MESSINA – Vuole “collaborare” con gli inquirenti Antonio Barbera, al centro dell’inchiesta della Guardia di Finanza su presunte truffe legate ai bonus edilizi e in particolare al superbonus 110%. Il medico messinese arrestato lo scorso 26 marzo vuole essere ascoltato dai giudici ed il suo legale, l’avvocato Carlo Merlo, ha preso atto della sua volontà e ha annunciato istanza al giudice per le indagini preliminari.
Il difensore aveva già tentato un possibile chiarimento della posizione del suo assistito in sede di interrogatorio di garanzia ma il professionista, dopo essersi dichiarato “prigioniero politico” fuori verbale, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Per lui proprio ieri è arrivata l’ufficialità del responso del Tribunale del Riesame che ha detto no alla richiesta di scarcerazione. Barbera resta perciò in carcere al momento, ma ha deciso di tornare al faccia a faccia col giudice ed esporre la sua versione dei fatti.
Il Collegio delle Libertà ha rigettato i ricorsi di tutti gli indagati, eccezion fatta per Roberto Pisa, il commercialista cugino del medico che secondo gli inquirenti avrebbe agevolato il parente nelle pratiche sui portali di Agenzia delle Entrate e altri adempimenti legati all’iter per ottenere i crediti per i lavori agevolati. Lavori mai effettuati in tutti i casi scoperti dalla Guardia di Finanza, che ha sentito decine di clienti del medico intestatari solo formalmente delle pratiche. Il professionista, iscritto all’Ordine di Roma, non è più ai domiciliari ma ha solo la sospensione temporanea dall’esercizio della professione. Parlando con una terza persona nelle conversazioni intercettate dai finanzieri, dopo le prime avvisaglie dell’inchiesta, aveva espresso tutto il suo timore per le conseguenze degli accertamenti, raccontando che nella richiesta di collaborazione del cugino aveva “intravisto una opportunità di lavoro”.
Contestualmente ai sei arresti per il nucleo familiare dei Barbera, uno in carcere e 5 ai domiciliari, è scattato anche il maxi sequestro fino a 37 milioni di euro. Sotto chiave sono finiti i beni degli indagati, comprese alcune auto e altri beni di lusso, e i crediti sui cassetti fiscali dei clienti del medico che si sono detti all’oscuro del tentativo di truffa ma di aver creduto alle rassicurazioni di Barbera sulla possibilità di ottenere le agevolazioni e solo dopo poter avviare i lavori, affidandosi alla sua “consulenza”.
Barbera sino al giorno dopo l’arresto ha rivendicato questo suo ruolo di “smobilizzatore di crediti” pro bono altrui, anche dopo aver saputo dei primi interrogatori della Finanza. Tanto da aver creato, almeno a suo dire, una associazione di “vittime di malpratiche dei bonus edilizi”. Una posizione riconfermata nella “linea dura” paventata agli interrogatori. Una tesi che non ha convinto gli inquirenti anche perché una buona parte dei crediti così ottenuti sono stati commercializzati e finiti nelle società dei Barbera, che ne avevano già monetizzato una grossa somma, C’è attesa quindi per questo confronto chiesto da lui stesso con i giudici, cui prenderanno parte anche i titolati dell’inchiesta, Rosa Raffa e Giuseppe Adornato, coordinati dal procuratore capo Antonio D’Amato.