Requiem per Carmelo (Bene)

Sembra la Winnie beckettiana di Giorni felici Patrizia Baluci in questo suo Requiem: Remedia Teatri di cui è protagonista, scenografa, costumista, regista e ideatrice d’un testo mutuato da Il canto del cigno di Cechov e dai Remedia amoris di Ovidio. Uno spettacolo in cui la Baluci, voce rochita di bianco vestita, seduta su uno scranno coi piedi in un bacile d’acqua con a lato un manichino di donna e un drappo bordeaux a forma di croce e dall’altro una piantana con campanellini, riflette ad alta voce un po’ in dialetto, un po’ in lingua, un po’ in inglese, sul destino dell’attore e sul futuro del teatro. Per lei il palcoscenico è marcio, come la Danimarca di Amleto e come quel vecchio attore del breve testo cechoviano, delirerà come una bambina versi shakespeariani in compagnia del senescente suggeritore. I distici di Ovidio le serviranno solo per evitare eccessivi coinvolgimenti dei sentimenti amorosi, sdoppiandosi in questo suo monologo tra chi spera che il gioco teatrale possa continuare e tra chi vorrebbe abbandonarlo dicendo basta a questo pavoneggiante mestiere. Non potranno aiutarla né la Madonna né il Cristo, di cui ad un tratto, facendo scivolare quel drappo rossastro, assumerà medesime fattezze in croce, né tanto meno quel Carmelo (Bene!) cui spesso si rivolge per trovare risposte senza risposte. Udrà solo un puzzo tremendo, alla fine, proveniente da un lampada sulla graticcia che vomiterà rumorosamente sulla scena una gran quantità di lattine vuote. Buio e applausi caldi del pubblico della Sala Laudamo per questo spettacolo che conclude la rassegna Genius Loci ideata da Dario Tomasello.- Gigi Giacobbe