musica

Sublime “Lucia di Lammermoor” al Bellini di Catania

di Marta Cutugno

Foto di Giacomo Orlando

CATANIA – Notturna, misteriosa, gotica. È la “Lucia di Lammermoor” di Gaetano Donizetti andata in scena al Teatro Bellini di Catania dal 19 al 27 aprile con la splendida regia di Giandomenico Vaccari (assistente alla regia Alessandro Idonea). Nella rappresentazione catanese, il capolavoro di Donizetti – che vide la luce tra la fine di maggio e i primi di luglio del 1835 – trova espressione imponente e raffinata con un cast di altissimo livello. Si narra l’amore impossibile tra due giovani appartenenti a due famiglie rivali, due giovani che corrono verso un epilogo tragico di pazzia e morte. Questa potente drammaturgia sentimentale, il cui libretto è firmato dal poeta Salvatore Cammarano e ricavato dal romanzo storico di Walter Scott “The Bride of Lammermoor”, debuttò il 26 settembre 1835 al Teatro San Carlo che aveva commissionato la composizione a Donizetti.

In occasione dell’ultima replica catanese con primo cast, figure misteriose con ampi mantelli si muovono sulle note dell’ouverture, nel giardino del Castello di Ravenswood, intorno ad un calice, un teschio e una lama insanguinata: tre oggetti che, di fatto, consegnano allo spettatore la misura fortemente simbolica conferita al dramma dal regista Vaccari, che, con frequenza, sceglie di accostare  le vicende dei personaggi terreni a presenze spettrali. Le scene firmate da Alfredo Troisi sono molto suggestive. Le proiezioni sul fondo creano atmosfere raccolte e dolcemente tenebrose, pur disegnando ambienti molto grandi, sia paesaggistici che architettonici in cui spiccano colonne, scalinate, finestre e vetrate gotiche.

Gli elementi di scena sono limitati e raccolgono lo stretto necessario, una scrivania, un tavolo, poche sedie. Il disegno luci di Antonio Alario segue gli avvenimenti e i personaggi con rigore, portandone in primo piano intenzioni ed emozioni, un disegno in cui le luci irrompono e si fanno spazio entro la massima oscurità, ricorrendo anche al blu e al rosso per mettere in evidenza i particolari degli interni. La cura nei costumi – anche questi firmati da Troisi (aiuto costumista Giovanna Giorgianni) – è massima, con l’eleganza dei velluti e delle passamanerie, dei colori scuri che vestono dame e cavalieri in contrasto con la candida e velata veste di Lucia, che fluttua leggerissima e macchiata di sangue e di delitto.

Una subline Maria Grazia Schiavo

Maria Grazia Schiavo nel ruolo del titolo è incredibilmente sublime. Le sue doti vocali e l’impeccabile interpretazione hanno accolto ogni spettatore entro le sue vesti di donna passionale e fragile. Mentre è in preda al delirio e gocce di sangue giganteggiano sul fondo raccontando del suo impeto uxoricida, Maria Grazia Schiavo raggiunge apici di assoluta bellezza espressiva, in dialogo con il solista al flauto traverso che appare sul podio al posto del direttore, sostituendo la glassarmonica da copione. La prova cristallina e potente del soprano è caratterizzata da sicurezza e padronanza nelle mezze voci come nei trilli, nelle smorzature e nei filati, nitidi e delicatissimi. Per questo e in più di una occasione, il pubblico la travolge, non riuscendo a contenere l’applauso e fermando la recita. Bravo Christian Federici come Lord Ashton che indossa tutta la nobiltà del suo personaggio, grazie a buone capacità sceniche e tecniche.

Francesco Demuro è Sir Edgardo di Rasenswood. Con grande padronanza scenica ed una importante vocalità, Demuro restituisce l’amato di Lucia e rivale di Enrico Ashton con una linea di canto ferma ed un fraseggio narrativo che permea l’azione alla parola. Con sicurezza, Demuro sostiene il ruolo dell’eroe drammatico, strappando ripetuti applausi a scena aperta. Buone le performance di Marco Puggioni nel ruolo di Lord Arturo Bucklaw, George Andguladze come Raimondo Bidebent, Claudia Ceraulo nel ruolo di Alisa e Nicola Pamio come Normanno.

La direzione orchetrale del M° Stefano Ranzani è più che solida ed ha sorretto egregiamente partitura e interpreti. Calibrando al meglio volumi, tempi e andamenti, il M° Ranzani ha riletto con partecipazione, grande gusto e personalità le pagine donizettiane della Lucia, alla guida dell’ottima Orchestra del Teatro Bellini, protagonista di grandi finezze e di quella fermezza necessaria a cementare il rapporto tra buca e palcoscenico, qui assolutamente privo di difetti.

Menzione speciale va al Coro del Teatro Massimo Bellini guidato dal M° Luigi Petrozziello che, con la consueta precisione dei suoi interventi, si conferma formazione al totale servizio della partitura.

Lunghissimi applausi al termine della rappresentazione attestano molti apprezzamenti per questo allestimento romantico e fortemente emozionale che, in maniera parecchio significativa, ha messo insieme i tanti tasselli di un grande successo.

Marta Cutugno