“All’inizio pensi di non valere niente, che anni ed anni di studio, impegno, sacrifici, anni di pratica senza tirarti indietro mai non abbiano alcun valore. Ti crolla il mondo addosso. Poi ti accorgi che non è così, che i tuoi compiti magari non li hanno neanche letti e che il sistema è costruito in un modo tale da distruggere la voglia e la fiducia dei giovani”.
E’ successo anche a lei, Roberta Bulone, quando ha visto che non aveva superato gli scritti per l’abilitazione alla professione di avvocato, nonostante compiti perfetti (come poi la stessa Commissione attesterà), al di sopra della media, ma soprattutto nonostante non avesse commesso alcun tipo di errore. E’ successo anche a lei di essere come quei centinaia di giovani praticanti che ogni anno vengono bocciati senza una motivazione se non un sistema da riformare. Quest’anno in Sicilia, da Palermo a Catania, si sono organizzati in associazioni che presentano, e vincono regolarmente i ricorsi, ma sarebbe di gran lunga più giusto riformare il sistema che non premia il merito ma è affidato solo al caso.
E’ successo anche a lei, Roberta Bulone, di trovarsi a un bivio, accettare una sconfitta immeritata, lasciata in balìa al caso, oppure alzarsi e lottare e chiedersi perché una facoltà così prestigiosa come quella di Messina sforna ogni anno decine di magistrati eccellenti, docenti eccellenti, ma la percentuale di avvocati bocciati agli scritti è ogni anno superiore al 50%. Non si è arresa, ha presentato ricorso e l’ha vinto. Ma non si è fermata perché quando duecento, trecento bocciati per due, tre volte di fila, decidono di non iscriversi più agli esami (ed è quanto sta accadendo), anche a causa dei costi elevatissimi, allora è una sconfitta per intere generazioni e per la città stessa.
“Voglio raccontare la mia storia perché sia da esempio a tantissimi ragazzi che si sentono soli di fronte a quest’ingiustizia. Che si sentono troppo piccoli per poter cambiare le cose”.
Roberta Bulone “da Gela” ma di origini messinesi ed ora radicata con unghie e determinazione in riva allo Stretto, quando, così come la maggior parte dei praticanti, si è vista bocciare allo scritto, non si è arresa. Si è chiesta PERCHE’ e ha presentato ricorso attraverso l’avvocato Ferdinando Croce che l’ha seguita in tutte le fasi e in tutte le sedi. Non è stato semplice, perché la macchina burocratica è tortuosa e lunga e la notizia della vittoria le è arrivata mentre già stava facendo nuovamente le prove scritte per la seconda volta. Adesso fa parte dell'associazione Nino D'Uva che la sta affiancando in numerose battaglie.
“Da giovane praticante non sai come muoverti. Non sai a chi rivolgerti, sei un granello di polvere. Ma io ho chiesto di vedere la documentazione. Mi avevano bocciato con 25-25-30 ma non si evinceva neanche il perché, con quali motivazioni o quali errori. Ho fatto vedere i miei scritti a chiunque. Non c’era traccia di errore. Ed infatti dopo il ricorso la stessa commissione che mi aveva bocciato mi ha promosso con un 105 complessivo, portando persino il 30 a 40. Il voto minimo per essere ammessi agli orali è di 90. La stessa Commissione che mi aveva ritenuto inadeguata mi ha dato addirittura molto più del minimo. Ma c’è di più”.
Per capire la storia di Roberta, come di quei 100 praticanti siciliani che hanno vinto i ricorsi, occorre spiegare il sistema. Ogni anno le prove scritte effettuate dai candidati a Messina vengono spedite ad una Commissione d’esami che si trova in altre città d’Italia, per lo più del Nord. Ogni anno la percentuale di bocciati supera il 50% e puntualmente l’anno successivo gli scoraggiati finiscono con il non presentarsi più. Il problema sono le modalità di correzione delle 3 prove.
“Nel mio caso ho chiesto i verbali ed è stato davvero un iter lunghissimo. La Commissione deve essere composta per legge oltre che da avvocati anche da magistrati e da un professore universitario. Invece ho scoperto che durante la correzione del mio compito mancavano il magistrato e il docente. Eppure è stata considerata una seduta regolare…..Mi chiedo come sia stato possibile che sia stata verbalizzata una seduta del tutto irregolare. Il sistema ha troppe falle. Se non si ha certezza della lettura e correzione dei compiti allora tanto vale affidarsi al sorteggio”.
Il tempo che intercorre tra le prove scritte e la pubblicazione dei risultati è di sei mesi, costringendo di fatto chi viene bocciato a perdere un intero anno.
Come sottolinea l’avvocatessa tra l’altro si tratta di un esame di abilitazione, che arriva a conclusione di due anni di pratica effettiva e comprovata e non comporta assolutamente un posto di lavoro. Per ogni esame si spendono soldi in iscrizione, codici, corsi e ci sono famiglie che dopo aver sostenuto i propri figli con sacrifici per tanti anni all’Università, alla fine si scoraggiano e possono anche chiedersi: se mio figlio è stato bocciato così tante volte allora non è all’altezza.
“L’associazione Nino D’Uva vuol essere al fianco di tutti i giovani praticanti che dopo l’Università entrano in una giungla. Ci occupiamo non solo dei ricorsi ma anche di fornire informazioni sull’accesso agli esami, sui rapporti con l’Ordine degli avvocati. Vogliamo batterci anche per un’altra cosa: solo qui i praticanti non vengono pagati nonostante siano sfruttati dagli avvocati. Neanche i rimborsi vengono dati ai giovani. L’art.40 del Codice deontologico prevede un rimborso per i primi sei mesi e poi un pagamento. Non lo fa nessuno tranne rare eccezioni. Io ho avuto la fortuna di operare con un'avvocatessa che appunto è tra queste eccezioni”.
L’unica soluzione per quanto riguarda gli esami secondo la Bulone sarebbe una vera e propria riforma affidata al CNF ma chiaramente finirebbe con lo scontrarsi contro una serie di interessi.
“Penso che chiederò anche il risarcimento dei danni, perché i giovani devono essere supportati non umiliati. Tra l’altro vogliono far passare i laureati della facoltà di Giurisprudenza per ignoranti visto che ci sono 400 bocciati l’anno. Non è assolutamente vero, la nostra facoltà è tra le migliori d’Italia, come dimostrano tutte le eccellenze nei vari settori. Sforniamo i migliori magistrati e solo il 30% di avvocati, ma stiamo scherzando? Alziamo la testa, non arrendiamoci”.
Rosaria Brancato