“Fateci fare i cristiani. Se non lo facciamo noi, chi lo deve fare?”. È l’appello che la Chiesa Valdese ha rivolto al Governo italiano dopo la tragedia del naufragio di 400 persone il 3 ottobre del 2013, quando decise di andare oltre le prese di posizione pubbliche e pose il problema di dover fare qualcosa di concreto per i migranti. Trasformando così l’impegno ideologico in impegno pratico e mettendosi in moto per l’attivazione di corridoi umanitari necessari per portare in Italia mille persone individuate tra chi viveva nei campi profughi del Libano. A raccontarlo durante uno degli appuntamenti organizzati anche a Messina nell’ambito dei festeggiamenti internazionali per il 500° anniversario della Riforma protestante il pastore Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola Valdese.
Tema dell’incontro, appunto, "Corridoi umanitari: la scelta dei valdesi". Ad aprire i lavori il pastore della Chiesa Valdese di Messina Rosario Confessore, che ha sottolineato come questa decisione “sia da valutare come centrale nella nostra vocazione, non solo perché facciamo qualcosa per questi fratelli, ma perché nella relazione con chi ha bisogno troviamo la nostra capacità di essere solidali e la nostra umanità. Dobbiamo recuperare il rapporto diretto con le persone e i corridoi umanitari sono un primo passo verso un nuovo inizio e la ricostruzione di rapporti sociali”.
Subito dopo ha preso a parola Luciano Griso, medico dello staff in Libano di Mediterranean Hope (il progetto della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia interamente finanziato dall’Otto per Mille della Chiesa evangelica valdese e attivo dal 2014), che ha spiegato le ragioni che hanno determinati i fenomeni migratori degli ultimi anni. “Le guerre, ovviamente, ma anche il terrorismo. Un terrorismo feroce, che non rispetta nulla e che non è rivolto verso gli occidentali, ma verso la nazione al proprio interno. Pesano molto anche i cambiamenti climatici -ha poi aggiunto Griso- che sono determinati dalle attività dell’uomo e dai modelli di sviluppo. È quindi ipocrita distinguere tra l’immigrato economico (che viene rispedito a casa) e il rifugiato”. Presenti anche i ragazzi della IV D del liceo Seguenza, accompagnati dall’insegnante Carmela Giacobello. Uno di loro, Claudio Cardile, ha raccontato la loro esperienza sul tema dell’immigrazione nell’ambito del progetto Erasmusplus KA2 Embrace, fortemente sostenuto dalla preside Lilia Leonardi.
A chiudere i lavori il moderatore Eugenio Bernardini, che ha posto l’accento anche sul rifiuto verso i migranti. “Quando vedo avversione ( quando non odio), mi faccio delle domande su questo atteggiamento verso chi ha bisogno. Nell’Ecclesiaste c’è scritto che c’è un tempo per ogni cosa. Ecco, adesso è il tempo di aiutare chi è nell’emergenza, poi verrà il tempo fornire aiuto nei loro Paesi di origine. E ricordiamo che ci sono milioni di persone che non emigrano non perché non vogliano farlo, ma perché non hanno le forze per farlo”. Importante anche il passaggio sul volontariato. “Senza volontariato l’Italia sarebbe un disastro e chiediamo con forza che ognuno faccia la propria parte”. Guardando avanti, il moderatore della Tavola Valdese ha avvertito: “Non basta fermarsi all’emergenza, bisogna passare all’integrazione, ma su questo punto ci vuole l’impegno di tutta la società. Si devono individuare valori comuni sui quali costruire un patto da non infrangere e capire che ci posso essere identità più piccole delle altre. È una grande sfida e non possiamo sottrarci”.