Il glutine è una componente proteica presente in alcuni cereali, tra i quali frumento, farro, orzo, kamut e segale. Per quel che riguarda l’avena la questione è controversa, quindi, si suggerisce il consumo solo di quella contenuta negli alimenti che il Ministero della Salute ha inserito nel Registro Nazionale dei prodotti gluten-free.
La celiachia è una malattia genetica di tipo autoimmune che causa, in risposta all’assunzione di glutine, la produzione di anticorpi che attaccano la mucosa dell’intestino tenue fino a distruggere i villi che consentono di assorbire nutrimenti e minerali. Oltre all’infiammazione cronica, questa patologia può provocare malassorbimento e, nei casi più gravi, malnutrizione.
Colpisce l’1% della popolazione con un’incidenza tre volte superiore nelle donne rispetto agli uomini ed è irreversibile. Seguire una dieta rigorosamente priva di glutine, per tutta la vita, è l’unica terapia.
Può essere diagnosticata con assoluta certezza attraverso la sierodiagnosi, ovvero la ricerca degli anticorpi specifici nel sangue, e la biopsia della mucosa duodenale. Si tratta di indagini specifiche che lasciano poco spazio al “fai da te” o a test improvvisati, oltretutto non esiste un elenco preciso di disturbi e la malattia può presentarsi anche in forma asintomatica.
Negli ultimi anni si è scatenata una vera e propria battaglia al glutine e si è erroneamente diffusa la convinzione che privarsi di questa proteina possa avere effetti dimagranti o comunque benefici.
Una tendenza alimentare favorita da mass media, personaggi famosi ed aziende della filiera alimentare. Solo in Italia, circa sei milioni di persone seguono una dieta aglutinata senza una reale esigenza: sono i “celiaci per moda”. Non solo sprecano, più o meno, cento milioni di euro l’anno per prodotti di cui non hanno bisogno ma rischiano di provocare danni alla salute. Molti preparati gluten-free, inoltre, sono ricchi di zuccheri, grassi ed additivi.
A lungo andare, una dieta priva di glutine può favorire patologie cardiovascolari e metaboliche. I celiaci, infatti, devono essere seguiti da professionisti che controllino l’assunzione dei micronutrienti necessari.
Il paradosso è che mentre un numero sempre crescente di persone si priva del glutine totalmente o in modo occasionale, senza alcuna necessità e nella convinzione di adottare una scelta salutista, tante altre affette da celiachia non sanno di esserlo. In entrambi i casi, i rischi per la salute sono notevoli.
Addirittura se un soggetto che non sa di essere celiaco, di sua iniziativa, si priva del glutine, per il medico diventerà più difficile diagnosticare la malattia perché non troverà infiammazione né altri sintomi.
Il glutine, invece, non è dannoso per i soggetti sani e questa moda alimentare di escluderlo dalla dieta è priva di fondamento oltre che molto pericolosa. Bisogna variare gli alimenti che fanno parte della dieta, esistono tanti tipi di cereali, non si dovrebbe mangiare solo frumento.
Anche se il glutine è collegato a diverse altre patologie quali sensibilità non celiaca, sindrome del colon irritabile e morbo di Crohn, la diagnosi spetta esclusivamente al medico così come la prescrizione della terapia e del regime alimentare più appropriati.