Astenersi benpensanti. Il Festival raccontato ai lettori di TempoStretto

La 61esima edizione del Taormina Film Festival sta per volgere al termine.

Avremmo voluto raccontare un Festival diverso, sfavillante, allegro. Purtroppo non è andata così. L’unica allegria che abbiamo riscontrato è quella che caratterizza il parafestival, quella della fauna umana che nel Festival e del Festival si nutre. Una piccola, ridente ed immutabile commedia dell’arte.

Mangiafuoco: l’hairstylist Glam&Arrogante con la verità in tasca (almeno su trucco e parrucco).

Signorine vistose: complemento d’arredo un po’ sgangherato che ha libero accesso a tutti gli eventi mondani in quanto appendice dei vari partecipanti a vario titolo.

Staff: che sia quello dei parrucchieri, della ristorazione o della stessa organizzazione generale poco conta: crudele e in branco.

Giornalisti stranieri: catapultati nel sottovuoto culturale di una manifestazione dai toni grigi, vagano increduli tra un Bova e un Bisio domandandosi “Who’s that man?”

Marchettari: nella vita quotidiana appena un gradino sopra gli schiavi, si trasformano nei festival con inaudito vigore. Spesso insospettabili, si avvicinano con una scusa qualunque e all’improvviso fanno richiesta di un #pezzomarchetta. In cambio di una Coca Cola. Light.

Maestri di cerimonia: selezionatori di esseri umani agli eventi mondani. Ricoprono il ruolo di Dio nel “Giudizio Universale”, decidendo chi può e chi non può essere ammesso all’evento. Versione gaia e mondana dei più pragmatici nazisti che caricavano i treni per Auschwitz. (Frase cult: “Signori, questo posto sembra la hall di un albergo”. Detto nella hall di un albergo).

Doppio ufficio stampa: FS e Frecciarossa. FS si ferma ancora nelle scalcinate stazioni di campagna. Frecciarossa tira dritto.

Richard Gere: l’immagine straziante di un uomo che si trascina dietro il suo film indipendente, nella valigetta, all’oscuro di tutti. L’organizzazione, del tutto ignara, programma dunque una proiezione a sorpresa di “Time out of Mind” costringendo Venditti a raccontarsi in un sottoscala.

Borse: l’amore rinnovato tra le donne e le proprie borse. Patricia Arquette e Nastassia Kinski non se ne separano mai. Nemmeno sul palco, durante la premiazione.

Regista autoctono: marchettaro artistico, sempre imbrigliato in camicie color salmone, flirta ingenuamente con le grandi produzioni. Tanti biglietti da visita distribuiti e tre kg presi nei vari buffet.

Pubblico: per tutti il Festival è finito con la partenza di Ellen Pompeo. Ellen Pompeo. Ellen Pompeo. “Aspetta, ma quello non è Siani?”

Giuseppina Borghese – Domenico Colosi