Toni Servillo: sintesi di un attore tra Gomorra e Goldoni

“Recitare per me in Teatro è un lavoro quotidiano… Mi sento un operaio dello spettacolo… Al Cinema non penso in maniera snobbistica…Mi piace alternare Cinema e Teatro anche se per me il teatro è un laboratorio dove l’attore riflette su questo mestiere..Il Teatro poi per me è un luogo dove delle persone riunite in assemblea delegano all’attore la responsabilità di testimoniare ciò che d’importante per il pensiero e le emozioni è certamente un testo”.-

E’ Toni Servillo a parlare del suo lavoro nei camerini del Vittorio Emanuele qualche ora prima d’una replica della sua osannata Trilogia della villeggiatura di Goldoni, da poco insignita del prestigioso Premio Ubu quale migliore spettacolo dell’anno, di cui lui cura adattamento e regia, riservando per sé il ruolo dello “scroccone “ Ferdinando, dai modi affettati e riverenti per meglio entrare nei cuori di chi gli sta attorno. Ha iniziato presto Servillo a far teatro. A 18 anni. A Caserta, fondando il Teatro Studio e dirigendo e interpretando una serie di spettacoli come Propaganda, Norma e Guernica. Collabora poi con il gruppo “Falso Movimento” interpretando Ritorno ad Alphaville di Mario Martone e mettendo in scena alcuni testi di Eduardo. Nel 1987 è tra i fondatori di Teatri Uniti partecipando come attore e regista a due dei più significativi lavori di Enzo Moscato: Partitura e Rasoi. Tra il 1995 e il 2005 Servillo realizza una trilogia di commedie francesi ruotanti intorno al secolo dei lumi come il Misantropo e il Tartufo di Moliere e Le false confidenze di Marivaux, proponendo in quegli anni per parecchie stagione e con grande successo Sabato domenica e lunedì di Eduardo. Sono gli anni in cui dirige pure alcune opere liriche come Le nozze di Figaro di Mozart, L’italiana in Algeri di Rossini, il Fidelio di Beethoven e altre ancora e il Cinema è lì dietro l’angolo ( Le conseguenze dell’amore e Il divo di Paolo Sorrentino, La ragazza del lago di Andrea Molaioli e Gomorra di Matteo Garrone dal noto romanzo di Saviano ) dandogli una notorietà ancora maggiore. E non è un caso che al suo primo apparire alla “prima” della Trilogia della Villeggiatura, il pubblico del Vittorio Emanuele gli ha tributato un sonoro e affettuoso applauso.

Cosa si prova a 50 anni a vincere un Premio prestigioso come l’Ubu?

“ E’ un motivo di grande soddisfazione. Non solo per me, ma per tutti coloro, attori, scenografi, costumisti, lucisti e tecnici e quanti altri ancora, hanno preso parte a questo progetto di spettacolo lavorando e credendoci fino in fondo. Certamente l’Ubu, cui vi partecipano i più importanti critici italiani, è il Premio di Teatro più ambito dai teatranti e questa, dopo Sabato domenica e lunedì, è la seconda volta che ci viene assegnato”.

Questo Goldoni della Villeggiatura a parere di tanti critici, compreso il mio, somiglia ad un vaudeville di Cechov, in particolare lì dove i protagonisti sembrano stazionare in abiti color panna non in un giardino di ciliegi ma in un luogo di campagna agghindato di sole foglie verdi e invece che bere tè da un samovar sorbiscono tazze di cioccolata e giocano a carte rilassati. E’ un’idea di Strehler che lei ha cavalcato o cos’altro?

“ E’ una mia scelta scenica, un linguaggio dello spettacolo che poggia sulla recitazione e sugli attori tutti. E’ stata Anna Banti in un suo libro del 1961 titolato “Opinioni” ad accostare Goldoni a Cechov. Lo stesso Strehler nella sua messinscena del 1954 vide nel 3° atto questa atmosfera malinconica che si ripiegava su sé stessa e Giacinta (qui interpretata da Anna Della Rosa), diventava vittima di quella società, incapace di progettare un futuro. A differenza di Strehler per me questa giovane donna che si districa tra due uomini, non è vittima ma espressione di quella società settecentesca. Io sono andato su una ruota più cinica facendo di Giacinta un impasto di malinconia misto ad un empasse trattenuto, non vissuto appieno. Sul perché poi gli attori stazionano spesso sul proscenio o scendono giù in sala, è una mia scelta registica: permette allo spettatore quasi di annusare e sentire le loro battute, avvertire le sfumature, osservare a tu per tu le loro facce, ravvisare un sapore cechoviano”.

Lei ha lavorato tantissimo in Teatro e ora anche nel Cinema. Che rapporti ha con la TV?

“ In televisione ci sono stato due tre volte. In trasmissioni di taglio giornalistico di politica culturale. Sono stato da Fabio Fazio e da Lucia Annunziata. La Tv, che certamente ti dà la notorietà e tutti ti fermano per le strade chiedendoti l’autografo, non offre approfondimenti e non tutela gli attori. Non è il mezzo che porta alla migliore espressione e valorizzazione di quello che facciamo”.

Che rapporti ha al momento con Martone e Moscato, due suoi amici e due veri talenti sia in Teatro che al Cinema?

“ Sono sempre in contatto stretto e legato a loro due da grande amicizia. Giusto una settimana fa sono stato invitato a Milano ad una manifestazione legata ai dialetti e io ho recitato davanti a 1200 spettatori il monologo di Rasoi di Moscato. Quanto a Martone ho preso parte ad un suo film di prossima uscita sul Risorgimento che s’intitola Noi credevamo e io faccio un cammeo vestendo i panni di Giuseppe Mazzini”.

Come proseguiranno le repliche di questa Trilogia di Goldoni?

“ La prossima settimana siamo al Biondo di Palermo con alle spalle più di più di 200 recite. Poi questa Trilogia verrà proposta anche l’anno prossimo non solo in Italia ma anche a Parigi, Berlino, Mosca, San Pietroburgo, New York, Budapest, Cracovia”.

E dopo questa lunga cavalcata quale sarà lo spettacolo che proporrà in Teatro?

“ Al momento non penso a nulla. Mi riservo di comunicare cosa farò in Teatro e se prenderò parte a qualche film”.-