La vicenda delle ex Province è ormai un caso da segnalare ad Amnesty International. Se Crocetta ha deciso di ucciderle tanto valeva farlo subito, quel maggio 2013, con un colpo solo, invece di condannarle ad un’agonia, ad una tortura che sta sconfinando nel “sadismo” politico. Non si sa se sia più corretto parlare, dopo 2 anni della farsa della riforma, di tentato omicidio o tentato suicidio. Lasciar agonizzare gli Enti e soprattutto il personale e i cittadini-utenti (mi riferisco ai servizi) per due anni senza far balenare alcuna certezza nel futuro non si sa se sia un’istigazione al suicidio o un tentato omicidio vero e proprio.
Ma niente paura, perché Crocetta non è solo in questa “cottura a fuoco lento”. L’intera classe politica siciliana è complice del governatore in questa farsa di una riforma che tra bozze fatte e rifatte, ddl cambiati più del mutare delle stagioni, emendamenti, colpi di scena, ripensamenti, finti litigi, è durata due anni senza che si sia arrivati al traguardo. Ci sono stati persino Comuni che lo hanno fatto sul serio il referendum per dire la loro, salvo poi scoprire che non aveva alcun valore. Nel frattempo la riforma Delrio, partita dopo i nostri eroi, ha tagliato il nastro già da un pezzo per le altre province del Paese.
E’ vero che abbiamo uno Statuto che è antecedente della Costituzione, e di questa autonomia ne facciamo un vanto ed a questo Statuto ci appelliamo per la barzelletta dei Liberi Consorzi, ma la riforma delle ex Province sta richiedendo persino più tempo di quello speso dai saggi dell’Assemblea Costituente…..
Pensavo a tutto questo nel guardare le immagini della protesta, contestuale nelle ex Province dell’isole, di un personale che non sa di che morte morirà domani. Dopo 2 anni di agonia spunta infatti l’ombra del default, perché i nostri politici, intenti nelle manovre dell’Aula, hanno lasciato che mentre i “medici si consultano il paziente tira le cuoia”, così con i tagli in arrivo e senza che si siano risolti i nodi relativi alle competenze ed alle funzioni dei Liberi Consorzi, le casse sono all’osso. Mancheranno risorse per i dipendenti, per la manutenzione strade provinciali, per gli istituti scolastici superiori, per l’assistenza ai disabili. Questo è il frutto di quella che gli oppositori di Crocetta chiamano “la riforma Giletti”, avvenuta con uno spot in diretta Tv all’Arena. Era solo l’ultimo in ordine di tempo degli annunci tv, dopo il taglio degli stipendi e le norme per i politici inquisiti, ma è stato quello che ha fatto più danni di tutti gli altri. A pagarlo sulla loro pelle sono stati i cittadini.
Dopo i proclami televisivi, tornato in Sicilia, il governatore non ha perso tempo. Nella primavera del 2013 ha abolito la democrazia rappresentativa nelle Province. Al grido di, anzi con lo slogan: “tagliamo gli sprechi”, ha cancellato Giunte e consigli provinciali, sostituendo presidenti e consiglieri legittimamente eletti dal popolo con commissari straordinari nominati da lui e dai suoi alleati, e che da due anni, di proroga in proroga, governano senza opposizione di alcun tipo come dei vicerè. Annullate quindi le elezioni per il rinnovo degli organismi rappresentativi ha disseminato di commissari le ex province, sperando in cuor suo che l’Ars avrebbe celermente varato la prima riforma degli Enti intermedi in tutta Italia. Pensava quindi ad una “vacatio” breve ma così non è stato perché partiti e governo non sono stati d’accordo su nulla, tranne che sul cambiare il nome a quel che ormai resta degli Enti, divenuti pomposamente Liberi Consorzi tra Comuni. L’unico effetto scatenante è stato il caos mentre nel frattempo si è innescato un meccanismo tale che ha portato a stritolare le casse delle ex Province, ormai incapaci di fornire i servizi minimi. Siamo ormai alla dismissione dei beni.
Le proteste quotidiane dei genitori di diversamente abili rimasti senza assistenza, di lavoratori di cooperative senza stipendi e diritti, di rappresentanti di comuni che lamentano la condizione delle strade in stato di abbandono, dei dipendenti che non sanno che futuro avranno (in quale luogo, per strada, in quale ente e per quanto tempo), sono la prova che più gli sprechi, quel colpo di penna, ha cancellato tutto. Il governatore si era convinto che i commissari avrebbero avuto la bacchetta magica e poteri miracolosi, al punto che quando nominò Ingroia commissario nella ex Provincia di Trapani annunciò che questo avrebbe comportato una svolta nella cattura di Matteo Messina Denaro, dimenticando che le competenze sono altre, vanno dalle strade alle scuole e mille altri settori. Questa “dimenticanza” su quelle competenze e funzioni che per decenni hanno avuto le Province ha fatto sì che due anni di balletti in attesa della riforma riducessero allo stremo gli Enti.
Purtroppo l’agonia continua, perché siamo alle prese con il delitto perfetto. Ad aprile ancora una volta l’Ars non ha varato la riforma, rinviando dibattito e voto (che si stava trasformando nella Caporetto del governo) e prorogando fino a fine giugno i commissari che possono contare su risorse al lumicino. La riforma tornerà in trincea, perché questa è diventata l’Assemblea, dopo le elezioni, e già questo fa capire in che clima di resa dei conti post-voto avverrà l’esame della riforma infinita. Difficile che quel che non è stato fatto in due anni venga esitato in pochi giorni. Resta da riempire di contenuti quella scatola vuota che è la riforma, dalle funzioni, alle indennità, alle elezioni di primo o secondo livello. Resta il capitolo delle Città Metropolitane. L’agonia durerà tutta l’estate e i commissari andranno nuovamente in proroga. Una “fine” lenta che sembra quasi un’istigazione al suicidio di un Ente che vanta comunque, al di là della facile retorica anti-casa, decenni di interventi per il territorio e lo si vede adesso che le risorse sono state tagliate. Forse qualcuno spera che personale e Province si dissolvano nella notte per risolvere così tutti i problemi, ma non sarà così, i lavoratori marceranno a Palermo e faranno bene. Ma il responsabile, è bene ricordarlo, non è solo Crocetta. E’ un’intera classe politica che nel bene o nel male non ha saputo né voluto trasformare lo spot in un’occasione.
Rosaria Brancato