Mesi e mesi di acquietanti annunci e di vicendevoli pacche sulla spalla – denunciano Cgil Messina e Filt-Cgil Sicilia – non hanno prodotto nulla. Messina non avrà più nemmeno quello straccio di traghettamento che gli era rimasto e si comprende solo adesso perché i riferimenti istituzionali di questa città hanno preferito gli incontri riservati e si sono opposti a quel tavolo tra governo e gli attori economici e sociali della città che da oltre un anno Cgil Cisl Uil e le categorie dei trasporti hanno continuato a chiedere. Senza avere forza né statura gli abili tessitori di quegli interminabili incontri tecnici ministeriali hanno provocato a Messina ed a tutta l’isola una ennesima dolorosa mortificazione oltre che un insanabile danno economico occupazionale ed anche alla sicurezza stradale. Si perché la fine del traghettamento lo si accetti o meno condannerà questa terra al trasporto sul gommato, incrementandone logicamente i transiti, nonostante la città non abbia ancora costruito nessuna struttura idonea a contenerne l’urto.
Ma questa scelta scellerata non è nata certamente ieri – incalzano CGIL e FILT – i segnali c’erano infatti tutti e da tempo e quindi chi diceva di trattare a Roma o di difendere la città o era un credulone o peggio ancora un connivente. Lo stesso nuovo progetto per metromare enfaticamente illustrato dall’amministrazione comunale alla stampa altro non era come allora sottolineammo che la celebrazione di un sistema alternativo al traghettamento. Fs e Governo sono gli unici due soggetti che ci guadagnano da questa operazione ed Fs è stata chiara. Da giugno comincia il countdown del traghettamento nello “Stretto” dapprima lasciando solo una nave, come già fatto in Sardegna, e poi più nulla. Azienda pubblica ed istituzioni anche quelle regionali da qualche giorno non fanno a meno di ripetere a squarciagola quanto sia conveniente un collegamento veloce tra le principali tre città dell’isola e poi con il servizio da Reggio Calabria e quanto invece sia ormai obsoleto oltre che costoso perdere due ore per far traghettare anche i vagoni ferroviari. Una rivoluzione copernicana quella indicata che però inciampa sul fatto che a giugno la condizione dei collegamenti ferroviari nell’isola sarà ancora tale e quale come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 40 anni e che in questo modo si disincentiverà sempre più viaggiare in treno. Avendo a disposizione solo qualche treno notte infatti non potremo contare più sui posti a sedere e ciò contribuirà ad allungare l’interminabile fila di bus che passano sotto Palazzo Zanca e che hanno già supplito a modo loro all’incessante taglio dei collegamenti degli ultimi anni.
Lupi – si sottolinea – con buona pace di chi ha giurato sul suo impegno non metterà un centesimo in più per Messina e con una semplice operazione algebrica dirotterà i soldi del traghettamento sul bando di gara del trasporto veloce, e non sembra almeno per ora che il totale alla fine sia uguale. I passeggeri da questa trovata non avranno opportunità e condizioni migliori, soprattutto i pendolari che dovranno così rinunciare al binomio nave/ aliscafo su cui hanno regolato i ritmi della propria vita sia essa scolastica che lavorativa oppure qualsiasi altra loro necessità.
I lavoratori – denunciano con forza CGIL e FILT – saranno invece quelli più duramente colpiti con l’immediata scomparsa di quell’enorme bacino di precariato che qui da noi ha continuato ad agire da ammortizzatore sociale per centinaia di famiglie.
Il sindacato evidenzia come condizioni peggiori per la collettività, con la riduzione di infrastrutture, ed un drastico isolamento del territorio con scelte che creano condizioni sfavorevoli a qualsiasi progetto di sviluppo e di crescita, nel settimo anno di una crisi, che ha macinato i pochi posti di lavoro e le speranze di riscatto determinano una miscela esplosiva che pone questa terra a rischio sociale.
Messina – si fa presente – è una questione nazionale e le soluzioni non possono, visti i risultati, ricercarsi in ambito localistico. Invece che comunicati si ricerchi l’unità con le città dell’isola, si incalzi il governo regionale, si costruisca insieme alle forze sociali economiche e politiche una grande vertenza per rivendicare, anche se in drammatico ritardo, quel confronto con il governo nazionale per farlo recedere dai suoi nefasti propositi e per ridare a questa parte d’Italia le stesse opportunità e gli stessi diritti degli altri.