Anno 9697 dell’Olocene, 5205 dall’origine del Mondo, 304 avanti Cristo.
Dopo un lungo periodo di relativa pace – e di disgregazione nazionale –, dalla caduta di Dionisio II, si era fatto Tiranno di Siracusa il generale Agatocle di Termini, un uomo forte dalle idee radicali e legato agli ambienti democratici ma al tempo stesso ammiratore di Alessandro il Grande e suo emulo.
In quel tempo in Sicilia quasi ogni città era uno stato e il massimo dell’unione tutt’al più erano le leghe; Siracusa, che con Agatocle desiderava riacquisire l’egemonia, aveva presto dovuto affrontare la Lega fra Agrigento, Gela e Messina, coalizzatesi contro d’essa. In particolare, ci vollero più campagne militari perché Messina si piegasse ed estradasse i nemici politici del Tiranno che vi si erano rifugiati. Più avanti Agatocle intraprese una titanica guerra contro i Cartaginesi, durante la quale tutte le altre città (Messina compresa) abbandonarono Siracusa schierandosi con il nemico. Solo dopo un trattato di pace Agatocle poté volgersi all’occupazione delle città ribelli; una per una, e fra queste Messina.
L’uomo di spicco, uno dei massimi oligarchi messinesi, era Megacle, il più fiero e irriducibile nemico di Agatocle in Sicilia. Non si fece problemi infatti a sobillare le altre città contro di lui spingendosi perfino a mettere privatamente una taglia sulla testa del Tiranno, con la promessa d’un’enorme ricompensa a chiunque avesse ammazzato il siracusano. Forse, era stato proprio Megacle il promotore della Lega con Agrigento e Gela. Non c’è da stupirsi che Agatocle lo odiasse, insomma.
La situazione si fece drastica quando i Siracusani marciarono contro Messina e l’assediarono. Il Tiranno di Siracusa propose ai Messinesi di consegnargli subito Megacle e guadagnarsi la sua clemenza, in caso contrario sarebbe entrato in città con la forza e ne avrebbe resa schiava la popolazione – e, conoscendolo, non c’era motivo di dubitare della sua minaccia.
A quel punto, sapendo bene d’essere il primo che Agatocle avrebbe voluto vedere morto e che lo spargimento del suo sangue l’avrebbe privato di buona parte del suo astio per Messina, Megacle si trovò di fronte a un dilemma a dir poco classico: cercare la salvezza anche propria, spronando la popolazione a combattere con la possibilità della sconfitta e della schiavitù per i Messinesi, oppure disporsi al sacrificio e porre fine al conflitto in modo indolore per i concittadini? Megacle, ch’era un grand’uomo, scelse la seconda opzione.
L’Oligarca si fece nominare emissario di Messina e uscì dalla città per compiere la sua missione. Presentatosi all’accampamento di Agatocle e incontratolo, Megacle così si rivolse al nemico: “Io vengo nel nome della mia città, come un ambasciatore dei Messinesi; e l’oggetto della mia ambasciata è morire. Ma prima convoca i tuoi amici, e prestatemi ascolto.” Inutile dire che Agatocle non vedeva l’ora di fare fuori il suo acerrimo calunniatore.
Megacle si mise al cospetto dell’alto comando di Siracusa, difese senza falli le ragioni e i diritti del suo stato e si disse nuovamente disposto a morire consegnandosi autonomamente all’odio del Tiranno perché Messina venisse risparmiata, ma prima d’essere dato al boia domandò all’avversario: “Se Messina si fosse impegnata in una spedizione contro Siracusa, con l’intenzione di distruggerla completamente, avresti tu fatto per i Siracusani le stesse cose che ho fatto io per i Messinesi?”.
Silenzio. I presenti rimasero sconvolti di fronte a questo affondo; il loro signore sorrise. Agatocle ammirò, forse, il suo nemico, a bastanza da non avere già più desiderio di metterlo a morte, ma l’intercessione degli ufficiali siracusani lo convinse del tutto a rinunciare all’uccisione di Megacle.
Megacle aveva compiuto un delicatissimo gioco di retorica: aveva studiato fino a che punto potesse provocare il Tiranno, toccando un tasto importante, tale da indurlo ad abbandonare i suoi propositi contro i Messinesi ma anche ad ammorbidirlo verso di sé; decise, insomma, che se avesse dovuto sopravvivere, ciò sarebbe dovuto dipendere solo dalla propria oratoria e come obbiettivo secondario.
L’eroe di Messina fu rimandato tra i suoi che lo accolsero festosamente per la vittoria diplomatica ottenuta. Poiché allora Agatocle decise di porre fine alle ostilità con Messina e si disse disposto a riceverla come amica senza che nessuno dovesse morire. Così avvenne, e per il Tiranno di Siracusa ci fu una città in meno da dovere riguadagnare.
Cosa sia avvenuto più avanti, se Megacle abbia accettato di fare pace personalmente con Agatocle o se abbia continuato a opporsi a lui, e che fine abbia fatto, non ci è noto.
Questo fu prima che Agatocle fondasse il nuovo Regno di Sicilia, ma questo era già un grande passo sulla sua strada per diventare di lì a poco Re.
NOTE. La storia è tratta dagli Stratagemmi di Polieno il Macedone, che a sua volta la recuperò da libri oggi perduti ma scorporandola dal resoconto del conflitto per adattarla alla forma aneddotica; pertanto, i contorni del fatto sono tratti dalla Biblioteca Storica di Diodoro di Agira e dall’Epitomi delle Storie Filippiche di Pompeo Trogo di Marco Giuniano Giustino. Le parole di Megacle riportate sono ispirate a come le tradusse Richard Shepherd del 1793. Gli storici di solito cercano di collocare lo stratagemma di Megacle alla fine d’una delle tre campagne messinesi di Agatocle precedenti la sua impresa africana, ma noi crediamo che il fatto possa essersi verificato dopo, nel periodo (peraltro privo di molti dettagli) della pacificazione della Sicilia alla quale seguì la vera e propria fondazione del Regno di Sicilia.
A prescindere dalla vera datazione dell’evento, si è scelto di raccontare questa versione poiché ci dà la possibilità di conoscere quest’uomo straordinario altrimenti ignoto, eppure qui delineato con vivissimi tratti, che molto ha da insegnare a noi oggi. Comunque, che dite, una via/piazza gliela dedichiamo a Megacle? – ma non piccola o sperduta, però!, che sarebbe come non averne!
Daniele Ferrara