peraltro già prevista nella stessa deroga al patto di stabilitaà. Per l'impiego degli altri fondi è stato, poi, stabilito un elenco di priorità. Sarà data precedenza, dunque, allo sblocco dei pagamenti alle imprese per la realizzazione di opere e forniture, al cofinanziamento dei fondi strutturali, al finanziamento degli Enti locali ed agli investimenti nelle misure di sostegno all'ambiente attraverso progetti per la forestazione che prevedono sia interventi a tutela del patrimonio boschivo siciliano che per l'incremento di quest'ultimo.(Danila La Torre)