Una danza che diventa spesso lotta, tra l’uomo e quel che ha saputo creare, tra l’intelligenza e il progresso, tra la forza creativa dell’uomo stesso e la tendenza voler piegare l’habitat circostante, le regole della natura. Sullo sfondo le tante sfumature di azzurro, quasi una cornice che incastona tra cielo e mare gli scorci nitidi di questa lotta. Il maestro Filippo Minolfi torna ad esporre le sue opere a Messina, con la mostra Navigando nel futuro, che inaugura mirabilmente la stagione 2017/2018 della sezione “Arti visive” del Teatro Vittorio Emanuele.
Minolfi, 87 anni, è un artista-poeta eclettico, che sa spaziare dal disegno all’incisione, dalla pittura alla scultura, soffermandosi ad osservare, una realtà storica che ha visto l’uomo diventare padrone delle macchine e quindi del mondo circostante, ma finire, col passare dei secoli, con il restarne soffocato, mettendo a repentaglio la sua stessa vitalità e libertà. Nei quadri di Navigando nel futuro spiccano relitti in legno ed in ferro che rappresentano il rapporto tra l’uomo e la sua energia creativa e la macchina. L’uomo contemporaneo, dopo aver piegato la natura e i materiali ai suoi voleri ed ai suoi obiettivi, oggi anela ad un recupero di spiritualità anche attraverso un rinnovato rapporto col mondo. Una rinascita però che sembra quasi venirgli negata da ciò che egli stesso ha creato, quelle macchine che adesso, quasi animate di una forza metafisica, sembrano opporsi a questo anelito.
Da qui la denuncia che viene fuori dalle opere del maestro barcellonese, un grido di amarezza e rabbia che emerge dall’accostare queste forme di metallo, relitti di archeologia industriale, al legno, immergendoli nel contesto di azzurro, come sospesi tra il cielo e il mare. C’è un grido d’allarme verso una società che sta perdendo d’umanità e di rispetto verso l’ambiente circostante.
Nelle sue opere il rapporto tra la luminosità dello sfondo ed i colori netti dell’oggetto dà l’impressione che fluttuino nell’aria, creando un aspetto tridimensionale. Come ci ricorda Laura Mauro nel catalogo di presentazione “la metafora Minolfiana, sebbene sembri evocare l'aeropittura del Futurismo siciliano per quel senso di velocità e dinamicità, in realtà se ne discosta perché in essa non c'è la voglia di evasione quale ricerca del viaggio, bensì volo nel cielo come distacco dalle cose dalle cose terrene. C’è infine un’altra grande qualità nelle opere di Minolfi, nella modernità delle sue grandi tele si cela una longevità artistica che lo rende più attuale dei suoi stessi contemporanei”.
Rosaria Brancato