«Si non levunu Messinambiente, munnizza non ni levamu». Poche parole, in dialetto, ma chiare, fin troppo. Forse colpa della rabbia, della tensione che sale, della paura per il futuro, per le incertezze che avvolgono il settore rifiuti, ma quella frase è stata pronunciata da un lavoratore di Messinambiente poco dopo che il consiglio comunale non è riuscito a votare l’affidamento del servizio e il relativo contratto della nuova società. Quindi in poche parole, fino a quando ci sarà Messinambiente e non si passerà alla nuova MessinaServizi, si rischia di ritrovarsi sommersi dalla spazzatura. I lavoratori vogliono la MessinaServizi e da mesi seguono in silenzio cosa accade a Palazzo Zanca. Ieri però qualcuno non è riuscito a trattenersi e ha “confessato” che se si tira troppo la corda la spazzatura rischia di rimanere sulle strade perché Messinambiente non è più nelle condizioni di lavorare e ogni sforzo può rivelarsi inutile. Del resto basta fare un giro in città per vedere che le cose continuano a non funzionare: ci sono strade in cui due cassonetti sono stati svuotati e ripuliti e poi cento metri dopo ecco spuntarne altri pieni oltre misura e immersi in mini discariche a cielo aperto. Si fatica a pianificare, a programmare, a garantire interventi massicci. Messinambiente non ce la può fare perchè continua a lavorare nonostante sia stata già condannata a morte: il 30 giugno, in teoria, dovrebbero scadere tutte le autorizzazioni per gestire i servizi, la società è in liquidazione e con una procedura di concordato fallimentare aperta. Ma deve continuare a garantire la raccolta dei rifiuti e la pulizia. Senza possibilità di spendere, senza la fiducia dei creditori, con il Tribunale che tiene il fiato sul collo, con un clima tra i dipendenti che si fa sempre più pesante.
"Messina è alle prese con una crisi ambientale che sembra ormai irreversibile e la politica non vuole trovare una soluzione" accusa Lillo D'Amico, segretario della Fit Cisl. "La tensione che ne scaturisce va a discapito di tutta la città, i lavoratori non vedono un futuro e il servizio ne risente. Questa situazione di incertezza, però, non deve diventare un alibi per nessuno. Così come siamo duri nei confronti della politica che non fa il suo dovere, abbiamo l'obbligo, come sindacato, di esserlo altrettanto con chi mortifica il lavoro che è stato chiamato a svolgere per la città. Pretendiamo la massima serietà e un'assunzione di responsabilità da parte dell'amministrazione e del consiglio comunale – conclude D'Amico – ma la massima serietà e responsabilità dobbiamo dimostrarla anche noi dipendenti. Solo così porteremo la città a sposare la nostra battaglia, che è quella di essere messi in condizione di poter operare al meglio. E oggi la politica non ci mette in queste condizioni".
Domani i sindacati hanno proclamato due ore di assemblea per ogni turno e dunque i disagi nei servizi saranno inevitabili. Problemi che si accavallano, alcuni perfettamente chiari, altri sempre all’ombra di quel filo sottile tra il detto e il non detto che ha scritto la storia travagliata di Messinambiente.
Nel frattempo la politica non è riuscita, dopo quattro anni, a cambiare questo sistema. La gestione dei servizi pubblici doveva essere il fiore all’occhiello di questa amministrazione, c’era quel grande sogno infranto della Multiservizi del segretario/direttore generale Antonio Le Donne che avrebbe dovuto rivoluzionare il mondo delle partecipate comunali e dei servizi che curano. Quattro anni dopo ci ritroviamo ancora a dover raccontare le conseguenze dell’ennesima seduta di un consiglio comunale che ha deciso di rinviare le sue scelte, a parlare di una società che aspetta di vedere la luce da quasi un anno ormai, di un sindaco che non compare in aula consiliare dal giorno della sfiducia e che in tre mesi non ha mai speso una parola per sostenere il suo assessore Daniele Ialacqua nella difficile gestazione della MessinaServizi. Raccontiamo di guerre intestine e scaricabarile tra consiglieri comunali e amministrazione, tra amministrazione e dirigenti di Messinambiente, tra lavoratori e burocrazia. A pagare le spese di tutto questo sarà alla fine sempre e solo la città che continua a contare le tonnellate di immondizia che restano per strada e che sborsa 45 milioni di euro annui per un servizio che praticamente è in costante agonia.
Oggi, piaccia o meno, la MessinaServizi Bene Comune è quello che l’amministrazione Accorinti ha scelto con l’avallo del consiglio comunale. E’ stato il consiglio comunale a votare il Piano Aro, lo strumento programmatico che disegna presente e futuro della gestione rifiuti dettando le linee per i prossimi 9 anni. Era il 30 giugno dello scorso anno e 17 consiglieri votarono quel Piano Aro che rappresenta il primo passo verso la gestione dei rifiuti targata Accorinti. Poi arrivò il momento di scegliere chi avrebbe gestito i servizi. E iniziò il lungo balletto sulla Multiservizi, poi la mini Multiservizi, l’Amam acqua e rifiuti e infine la MessinaServizi Bene Comune. Decisioni che spaccarono anche la giunta Accorinti all’interno, mettendo uno contro l’altro l’ex assessore Luca Eller che puntava a mettere sul mercato la gestione dei rifiuti e l’assessore Daniele Ialacqua che invece ha voluto la formula della gestione in house. Vinse questa linea. E il 13 febbraio i consiglieri comunali votarono la nascita della MessinaServizi. Era la vigilia della discussione sulla sfiducia e nonostante questo l’aula decise di approvare un provvedimento politico così rilevante. 22 consiglieri rimasero in aula fino alla fine per dare vita alla nuova società. Dichiararono di averlo fatto appellandosi ad un profondo senso di responsabilità nei confronti della città, di uno dei servizi pubblici essenziali più importanti, soprattutto per quei quasi 600 lavoratori che in quei mesi avevano aspettato, protestato, temuto per il loro futuro. Per tanti fu una chiara strategia proprio in vista dell’imminente sfiducia che poi si sgonfiò come una bolla di sapone. Ma con quel voto si scelse di avallare il percorso voluto dall’amministrazione Accorinti, con la consapevolezza di dover procedere subito dopo a dare concretezza a quella che fino ad oggi è rimasta una scatola vuota. In barba anche all’ultimo decreto legislativo sulle partecipate. Da quel 13 febbraio sono trascorsi più di tre mesi ed è chiaro che in questa partita ognuno ha provato a giocare le proprie carte: chi per far nascere MessinaServizi, chi per mantenere in vita Messinambiente, chi per restare in questo stallo di incertezze e precarietà. A questo punto però la misura è colma e bisogna decidere cosa fare, qualunque sia la decisione. Perché è chiaro che in questo modo si continuerà ad alimentare le tensioni, le emergenze, i disservizi, facendo lievitare la spazzatura che resta per strada e i costi.
Francesca Stornante