"È arrivato l'argentino"
"Chi? E chi è?" chiesero tutti all’annuncio dell'assessore entrato di corsa nel bar.
"Pietro"
L'assessore, un anziano in pensione, un uomo “tutto d'un pezzo”, con una esperienza di vita profonda per le esperienze difficili che lo avevano indurito, si ritrovò con le lacrime agli occhi. Per lui non era facile arrivare ad emozionarsi così palesemente, ma Pietro l'argentino, era un suo compagno delle scuole elementari. Erano amici e si erano lasciati ancora diciottenni. Pietro partito per l'Argentina nel 1954, per fuggire da una vita di stenti e brutale; un padre carrettiere, l’infanzia fatta di lunghi viaggi per la città che duravano tredici ore. Ore piene di buche e pericoli con le bombe inglesi e americane che potevano sorprenderli lungo il viaggio e con i soldati tedeschi in fuga ed in cerca di quel poco cibo che quei poveracci portavano con sé. Orfano di madre, morta di parto, e figlio unico, aveva studiato poco per aiutare fin da piccolo il padre che una volta malato gli disse di lasciare quel paese e quell'inferno. E Pietro così aveva fatto e, sepolto il genitore nella fossa che aveva dovuto scavare lui stesso nel piccolo cimitero, aveva raccolto il niente che possedeva, era andato in città, aveva venduto la vecchia mula e il carretto e si era imbarcato per l'America pensando di essere diretto a New York. Arrivò a Buenos Aires, ma andava bene lo stesso. Scrisse un paio di lettere ai suoi amici, ma dopo un solo anno non si seppe più nulla di lui. Rimaneva nei ricordi, quasi una leggenda, ma era tutto inventato e davvero nulla si sapeva, neanche se fosse ancora vivo. I racconti su di lui che si narravano ai bambini erano piuttosto fantasiosi, al limite con l’incredibile. Di sicuro, Pietro l'argentino aveva lasciato il paese povero e fiero e aveva fatto fortuna in America.
Erano passati 50 anni e Pietro era tornato improvvisamente. Si era presentato una mattina di gennaio e aveva cercato i suoi vecchi amici. In piazza non si parlava d'altro, nel bene e nel male. Chi era felice e chi prevedeva guai. Qualcuno lo immaginava pazzo, qualcun altro ricchissimo. Era amico di Maradona o trafficante di droga, grosso industriale o operaio edile in Argentina, o tutte queste cose insieme. Una donna disse che era un traditore: "perché non rimaneva in Argentina?" Qualcuno sorrise: dopo 50 anni, Angelina, zitella convinta, secondo molti, non aveva mai dimenticato il suo Pietro e dopo quella rabbiosa domanda molti pensarono che avesse pianto.
Pietro in realtà la fortuna l'aveva davvero trovata, ma adesso l'aveva persa. Aveva una famiglia numerosa, moglie tre figlie, tre generi e ben nove nipoti di cui due neonati. Ed era fuggito dall'Argentina per gli stessi motivi per cui 50 anni prima era andato via dall'Italia. Aveva con sé, e le mostrava in giro, le sue foto con Domingo Felipe Cavallo, un disastroso ministro dell’economia argentino di cui era stato assistente, la foto durante un pranzo con il calciatore Maradona e alcuni altri politici con facce patibolari, immagini della sua fabbrica di scarpe, e varie altre foto con soggetti tanto sconosciuti, quanto chiaramente danarosi, e attorniati da camerieri in bianco e donne di una volgarità eccezionale.
Anche l'aspetto di Pietro era piuttosto rude, non solo nelle foto, dove mostrava con disinvoltura la mancanza degli incisivi superiori, ma anche di presenza era piuttosto inquietante, tarchiato e mal vestito.
Dopo qualche giorno dal suo arrivo, una sera, si presentò in municipio, per conoscere il Sindaco. Lo trovò intento a riporre alcuni documenti in borsa per andar via, ma quella visita “a sorpresa” fece talmente piacere al primo cittadino che malgrado l’ora, lo accolse con molta cordialità. Pietro non pensava di trovarsi davanti, accanto al suo vecchio amico assessore, un "niňo", un ragazzino. Un sindaco ragazzino che lo accolse regalandogli una bandiera italiana e lo commosse. Nino, quasi non parlava più l'italiano. Raccontò la sua storia e tutti rimasero per ore ad ascoltarlo. I viaggi con il carretto fino alla città, il furto della mula e il successivo recupero per intercessione del capomafia dell’epoca, la malattia di suo padre e la disperazione, la fame e il viaggio in nave. I primi anni in Argentina e la speranza di una vita migliore che aveva ottenuto con tanta fatica e con un po’ di fortuna. Poi la famiglia, l'amore di una donna e i figli. Poi i nipoti, ancora piccoli e la disperazione di perdere tutto all'improvviso per una crisi economica che in quel periodo aveva investito l'Argentina e di nuovo la disperazione e la speranza di tornare in un paese migliore. Parlava un misto di italiano e spagnolo e alternava momenti di grande commozione e apparente sensibilità a momenti in cui tradiva una origine rozza e dura. Parlava di sua moglie come di una regina, ma quando gli fu chiesto cosa ne pensasse la moglie di trasferirsi in Italia, dove non era mai stata neanche come turista, abbandonando il suo paese natale, Pietro fece una affermazione che sarebbe passata alla storia come la più sinceramente grezza e insulsa tra le risposte possibili. La fece con lo stupore di chi non capisce il senso della domanda perché ritiene scontata la risposta: "signor Sindaco – disse – cosa dovrebbe dire mia moglie – una donna? … come si dice al mio paese: Chi monta comanda!"
Tutti si guardarono esterrefatti e dopo un momento di silenzio scoppiarono in una risata clamorosa che durò a lungo sotto lo sguardo perplesso di Pietro l'argentino.
Dopo questa prima visita ne seguirono altre e il paese, tutto il paese, si mobilitò per accogliere questa sorta di figliol prodigo. A distanza di quasi due mesi fu organizzata una colletta per comprare i biglietti aerei per tutta la famiglia, ben tredici persone, tra cui cinque bambini e per sistemare le pratiche per l'immigrazione. La parrocchia mise a disposizione una casa, ma in poco tempo Pietro trovò lavoro come lavapiatti e addetto alle pulizie in un ristorante e riuscì a trovare lavoro per tutti i parenti, figli e generi compresi. I bambini furono iscritti alle scuole del paese e tutta la famiglia si integrò in tempo record in una nuova casa affittata.
A parte i suoi modi un po’ villani, il buon Pietro fu certamente una figura esemplare per la dignità con cui seppe ricominciare e per la capacità di risollevarsi dopo una ulteriore caduta. Ebbe coraggio e forza nel momento di difficoltà, fu un pilota sicuro di una nave in mezzo alla tempesta, salvò la sua famiglia e fu non solo per loro ma per tutti, un esempio.
Ed una volta che tutto fu a posto, Pietro si spense svolgendo dignitosamente il più umile dei mestieri: si accasciò in silenzio lavando i piatti di un ristorante.
Al suo funerale si presentarono in tanti ed una candela si consumò lenta nella notte davanti alle finestre di molte case, per salutare un uomo che nessuno avrebbe voluto vedere andar via ancora una volta, un uomo che aveva di certo lasciato una traccia del proprio passaggio vivendo nel mondo e tornando dove lo aveva portato non solo il bisogno, ma il cuore.
A.A.