Cinque imprese di costruzioni e di estrazione di materiale di cava ed il relativo patrimonio aziendale, una villa, diversi autoveicoli, alcuni appezzamenti di terreno e numerosi conti correnti bancari, per un valore complessivo di circa 15 milioni di euro sono stati confiscati dai Carabinieri del Ros nei confronti di Antonino Torre, Nino Alesci e Patrizia Torre, imprenditori operanti nel comprensorio di Terme Vigliatore nel campo dell’edilizia e della estrazione e frantumazione degli inerti.
Il provvedimento è stato disposto dal Tribunale di Messina – Sezione Misure di Prevenzione dopo lunghe indagini economico-patrimoniali, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, che avrebbero permesso di documentare la pericolosità sociale degli imprenditori Torre derivante dai documentati legami con il sodalizio mafioso operante a Barcellona Pozzo di Gotto.
Indagini che sono state un naturale proseguimento di altre attività investigative avviate negli anni passati dal Ros nell’area tirrenica della provincia di Messina, come le operazioni Omega, Eris, Vivaio e Torrente, che hanno evidenziato, tra gli altri aspetti di rilievo, l’interesse della criminalità organizzata per il controllo dei lavori di realizzazione delle più importanti opere pubbliche realizzate in quell’area geografica sin dagli anni ’80.
In tale contesto, secondo gli inquirenti, era maturato il cruento conflitto consumatosi fra la fazione costituita dalla c.d. vecchia mafia barcellonese, supportata dalla famiglia mafiosa etnea capeggiata da Benedetto Santapaola ed il gruppo emergente promosso e diretto da Giuseppe Chiofalo, sostenuto della cosca “dei tortoriciani” e da alcuni clan catanesi minori tra cui quello dei c.d. “cursoti”, per il controllo, tra gli altri indotti economici, dei lavori per la realizzazione del raddoppio ferroviario della tratta Messina – Patti e dell’autostrada Messina – Palermo. In tale contesta sarebbero maturati una lunga serie di attentati ed omicidi legati, come confermato da diversi collaboratori di giustizia, agli interessi sulle forniture alle imprese impegnate nei lavori in questione. Tra questi, anche l’omicidio dell’imprenditore Torre Carmelo, fratello di Antonino, avvenuto il 04/12/1989.
Il collaboratore di giustizia Chiofalo Giuseppe aveva riferito che le imprese del gruppo Torre facevano parte del consorzio da lui ideato per sottrarre i grandi appalti pubblici alle imprese catanesi patrocinate da Santapaola Benedetto e che l’omicidio in questione era scaturito da eventi legati a tradimenti interni al gruppo da lui stesso capeggiato
La vicinanza degli esponenti del c.d. “gruppo Torre” alla locale criminalità organizzata era emersa anche nel corso dell’indagine denominata Omega, che, oltre a documentare la vicinanza del nucleo familiare dei proposti a quello di Mimmo Tramontana, assassinato il 04/06/2001 e già referente mafioso della famiglia barcellonese per il comprensorio di Terme Vigliatore, aveva registrato i contatti tra Patrizia Torre, figlia dell’imprenditore ucciso Carmelo, e Salvatore Di Salvo, elemento di primo piano della criminalità organizzata barcellonese recentemente tratto in arresto per la sua organicità al richiamato sodalizio nell’ambito dell’indagine Gotha della DDA di Messina.
L’indagine Eris aveva quindi monitorato gli affari di una delle imprese interessate dall’odierno sequestro – l’impresa Co.Ge.Ca. – dopo l’arresto del capomafia mazzarroto Carmelo Bisognano, oggi collaboratore di giustizia, e documentato la rilevanza del ruolo, nell’ambito degli stessi, di Giuseppe Isgrò, uomo di fiducia del noto esponente della vecchia mafia barcellonese Giovanni Rao, anche questi ultimi recentemente tratti in arresto nel corso della citata indagine Gotha.
Anche l’indagine Vivaio, finalizzata alla verifica degli equilibri criminali dell’area di Mazzarrà Sant’Andrea (Me) e dei nuovi assetti del sodalizio mafioso ivi operante a seguito dell’arresto dell’indiscusso promotore, aveva dimostrato, tra l’altro, che la “Co.Ge.Ca.” aveva continuato a permanere nella sfera d’influenza della locale criminalità organizzata, rientrando nell’orbita degli interessi imprenditoriali del reggente del clan dei “mazzarroti” individuato in Tindaro Calabrese.
Tale indagine aveva anche chiarito che gli illeciti profitti destinati al sodalizio attraverso le forniture commissionate alla “Co.Ge.Ca.” erano stati determinanti nella vicenda estorsiva perpetrata in danno della “Mediterranea Costruzioni” di Giacomo Venuto, all’ombra di una scissione interna al gruppo mafioso dei “mazzarroti” guidato da Tindaro Calabrese, dopo l’arresto di Bisognano.
Il complesso dell’intera attività investigativa aveva anche evidenziato uno strettissimo connubio tra i “mazzarroti” Tindaro Calabrese, Agostino Campisi e Carmelo Salvatore Trifirò, con Patrizia Antonina Torre nella sua qualità di amministratrice pro tempore della “Co.Ge.Ca. srl” ed il marito di questa Nino Alesci, anche nella sua qualità di amministratore della “Artemide srl” anch’essa facente parte dello stesso gruppo.
La più recente indagine Torrente, infine, aveva messo in luce che la citata attività imprenditoriale dei proposti aveva continuato ad essere un punto di riferimento per le imprese controllate da Carmelo Bisognano e, quindi, dimostrato l’assenza di soluzioni di continuità, fino all’epoca attuale, del legame mafioso imprenditoriale tra la cosca barcellonese e le società oggetto dell’odierna misura patrimoniale.
L’indagine patrimoniale culminata oggi nel decreto di sequestro ha monitorato come l’andamento del volume d’affari del gruppo abbia risentito dei riassetti del gruppo criminale di riferimento e degli accordi clandestini maturati in seno ad esso per l’affidamento delle commesse, nonché di accertare una sproporzione tra l’ingente patrimonio individuato ed i redditi dichiarati dai proposti e dai componenti dei rispettivi nuclei familiari, tale da non giustificarne la legittima provenienza.
(SU PHOTOGALLERY LE IMMAGINI DEI BENI SEQUESTRATI)