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“Stranizza d’Amuri” a Messina. Beppe Fiorello alla regia di una storia tutta siciliana

Man manu ca passunu i jonna / ’sta frevi mi trasi ’nda ’ll’ossa / ccu tuttu ca fora c’è ’a guerra / mi sentu stranizza d’amuri, l’amuri” canta Franco Battiato nella sua canzone “Stranizza d’Amuri”. Il brano, ispirato da un paesaggio dell’Etna, il vallone di Scammacca, racconta di una storia d’amore nata sotto il peso dei bombardamenti degli alleati. Nonostante quel dolore che affligge il mondo fuori, nel cuore di due giovani avviene una “stranezza”, una “stranizza d’amuri” che, come una febbre, divampa e si fa per loro sempre più forte. Nelle parole poetiche di Battiato, la descrizione agreste degli scenari siciliani, la concretezza greve della Storia e la leggerezza di un amore che riesce ad ergersi sopra di essa diventano un tutt’uno. La medesima simbiosi avviene nel film di Giuseppe Fiorello, “Stranizza d’Amuri”, che sceglie, già nel suo titolo, di omaggiare il grande cantautore siciliano. Anche questa storia racconta, infatti, di un amore che nasce sotto il peso della guerra; una guerra, però, diversa, quella dell’odio e del pregiudizio.

La presentazione a Messina

A presentarla al pubblico messinese saranno direttamente il regista e i suoi protagonisti. Fiorello sarà ospite, oggi sabato 15 aprile, alle 18.30, della Multisala Iris, insieme a Samuele Segreto (ballerino appena uscito dal programma “Amici” di Maria De Filippi), Gabriele Pizzurro e il giovanissimo Raffaele Simone Cordiano, nostra promessa messinese; alle 20.30, invece, ad accoglierli sarà la Multisala Apollo.

Beppe Fiorello, al suo esordio alla regia, porta dietro la macchina da presa l’amore tra Gianni Accordino (Segreto) e Nino Scalia (Pizzurro), due giovani siciliani, il cui sentimento nasce, cresce e si sviluppa tra i panorami di una Sicilia degli anni ’80 (Fiorello, in particolare, ambienta la storia nel 1982, durante i mondiali di calcio in Spagna, da cui l’Italia uscì vittoriosa). Anni – non così lontani – in cui quell’amore era considerato ben più della pericolosa “frevi” della canzone di Battiato, una vera e propria malattia da dover a tutti i costi cancellare, eliminare.

La pellicola è l’adattamento cinematografico del romanzo, del 2013, “Stranizza” di Valerio la Martire e si ispira al tragico delitto di Giarre (in seguito al quale è stato costituito il primo collettivo del Fuori! della Sicilia Orientale e fondata l’associazione Arcigay). Il film è dedicato, infatti, alle due vittime, Giorgio Giammona ed Antonio (Toni) Galatola, colpevoli soltanto di essersi amati senza paura.

Il delitto di Giarre

Il 31 ottobre 1980, i corpi di Giorgio e Toni – gli “ziti”, “i due puppi”, come erano chiamati nella provincia catanese – vengono ritrovati a Giarre senza vita, le loro mani sono intrecciate e i due si stringono in un ultimo abbraccio. Ad ucciderli sono due colpi di pistola alla testa. Inizialmente, un presunto biglietto d’addio fa ipotizzare un suicidio; quando, però, durante un sopralluogo, viene trovata una pistola con la sicura abbassata, la ricostruzione cambia. Il nipotino di Toni, tredicenne, confessa di averli uccisi dopo essere stato minacciato da loro di farlo, ma due giorni dopo ritratta, dichiarandosi innocente. I sospetti si spostano, allora, sulla famiglia. Ma il delitto di Giarre resta, ancora oggi, un mistero.

Il racconto di una storia d’amore

A Fiorello non interessa interrogarsi su tale mistero, né tantomeno trovarne delle risposte, ci lascerà unicamente presagire – ma solo qualora si conoscesse già la storia del delitto – che nel piccolo Totò (il nostro Cordiano), istruito sin da bambino a sparare con il fucile, possa adombrarsi il ruolo del presunto omicida tredicenne. La sua regia non cerca colpevoli, non condanna nessuno, mostra solo tante vittime, che siano vittime dell’odio o vittime dell’ignoranza. Manca l’approccio investigativo perché l’obbiettivo è raccontare una storia d’amore, quella tra Giorgio e Toni – che, qui, diventa quella tra Gianni e Nino – un amore capace di superare anche la morte. Fiorello lo fa, molto bene, rendendo protagonista anche la sua Sicilia, ricca di bellezza quanto di dolore.

Le Sicilia protagonista con le sue contraddizioni

Le riprese, svolte tra Marzamemi, Ferla, Buscemi, Priolo Gargallo, Pachino, mostrano una Sicilia rurale, dai panorami bellissimi, un vero locus amoenus. Atmosfere idilliache che si scontrano con la cornice di odio che le abita, paesaggi e viste al centro di un vero idillio d’amore rovinato dalla brutalità della malevolenza e del disprezzo. La bellezza di questi luoghi da sogno stride contro l’amarezza del reale, ed è la macchina da presa a valorizzarne il contrasto, a renderlo evidente, tramite l’utilizzo frequente della carrellata.

E anche l’unico contesto che appariva diverso – quello in cui cresce Nino – abitato da comprensione e amore, si rivela, poi, peggiore degli altri. Gianni vive una vita difficile, tra gli scherni e le violenze dei coetanei e il sofferto rapporto con il compagno violento della madre; la vita di Nino è, invece, diversa, le sue giornate trascorrono serene in campagna insieme ai numerosi e affettuosi familiari, che accolgono a braccia aperte anche Gianni. La famiglia Scalia si presenta amabilmente al pubblico. Il sogno, però, finisce e ogni cosa si capovolge drasticamente quando verrà a scoprire il legame tra i due ragazzi (in seguito ad una dolorosa chiamata fatta direttamente dalla madre di Gianni, punto focale dell’intero sviluppo narrativo).

Una sintonia vincente

All’immaginario potente, poetico ed emotivo evocato dai luoghi del film fa da contraltare la tangibile concretezza dei suoi personaggi: sono reali, veri, nelle loro forze e nelle loro debolezze. Riuscitissima l’interpretazione dei due protagonisti, alle loro prime esperienze artistiche. Segreto e Pizzurro sono intensi, la loro mimica è attenta e studiata ma mai artefatta, i loro sguardi si parlano e riescono a varcare il limite dello schermo.
Lasciando intravedere l’incisiva direzione di Fiorello, i due protagonisti offrono la giusta credibilità alla sua sceneggiatura, scritta con Andrea Cedrola e Carlo Salsa, sempre forte e decisa. I tempi distesi e il ritmo misurato voluto dalla regia vengono incorniciati, poi, dalla colonna sonora di Giovanni Caccamo e Leonardo Milani, cui si aggiungono melodie diverse, da Battiato ai Pooh, capaci di donare intensità ed emozione.
Un accordo di elementi vincente.

Imparare ad amare

“Stranizza d’Amuri” è una storia spontaneamente militante, senza alcuna forzatura, solo nel suo desiderio di celebrare un sentimento; un film civile nel suo racconto dell’amore; impegnato ma non didascalico; toccante ed emozionante ma mai retorico o banale.

Riempie di tenerezza e al tempo stesso di dolore, fa male, per il suo sguardo senza censure sul peso del pregiudizio, tanto quando si fa pretesto per una violenza fisica tanto quando giustifica assurdità tragiche come quella di voler far “aggiustare” Gianni. Scuote, commuove e fa pensare. E se quel tempo fatto di ignoranza e preconcetti sembra ormai superato, basta fermarsi un attimo ad osservare la nostra società, per rendersi conto che forse non è poi così lontano, forse è soltanto più silenzioso.
Bisogna, quindi, ricordare; bisogna, quindi, raccontare; bisogna, quindi, imparare ad amare. Senza “scantarsi”. È quello che insegna “Stranizza d’amuri”.

dal romanzo di Valerio la Martire

Regia: Giuseppe Fiorello

Sceneggiatura: Giuseppe Fiorello, Andrea Cedrola, Carlo Salsa

Produttore: Riccardo Di Pasquale, Eleonora Pratelli

Produttore esecutivo: Gabriele Oricchio

Casa di produzione: Fenix Entertainment, Ibla Film

Distribuzione in italiano: BiM Distribuzione

Fotografia: Ramiro Civita

Montaggio: Federica Forcesi

Musiche: Giovanni Caccamo, Leonardo Milani

Scenografia: Paola Peraro

Costumi: Nicoletta Taranta

Trucco: Jenny Zuccaro

Interpreti e personaggi

Samuele Segreto: Gianni Accordino

Gabriele Pizzurro: Nino Scalia

Simona Malato: Lina

Enrico Roccaforte: Franco

Raffaele Simone Cordiano: Totò

Antonio De Matteo: Alfredo

Anita Pomario: Giuseppina

Fabrizia Sacchi: Carmela

Roberto Salemi: Pietro