MESSINA – E’ soltanto Emilia Barrile a “pagare”, alla fine del processo sulla gestione di alcune vicende e affari, negli anni che l’hanno vista presidente del consiglio comunale. Ma la vicenda processuale sembra ancora lontana dalla sua conclusione.
Alla fine del giudizio d’appello “bis”, al processo Terzo Livello, i giudici hanno infatti ridefinito il verdetto, facendo cadere altre accuse e decidendo ulteriori assoluzioni, anche per lei. Alla fine il verdetto è di sole due condanne, destinate ad essere al centro di una nuova “battaglia” tra Accusa e difesa. Ecco perché.
La Corte d’Appello di Messina oggi ha assolto l’esponente politica da tutte le accuse rimaste in piedi, ad eccezione di un unico campo di imputazione, già riqualificato in traffico di influenze, relativo alla gestione di alcune vicende legate all’Atm. Condanna confermata anche per l’ex direttore generale della municipalizzata Daniele De Almagro, quindi. Per entrambi però il “quantum” complessivo della pena scende ancora: per la Barrile a 3 anni e 8 mesi, un anno pena sospesa per De Almagro. Assolti del tutto, dall’unica accusa che restava in piedi, il suo braccio destro Giovanni Ardizzone e Giovanni Luciano.
Adesso i difensori attendono di leggere le motivazioni del verdetto di oggi. Perché i giudici di secondo grado hanno in sostanza smontato l’intero impianto accusatorio che erano stati chiamati a ridiscutere – le 4 ipotesi di traffico di influenze e turbativa d’asta – ed hanno però deciso la condanna per un reato che era stato “cancellato” già nei precedenti giudizi. Un reato per il quale neppure la Procura aveva fatto appello. Emilia Barrile e Daniele De Almagro sono stati condannati anche al pagare le spese processuali di Atm e Comune di Messina, parti civili assistite dall’avvocato Giovanni Mannuccia.
Un secondo processo in Corte di Cassazione sembra a questo punto inevitabile. “Nonostante non è residuato più nulla rispetto alle originarie imputazioni, resta il dato di una condanna per un unico reato che era già stato ritenuto inesistente dalla stessa Corte d’appello di Messina – commenta infatti il difensore della Barrile, l’avvocato Salvatore Silvestro – sul quale a mio avviso si è formato un giudicato progressivo, come con molta fiducia spero verrà riconosciuto nel prossimo giudizio in Cassazione, a questo punto inevitabile”.
“Come spesso si sostiene – spiega ancora Silvestro insieme all’avvocato Alessandro Billè, difensore di De Almagro – le sentenze si impugnano e non si commentano, ma tale regola deve necessariamente soffrire un’eccezione quando si assiste esterrefatti, come in questo caso, ad una decisione con la quale la Corte non ha soltanto smentito se stessa, ma ciò ha fatto arrivando a violare l’intangibilità del giudicato. Il capo H dell’imputazione invero, una volta non impugnato dalla Procura Generale in punto di qualificazione giuridica, non poteva essere riqualificato ma solo fatto oggetto di una decisione in senso assolutorio o di affermazione di responsabilità. Probabilmente, i giudici, errando sul presupposto che fosse fatto salvo, anche in questa fase, il loro potere di riqualificare il reato, sono pervenuti alla decisione di affermare la responsabilità della Barrile e di De Almagro, nonostante l’evidente inconsistenza dell’accusa mossa nei loro riguardi, tanto da risultare ancora un oggetto misterioso dopo i 4 gradi (tra poco 5) del giudizio.
Non c’è dubbio che avverso una siffatta sentenza, oggettivamente iniqua, sarà proposto prontamente ricorso per Cassazione non appena saranno depositate le relative motivazioni”.
A marzo scorso l’Accusa aveva chiesto ai giudici di confermare le responsabilità per quei reati “salvati” dal provvedimento della Corte di Cassazione, che aveva annullato la precedente sentenza d’appello del 2020, cancellando alcuni reati. La Cassazione non era entrata nel merito della valutazione della responsabilità, rinviando alla Corte la valutazione della utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche e, una volta concluso il vaglio di questo aspetto, valutare le eventuali responsabilità e quindi eventualmente rideterminare le condanne o decidere diversamente. I giudici della Suprema Corte in particolare avevano cassato l’accusa più pesante, quella di associazione, annnullandola senza rinvio ed escludendola definitivamente. Quella per la Barrile di “fare lobby” in Municipio insomma; accusa che non le può più essere contestata.