“La scelta di affidare la telecronaca di una partita di basket a un bambino, da parte della Fortitudo Messina nella gara contro Adrano, in serie C Silver, dimostra quanto venga considerata superflua la figura di un giornalista telecronista con competenze specifiche sulla pallacanestro, sport che in Italia ha decine di migliaia di atleti a vari livelli”.
Assostampa Siciliana, sindacato unitario dei giornalisti, e Ussi (Unione stampa sportiva italiana) Sicilia stigmatizzano l’episodio e si augurano che non abbia più a ripetersi. “Fare la cronaca di una partita, al di là della disciplina, implica professionalità, rispetto di regole deontologiche e competenze che un bambino non può avere, né un lavoro può essere considerato un semplice gioco o svago”.
Sulla stessa linea l’Ordine dei giornalisti di Sicilia, che “esprime indignazione e disappunto. Un episodio che si inserisce in un quadro storico già segnato dai troppi telecronisti che esercitano abusivamente la professione di giornalista. L’utilizzo di un bambino risulta peraltro offensivo nei confronti dei giornalisti cui compete il ruolo di telecronisti. Invitiamo a un maggior senso di responsabilità, oltre che al rispetto delle norme deontologiche e delle leggi vigenti”.
La Fortitudo Messina ha voluto abbassare i toni: «Se abbiamo trasgredito delle regole importanti ce ne scusiamo. Il bimbo era divertito dalla possibilità di parlare in telecronaca» e accanto a lui aveva la madre e la zia.
Tra i giornalisti, però, c’è anche chi non è d’accordo. I consiglieri di “Fare ordine”, Arena, Ferro, Mannisi e Mulè, “si dissociano dal comunicato diffuso dall’Ordine dei giornalisti di Sicilia. L’unico intervento possibile da parte dell’istituzione professionale sarebbe dovuto essere semmai, laddove ne ricorressero le condizioni, a tutela del piccolo, in base alla Carta di Treviso, che vieta di impegnare i bambini “in trasmissioni televisive e radiofoniche che possano lederne la dignità o turbare il suo equilibrio psico-fisico” e che obbliga ad evitare di coinvolgerli” in forme di comunicazione lesive dell’armonico sviluppo della personalità, e ciò a prescindere dall’eventuale consenso dei genitori”. Consenso che, nel caso specifico, c’era stato”.
I quattro giornalisti osservano poi “che l’episodio risulta unico, non reiterato nel tempo e dunque assolutamente sporadico e occasionale e, con tutto il rispetto per i nuovi canali di comunicazione, riguarda un evento postato su un social network e non su una testata giornalistica. Leggiamo invece nel comunicato dell’Ordine un inopinato attacco al bambino, oltre che alla società sportiva che avrebbe consentito la telecronaca. La rivendicazione di tipo sindacale appare del tutto fuori luogo, in un caso del genere, in cui tra l’altro il “telecronista che esercita abusivamente la professione di giornalista” – su Facebook, va ribadito – ha sette anni, esattamente la metà di quelli necessari per poter essere imputabili e dunque considerati responsabili di qualsiasi comportamento”.