Vent’anni di media per realizzare un’opera pubblica non bastano a fare di Messina un “caso speciale”, perché purtroppo è un dato che la allinea con quelli di altre realtà meridionali e adesso anche del centro-nord, perché il “vizietto” è diventato contagioso. E’ una delle prime considerazioni fatte dal ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca, a Messina nell’ambito di una serie di ispezioni effettuate tra la Sicilia, la Campania e la Calabria per verificare se, come e in quanto tempo sono stati spesi i soldi dell’Unione Europea finiti nei mille rivoli delle opere pubbliche. In città l’ispezione è stata fatta ad un’opera che ha ottenuto il bollino rosso del Ministero, il parcheggio d’interscambio Zaera sud.
“Non possiamo parlare di Messina come di un caso speciale- dichiara il ministro- semplicemente perché nelle stesse condizioni ci sono altre realtà regionali, come la Campania, e di recente anche diverse zone del centro-nord. I problemi si verificano perché non si interviene senza pensare al “cosa se ne farà”, ma si pensa solo all’attenzione ai risultati che chiedono i cittadini”.
Anche se gli uffici di Palazzo Zanca ribadiscono che sul parcheggio Zaera Sud il Comune ha le carte in regola e può essere attivato quanto prima, la realtà delle opere pubbliche messinese è sotto gli occhi di tutti, uno stadio realizzato in 18 anni, gli svincoli che sfiorano il ventennio, il Palacultura che prima di essere inaugurato ha dovuto soffiare decine di candeline, per non parlare del Museo regionale.
“I tempi sono lunghi perché non c’è pressione né attenzione sul risultato finale- continua il ministro Barca- Si attribuiscono i ritardi alle procedure ma in realtà manca la strategia, quella che porta a dire: qui si deve intervenire per realizzare questo ed in questi tempi. In Sicilia ho potuto constatare che ci sono casi in cui invece l’opera è stata realizzata in tempi ragionevoli. Dipende dall’avere le idee chiare sul risultato finale. Spesso dietro tempi lunghi c’è solo la confusione sui risultati finali”.
Proprio per evitare il fenomeno delle opere-lumaca che si rivelano poi persino inutili a inaugurazione avvenuta, il ministero ha deciso di cambiare registro avviando una serie di ispezioni e sopralluoghi a scadenza periodica ed a tappeto in modo che i controlli diventino la regola e non l’eccezione. L’obiettivo è seguire passo per passo le singole opere proprio per evitare gli errori del passato, scongiurare i rischi di incompiute e lasciare sempre accesi i riflettori sul territorio, nonché far sì che vengano davvero compiute le infrastrutture necessarie. Ed a proposito di opere necessarie, quando si passa dallo Stretto e si è un rappresentante del governo, per giunta ministro della coesione territoriale, impossibile evitare le domande sul Ponte, soprattutto in piena campagna elettorale quando, come sempre, diventa il leit-motiv da propinare agli italiani tra le promesse.
“Il Ponte è un’opera che serve a mobilitare la fantasia, infatti spunta sempre l’argomento in campagna elettorale- continua il ministro- ricordo che alla fine degli anni ’90 venne avviata una riflessione sulla necessità dell’opera. Rispetto ad allora un fatto è certo, oggi il passeggero che lascia la Sicilia lo fa volando. E’ su questo che dobbiamo riflettere, serve la connettività tra la regione e l’Italia, tra Messina e Reggio, ma deve essere realizzata senza un forte impatto ambientale e questo lo dico anche tenendo in considerazione il collegamento nello Stretto”.
Il governo Monti sul Ponte non ha preso una decisione netta, né su un fronte né su un altro, ed è stato come “congelare” la decisione anche alla luce di una penale salatissima da dover pagare all’impresa e che supera i 300 milioni di euro da dover sborsare in caso di mancata costruzione.
“Il governo ha ritenuto necessario verificare se in giro per il mondo ci sono realmente dei privati in grado di investire in questo progetto e di volerlo costruire. Quindi abbiamo detto, verifichiamo se ci sono finanziamenti privati che possono affiancare il pubblico e soltanto dopo si può decidere cosa deve fare il governo”.
In realtà proprio quel commento, basato su dati reali, e cioè che in Sicilia ormai chi parte o arriva come passeggero, lo fa in gran parte volando è la prova che in ogni caso qualsiasi considerazione e decisione dovrà tenere in conto il fatto che dal primo giorno in cui si è sognato il Ponte sono passati almeno 60 anni e nel frattempo il mondo non si è mai fermato.
Rosaria Brancato