Appena sette giorni fa era stata annunciata come la “norma dell’anno”, approvata con una larga maggioranza dall’Ars, con 55 sì (3 contrari, 5 astenuti), nonostante fosse stata di fatto sgonfiata rispetto alle originarie intenzioni. Adesso, la norma antiparentopoli senza parenti, ovvero il provvedimento varato lo scorso 12 agosto dopo mesi e mesi di mediazioni, e quindi già zoppa la scorsa settimana, è stata impugnata dal Commissario dello Stato, che ne ha bloccato i commi fondamentali. In sintesi, l’antiparentopoli già parziale al momento della sua approvazione, viene svuotata dal tutto dallo stop del Commissario Carmelo Aronica.
Era stato Crocetta, sin da dicembre, all’inizio degli scandali sulla formazione, ad annunciare e poi predisporre la norma antiparentopoli, volta a definire le incompatibilità di deputati ed assessori che avessero familiari in enti, società che usufruiscono dei contributi regionali. Otto mesi dopo il primo annuncio e dopo una lunga serie di indagini che da Palermo a Messina hanno riguardato gli enti di formazione,l’Ars ha varato la scorsa settimana una norma che è solo una pallidissima copia del testo originario. Il rischio era quello di incappare nell’incostituzionalità di alcuni divieti, così tra una mediazione ed un lavoro di lima alla fine è venuto fuori un provvedimento a metà, un’antiparentopoli light che ugualmente non ha superato lo scoglio del Commissario dello Stato.
La norma varata il 12 prevedeva: l'incompatibilità tra la carica di deputato e quella di funzionario della Regione o di amministratore, dirigente di enti di diritto privato, nonché di socio, legale rappresentante, amministratore, dirigente, funzionario e consulente di società o enti di formazione professionale, anche senza scopo di lucro, che fruiscono di finanziamenti o contributi, a qualsiasi titolo per lo svolgimento di attività formative o per conto della Regione, o che siano titolari di appalti per forniture o servizi per lo svolgimento di attività formative per conto della Regione. Erano spariti quindi i parenti dal provvedimento, per evitare rischi di incostituzionalità, limitando l’incompatibilità ai soli deputati e assessori.
Ma anche così non ha superato il placet del Commissario dello Stato che ha impugnato tre commi, nella parte in cui estendono le cause di ineleggibilità ed incompatibilità alla carica di deputato regionale per i soci, funzionari e dipendenti delle società e/o degli enti di diritto privato che fruiscono di provvidenze dalla Regione o che siano dalla stessa controllati o vigilati.
Il punto cassato è proprio quello che riguarda, ad esempio, gli enti di formazione, che usufruiscono dei contributi della Regione. I commi sono stati impugnati in base al principio di uguaglianza di fronte alla legge stabilito dalla Costituzione, sottolineando come,tra l’altro, esistano già leggi nazionali in materia di incompatibilità ed ineleggibilità.
Aronica definisce “apprezzabile l’intento dell’Ars di soddisfare le istanze di moralizzazione della politica provenienti dalla società civile, eliminando potenziali cause del condizionamento del consenso per garantire il libero esercizio del diritto di voto nonché assicurare il rispetto dei principi di imparzialità, buon andamento e trasparenza della Pubblica Amministrazione”. Ma alcuni punti della normativa si scontrano con l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge ed altri sono già stati normati dal legislatore. Né è possibile poi introdurre una specifica causa di incompatibilità limitandola alla sola formazione professionale.
Alla fine dello sbandierato antiparentopoli di dicembre è rimasto poco o nulla.
E se le norme sui parenti erano state “rinviate” a settembre, lo stop di Aronica è adesso un macigno che grava sull’intero assetto e non sarà semplice varare un testo che tenga conto degli “annunci” e della necessità di non incorrere nell’incostituzionalità. I primi a protestare erano stati i deputati dell’opposizione con il Pdl che l’aveva definita “legge spot”, il Pds “ legge vuota, condizionata non dall'interesse reale per questo tema, quanto dall'interesse di Crocetta alla visibilità mediatica”. Sull’antiparentopoli si è poi consumata la fine dell’idillio tra Crocetta e il M5S con Cancelleri che ha tuonato: “Questa è una legge spaventapasseri, finora abbiamo visto solo proclami circensi e nessuna rivoluzione, della quale non si sente neanche l’odore anzi, si avverte soltanto un puzzo di compromesso morale. Aspetteremo che il governatore passi dalle parole ai fatti fino a dicembre. Poi non escludiamo la mozione di sfiducia”.“Se la Regione siciliana applicasse subito ed integralmente la legge nazionale anticorruzione ed i suoi decreti attuativi potrebbe risparmiare tempo e raggiungere immediatamente importanti obiettivi di trasparenza e legalità”. E’ quanto ha detto il ministro della Pubblica amministrazione Gianpiero D’Alia a proposito dello stop alla legge antiparentopoli, intervenendo al convegno ‘Ruolo e autonomia dei piccoli Comuni in Sicilia’, che si è svolto a Roccafiorita, il Comune più piccolo dell’Isola.
“Basterebbe ad esempio – ha aggiunto D’Alia – mettere online redditi e patrimoni dei politici,dei burocrati regionali e dei loro parenti per conoscere e colpire eventuali conflitti di interesse o condotte illecite; come basterebbe applicare subito la normativa in materia di incompatibilità ed inconferibilità di incarichi pubblici per eliminare una serie di distorsioni nell’amministrazione regionale, che ancora non sono state rimosse”.
Secondo il ministro, “la Regione invece di proseguire in dibattiti stucchevoli e inconcludenti può dare immediata attuazione alla normativa nazionale o, a seguito dell’intesa stipulata dal mio ministero con le Regioni, essere costretta ad attuarla. Come stiamo facendo nel resto dell’Italia, anche in Sicilia, il dipartimento della Funzione pubblica è pronto a dare una mano per garantire l’immediata applicazione di una normativa strategica, capace di fare pulizia concretamente e non a chiacchiere”
Rosaria Brancato