Le associazioni ambientaliste e antimafia Zero Waste Sicilia, Forum Siciliano Acqua e Beni Comuni, Associazione Antimafie Rita Atria, No MUOS e No TRIV, che da anni denunciano le illegalità perpetrate “anche con il silenzio e l’avallo della regione Sicilia”, si sono unite per rivolgere un appello al Governatore e alla sua Giunta, giudicata da loro “distratta” in merito alle normative europee sulla gestione dei rifiuti.
Le recenti affermazioni di Crocetta sull’adeguamento delle discariche, per la maggior parte private mentre quelle pubbliche quasi non esistono ancora, non convincono le associazioni: Crocetta afferma “ciò che rimane del rifiuto vogliamo trasformarlo in combustibile, in un bene appetibile per il mercato”, e per le associazioni tutto questo riporta ai tempi dell’ex-presidente Cuffaro: “vogliamo allertare– scrivono le associazioni- il governatore Crocetta e l’assessore Contraffatto che la scelta della trasformazione di rifiuti in combustibile (il CSS) non solo è scellerata dal punto di vista ambientale ma, per almeno quattro buoni motivi, è una vera e propria truffa per i cittadini siciliani. Inoltre sarebbe pure illegale se prima non si raggiungono le percentuali di raccolta differenziata e recupero di materia fissate per legge, cioè il 65% ed il 50% entro il 31/12/2015, L.R. 9”.
In Sicilia la raccolta differenziata è ancora solo al 13,4% secondo l’Arpa Sicilia, ed appena al 10,7% secondo l’Anci (rapporto Ispra 2014), così le associazioni spiegano perché se si continuasse come dichiarato, i siciliani verrebbero derubati ben 4 volte.
Vediamo questi punti.
Punto uno: i rifiuti sono risorse pubbliche, e il valore economico dei materiali recuperabili da una tonnellata di rifiuti è di circa 40 euro. La Sicilia ne produce circa 2 milioni e mezzo di tonnellate/anno, a causa della “inerzia” di regione e gran parte dei comuni, e si sotterrano in discarica roba di 100 milioni di euro l’anno, denari sottratti alle famiglie ed alle imprese siciliane.
Secondo punto: il conferimento in discarica costa circa 100/120 euro a tonnellata; i padroni delle discariche private incassano tra i 230-240 milioni l’anno a spese dei siciliani, e naturalmente si oppongono a qualunque cambiamento, compresi RD e compostaggio.
Terzo punto: il privato che gestisce la discarica trasforma i rifiuti in combustibile, e può venderlo solo a cementifici e centrali elettriche. Si tratta, pertanto, di un caso unico e strano: una impresa, la discarica che “produce CSS”, non acquista le materie prime ma si fa pagare dai cittadini per prendersele.
Quarto punto: il combustibile da rifiuti è definito fonte di energia assimilata alle rinnovabili, pur inquinando a parità di energia prodotta molto di più del gas naturale. Pertanto cittadini e imprese pagano, con il 6% della loro bolletta elettrica, incentivi a chi brucia risorse pubbliche inquinando. Se ne deve concludere che la trasformazione dei materiali post-consumo in CSS ed il suo uso metterà le mani nelle tasche dei siciliani ben 4 volte.
Con queste motivazioni le associazioni chiedono al presidente Crocetta ed all’assessore Contraffatto di rivedere le loro scelte e “non rendersi complici di questa truffa, perché si tratta dunque dell’ennesimo caso in cui la politica permette di alienare risorse pubbliche in favore di speculazioni private, pratica troppo diffusa in Sicilia ed in Italia”.
Ma le associazioni offrono anche un’alternativa: oltre a semplificare le procedure per il compostaggio della frazione umida, basterebbe che dopo il trattamento meccanico biologico, obbligatorio per legge, si procedesse col recupero spinto manuale di materia e/o con l’estrusione termomeccanica, e invece di produrre CSS, si intraprendesse la via indicata dall’Europa. Le discariche andrebbero trasformate in depositi temporanei per l’estrazione mineraria urbana – Risoluzione del Parlamento Europeo del 24/12/2012, “Una Europa efficiente nell’impiego delle risorse”, e andrebbe rispettata la gerarchia dei rifiuti fissata nella direttiva quadro europea 2008/98/CE denominata La Società del Riciclaggio, recepita in legge con il D.lgs 205 del 3/12/2010.
Ma tutto ciò forse, come sostengono le associazioni, a qualcuno non conviene.