Un manifesto contro il degrado, un decalogo per il futuro. La Zda, associazione (anzi, un network, così amano chiamarlo gli organizzatori) il cui nome è acronimo di Zona d’arte ad alto rischio di contaminazione, ha presentato stamani, a Palazzo dei Leoni, le prossime iniziative inerenti «la battaglia per la liberazione e la riqualificazione della Falce di Messina». Una battaglia non da poco, che significa riconquista della porzione storica più pregiata della città, abbandonata oggi in un vergognoso stato di degrado. La Zda proporrà alla cittadinanza un “manifesto” sulla Zona falcata, in particolare ai rappresenanti più autorevoli del mondo della politica, delle professioni, della cultura. «Chiederemo – ha spiegato Piero Adamo, fondatore del network – ad un intera classe dirigente cittadina di
condividere o no il modello di sviluppo che proponiamo per la Zona Falcata. Prendiamo anche l’impegno di rendere noto chi non sottoscriverà il manifesto affinchè la città e la stampa possano interrogare chi non è d’accordo, per farsi spiegare il modello di sviluppo che propone». L’obiettivo è chiaro: fare uscire dall’equivoco e dall’incertezza una certa parte di classe dirigente di questa città.
La sottoscrizione del manifesto inizierà domenica, in occasione della visita alla Zona Falcata organizzata insieme con l’associazione “Amici del Museo”, l’istituto italiano dei Castelli ed il Touring Club sezione di Messina. Inizierà alle 10 con concentramento previsto presso il piazzale d’imbarco delle Fs in via San Ranieri. Oltre ad Adamo, alla conferenza sono intervenuti Marcello Finocchiaro, componente del network ed esperto del presidente della Provincia per le tematiche giuridiche in ambito portuale che ha illustrato il problema del conflitto di competenze fra Enti nella Falce, e lo storico Franz Riccobono, che ha illustrato gli aspetti storici dei numerosi tesori presenti nella Falce.
Ma cosa propone, Zda, nel manifesto sulla Zona Falcata? Ad esempio la realizzazione nella Falce di strutture piccolo-ricettive (alberghi, bed & breakfast, ostelli della gioventù), ristoranti, bar, terminal croceristico, porticcioli turistici, ma anche un parco divertimenti, un acquario, il Centro di documentazione d’arte contemporanea. «Il tutto nel pieno rispetto del territorio e dell’ambiente», ma anche garantendo la salvaguardia della cantieristica navale, da integrare con «un nuovo piano di sviluppo sociale ed urbano». Il network Zda dice dunque no al Punto Franco, no all’industrializzazione dell’area, no al bunkeraggio, sì all’approvazione di un piano regolatore del porto condiviso. Sviluppo e turismo. Un’utopia? Per i più scettici forse sì. Ma crederci sembra proprio un obbligo.