Se per i ritardi nell’approvazione del bilancio di previsione 2015 è intervenuto il commissario ad acta a dettare i tempi, che rischiavano di allungarsi all’infinito (vedi qui), c’è un altro importante fronte aperto per il Comune di Messina, dall’esito ancora oggi incerto: il piano decennale di riequilibrio. Sono già passati quattro mesi da quando il Ministero ha sollecitato alcuni correttivi (vedi qui) e tre da quando l’assessore al bilancio, Guido Signorino, e il ragioniere generale Antonino Cama si sono impegnati a predisporre la delibera di rimodulazione da portare in Consiglio Comunale (vedi qui).
Nonostante gli impegni presi, di quel provvedimento non c’è traccia. La giunta Accorinti non ha ancora provveduto ad apportare le integrazioni richieste da Roma, bloccando di fatto l’iter che dovrebbe portare al pronunciamento del Ministero sulla sostenibilità o meno della manovra finanziaria approvata in Consiglio comunale il 2 settembre 2014 e tornata in Aula, nella versione rimodulata, il 28 febbraio 2015, cioè quasi un anno fa.
Alle prese con i ritardi mostruosi sull’approvazione del bilancio consuntivo 2014 (avvenuta solo lo scorso 29 dicembre) e del bilancio di previsione 2015 (il cui iter di formazione è ancora in corso), la rimodulazione del piano di riequilibrio è passato in secondo piano. Anche i consiglieri comunali sembrano essersene dimenticati. In questi mesi, nessun esponente del Civico Consesso, neanche quelli solitamente più “sensibili” alle questioni finanziarie”, si è preoccupato di chiedere spiegazioni al sindaco Renato Accorinti sul perché la delibera non sia stata ancora neppure esitata in giunta.
La rivisitazione della manovra finanziaria paga sicuramente i ritardi e le complicazioni sorte per il previsionale 2015. Con la nota del 9 ottobre, infatti, il Ministero oltre a chiedere al Comune di inserire nel piano di riequilibrio quel disavanzo pari ad 1.780.842,45 euro emerso durante il riaccertamento straordinario dei residui, chiedeva infatti anche l’invio del bilancio di previsione 2015/2017 in forma analitica. Richiesta impossibile da esaudire fino a quando non ci sarà il documento economico-finanziario, che per la prima volta nella storia del Comune di Messina non è stato approvato entro l’esercizio in corso.
La situazione di stallo in cui si trova Palazzo Zanca rischia di mandare all’aria il percorso ostinatamente intrapreso dalla giunta Accorinti dopo il suo insediamento. Se prima delle amministrative 2013, l’allora candidato sindaco Accorinti dichiarava che il dissesto era nei fatti e bisognava solo prenderne atto (vedi intervista), un volta arrivato a Palazzo Zanca ha cambiato idea, tentando la strada della procedura di riequilibrio introdotta dal dl 174/2012, già avviata – senza troppa fortuna – dal commissario straordinario Luigi Croce. Una strada rivelatasi tortuosa per Accorinti, Signorino &company, visto che a distanza di quasi tre anni la situazione economico-finanziaria di Palazzo Zanca è rimasta allarmante, tanto quanto lo era nel 2013. Anzi per certi versi è addirittura peggiorata, come dimostrano le difficoltà ed i ritardi che si registrano in occasione dell’approvazione dei bilanci.
Stranisce e per certi versi inquieta anche il silenzio del Ministero, che da quasi un anno tiene a “bagnomaria” il piano di riequilibrio di Messina, facendo trascorrere mesi e mesi senza fornire alcuna notizia. Anche dopo la nota del 9 ottobre, la commissione ministeriale che ha in esame la manovra decennale è rimasta in silenzio dinanzi all’inadempienza del Comune. Tacciono pure i leader dei partiti che hanno sostenuto con i propri voti in Consiglio comunale il piano di riequilibrio.
La sensazione è che nessuno abbia fretta di sapere cosa sarà del piano di riequilibrio approvato ormai un anno fa e in attesa di essere ulteriormente rimodulato. Sino a quando non ci sarà un responso definitivo, anche di fronte agli attacchi più duri (come ad esempio quelli recentemente arrivati dalla triplice), la giunta Accorinti potrà continuare a descrivere la manovra decennale come la ricetta miracolosa che salverà il Comune dalle colpe di quellicheceranoprima; i partiti potranno continuare a riorganizzarsi sottotraccia in vista delle prossime elezioni; e i consiglieri a vivacchiare, seppur totalmente delegittimati davanti agli occhi dell’opinione pubblica da gettonopoli e trasformopoli .
Il guaio è che a fare le spese di questo totale immobilismo è la città. Che sprofonda ogni giorno un po’ di più, schiacciata dai debiti e dalla mancanza di risposte certe.
Danila La Torre