L’Albero di Natale allestito in Piazza Duomo ad Alì per le feste e ritrovato danneggiato la mattina del 27 dicembre continua a rappresentare motivo di discussione nel centro collinare e non solo. In pole position il sindaco Pietro Fiumara che ha sin da subito condannato con aspre parole il fatto (vedi correlato) che è finito al centro del consiglio comunale convocato ad hoc il 5 gennaio scorso. L’accaduto è stato infatti l’unico argomento della seduta consiliare ma, seppur considerato riprovevole da entrambe le coalizioni consiliari, per la minoranza poteva evitare di essere portato in aula: “L’aula consiliare non è un’aula di Tribunale”, si legge nel documento redatto dalla coalizione che fa capo a Magazzù, “non tocca a noi giudicare e/o condurre indagini per la corretta risoluzione del caso”.
Se da una parte il Presidente del Consiglio Giovanni Fiumara ha invitato il sindaco a costituirsi parte civile contro i responsabili, dall’altra il gruppo composto dai consiglieri Cristina Interdonato, Grazia Magazzù, Giuseppina Pantò e Agata Raneri si è discostato dalle invettive del primo cittadino che ha definito “mafioso e criminale” quanto successo, diffondendo “una cattiva immagine della comunità aliese, nota invece per la bontà che la contraddistingue”.
E per cosa poi? Per un Albero di Natale che non tutti nel paese avevano apprezzato. “Forse la scelta della location non era tra le più appropriate” scrive la minoranza che presenta una lista di interrogativi per capire se la presenza dell’Albero fosse stata segnalata agli automobilisti in transito, se la circolazione stradale fosse stata regolamentata, se ci fossero ordinanze sindacali in merito all’allestimento, se l’incolumità pubblica derivante dall’eventuale cattivo montaggio delle luminarie fosse stata garantita. Domande retoriche? Il sindaco, comunque, non ha risposto.
La seduta – iniziata alle 19.00, sospesa alle 19.37, ripresa alle 20.37 e terminata un minuto dopo – si poteva evitare per la minoranza che ha rinunciato al gettone di presenza, “ritenendo di non aggravare l’Ente di ulteriori spese per discutere su un argomento non di pubblica utilità”.
Giusy Briguglio