Dodici anni dopo aver fatto “terra bruciata” provano a tornare in punta di piedi ma il percorso sembra essere tracciato. Dapprima hanno portato via lo storico marchio della Birra Messina, portando la produzione a Massafra in Puglia, poi, nel 2007 la Heineken chiuse definitivamente lo stabilimento innescando l’inizio della fine, quel meccanismo che trascinò nel girone infernale i lavoratori.
Dapprima l’Heineken portò via marchio e produzione della Birra Messina e poi, 12 anni fa chiuse i battenti di uno stabilimento storico, fondato nel 1923 dalla famiglia Faranda.
Adesso a quanto pare sono pronti a far capolino guardando a quella realtà creata con passione e sacrificio dai “15 eroi del Birrificio” negli anni scorsi.
Dopo l’addio dell’Heineken nel 2007, vi fu un coraggioso tentativo della famiglia Faranda, attraverso la Triscele, con un impegno economico milionario per produrre la storica birra (senza però il marchio che ormai era passato agli olandesi), tentativo che però non fu adeguatamente sostenuto da quanti a vario titolo avrebbero potuto e dovuto tutelare la nostra storia imprenditoriale. Sin da quando gli olandesi iniziarono a smantellare e si iniziò a delineare il disegno finale vi furono molte incursioni della politica ma pochi fatti concreti. La chiusura della fabbrica nel 2007 avvenne sotto il naso di istituzioni e politica. Soltanto 9 anni dopo, nel 2016, con determinazione 15 ex dipendenti riuscirono a raggiungere il traguardo, aprendo, tra fatiche e tenacia, il Birrificio a Larderia, ed avviando la produzione della Birra Doc e della Birra dello Stretto.
Due anni fa i 15 del Birrificio mai avrebbero potuto pensare che un giorno sarebbero state avviate intese con quella stessa Heineken che aveva messo la parola fine ad un periodo storico e ad uno dei più grandi vanti di Messina, licenziando tutti i dipendenti. Invece è proprio quello che sta accadendo, con gli ex dipendenti della Birra Messina che rischiano di consegnarsi nelle mani di quello che per anni è apparso il “nemico”, la holding che senza esitare ha messo in strada tutti ed ha chiuso lo stabilimento.
Il colosso internazionale infatti ha avviato un’interlocuzione per rimettere piede nello Stretto, contando sul fatto che lo stabilimento del Birrificio adesso è in posizione di gran lunga migliore di quello in via Bonino, troppo centrale e disagevole e che il numero dei dipendenti è stato ridotto rispetto ai 50 del 2000.
Sembra che l’intesa si stia trovando per far produrre nel Birrificio di Larderia una piccola parte di produzione di una delle birre speciali con il marchio Messina.
In sostanza l’orologio torna al 2000, un passo indietro che ha un sapore amaro e sa di sconfitta per una città che appena 12 anni fa provava a combattere contro un colosso ma vedeva andar via il marchio e si vedeva relegata in seconda fila fino ad uscire di scena.
Si potrebbe quasi pensare che l’azienda sia rimasta in questi anni alla finestra, in una posizione di forza, seguendo un disegno che ha portato a quelle che saranno le prossime mosse. Certo, quali siano le intenzioni successive dell’Heineken non possiamo saperlo, ma il ritorno di una holding di portata mondiale qualcosa può farla immaginare.
E’ però il ricordo di quei giorni a lasciare un retrogusto, quasi una sconfitta annunciata e postcipata nel tempo, sperando però che stavolta possa esserci chi davvero voglia provare a salvare la Birra Messina.
Serve uno scatto d’orgoglio per evitare di scrivere un finale già confezionato, un’azione corale. Se non ora, quando?
Rosaria Brancato