La casa circondariale di Gazzi, giorno dopo giorno, si trasforma in una bomba ad orologeria. Nelle scorse settimane è capitato spesso di scrivere di casi di tentato suicidio da parte di carcerati che, esasperati dalla propria situazione e complice anche una condizione detentiva tutt’altro che dignitosa, sono giunti a gesti estremi. Stavolta però l’attenzione si concentra su chi sta dall’altra parte delle sbarre, ovvero il personale di polizia penitenziaria. I rappresentanti delle organizzazioni sindacali di Sappe, Cgil, Cisl e Uil, denunciano in modo unitario la condizione di assoluta precarietà in cui il personale è costretto ad operare, sia in termini di quantità che, di conseguenza, di qualità.
Le denunce dei sindacati non sono certo “cosa nuova”, ma fino ad oggi non hanno trovato alcuna risposta da parte degli organi preposti. Un silenzio esasperante, tanto quanto il lavoro all’interno del carcere, che spinge dunque i rappresentanti dei lavoratori a dichiarare lo stato di agitazione. Allo stato attuale sono 77 le unità impiegate che non sono però mai state integrate: “Il disagio in funzione del sovraffollamento di detenuti – scrivono i sindacati – si è ulteriormente aggravato negli ultimi periodi a causa di provvedimenti unilaterali adottati dall’Amministrazione Penitenziaria, avvallati dal Provveditorato Regionale di Palermo, che vedono i poliziotti penitenziari aumentato il carico di lavoro dovendosi occupare, senza un adeguato incremento di almeno 20 unità, anche della gestione del “repartino per detenuti” recentemente messo a disposizione dall’Ospedale Papardo”.
E gli effetti, in termini di qualità del servizio, sono decisamente sconfortanti perché “in ogni caso le poche unità debbono assicurare i compiti istituzionali sanciti dalla Legge. Poco importa – continuando Sappe, Cgil, Cisl e Uil – se presso la sezione femminile in mancanza di unità femminili prestano servizio unità maschili, lo stesso dicasi nel servizio di piantonamento per detenute. Poco importa se i controlli a vista o ad ogni 10 minuti di soggetti a rischio suicidario siano aumentati in modo esponenziale. Poco importa se molti posti di servizio sono sguarniti o sotto la responsabilità di una sola unità. In compenso, l’Amministrazione Penitenziaria promuove procedimenti disciplinari nei confronti di mal capitati poliziotti rei per non avere adempiuto in modo puntuale ai propri compiti”.
Una situazione che rischia di precipitare da un momento all’altro, ma di fronte alla quale i poliziotti non intendono più rimanere con le mani in mano. Ecco perché nel caso in cui al proclamato stato di agitazione non segua alcun riscontro, il passo successivo saranno decise forme di protesta volte anche a sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni. Una strada, quest’ultima, tentata già l’anno scorso ma con scarsi risultati, anche forse a causa della scarsa compattezza fra le varie sigle sindacali. Che stavolta, invece, sembrano (quasi) tutte marciare nella stessa direzione.
Sulla notizia dello stato di agitazione del personale di polizia penitenziaria, interviene la deputata dei Radicali Rita Bernardini, che nei giorni scorsi ha depositato un’interrogazione in cui venivano chiesti “aggiornamenti” sulla situazione delle carceri: “Alla luce dei fatti – afferma – viene da chiedersi se non siano riscontrabili comportamenti perlomeno discutibili dell’Amministrazione penitenziaria che costringe di fatto il personale a violare le norme dell’ordinamento laddove prescrive che a contatto con le detenute debbano esservi solo agenti donne, in special modo per i piantonamenti”.