L’abbiamo fissata come si guarda un marziano, coltivando nel nostro cuore la segreta speranza che fosse come quei fiori di primavera, che quando ne vedi spuntare uno subito vengono a ruota gli altri. Così è stato per i messinesi con la prefetta Francesca Ferrandino. Chissà quanti hanno pensato, anche per un attimo: “speriamo sia di buon augurio per avere un sindaco donna”.
Sono convinta che Messina è pronta per avere un sindaco donna. Conosco un paio di donne che vedrei benissimo quella poltrona. La domanda che pongo è: i partiti ed i movimenti sono pronti ad un sindaco donna? Ad un candidato- sindaco donna? O rischiamo di cadere nella trappola della moda del momento, della forma che prevale sulla sostanza?
Non ritengo che una donna sia, per il solo fatto di esserlo, un sindaco migliore di un uomo. Ci sono stati buoni sindaci e pessimi sindaci e lo sarebbero stati anche da donne. L’amministrare è asessuato. Così come le capacità, le incapacità, i vizi e le virtù. Non sono né quote azzurre né quote rosa. Ma statisticamente Messina non ha mai avuto un sindaco donna. Tra sindaci, potestà, commissari dal 1860 circa 78 uomini hanno amministrato Messina. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Anche tra i 108 comuni del messinese le prime cittadine si contano nelle dita di mezza mano. C’è stata solo, per un breve periodo, dal ’93 al ’94 una presidente della provincia, Amelia Ioli Gigante, ma solo come conseguenza diretta di tangentopoli.
E’ arrivato il momento di mettere sulla poltrona di Palazzo Zanca una sindaca.
Sono contraria alle quote rose e considero la doppia preferenza di genere un efficace sistema di controllo del voto, infatti non a caso, in Sicilia è stata mantenuta nella nuova legge elettorale varata dall’Ars ad agosto.
Il cuore della questione è proprio questo: i partiti non sono pronti all’ingresso delle donne nei ruoli chiave. E purtroppo non lo sono molte delle donne elette.
Messina è pronta e merita di avere una sindaca. La situazione talmente devastata e ferita della città richiede quelle qualità che le donne hanno in quantità industriale rispetto agli uomini. Inoltre, essendo meno avvezze, perché rimaste fuori per mezzo secolo, ai giochi di potere e delle politica, possono essere totalmente disinteressate ai propri orticelli e completamente dedite alla causa.
A mio giudizio ci sono numerose donne, alcune dentro il mondo politico, altre ai margini,altre ancora mai chiamate, che sarebbero ottimi sindaci, ma che sono escluse e rischieranno di esserlo comunque. Ne conosco una, ad esempio, che ha detto un paio di no perché ha capito che sarebbe stata usata come “una borsa firmata”, per moda. Dopo la moda dei sindaci che vengono dalla società civile, adesso il must è la donna.
Quello che temo è la corsa alla donna, come in “Tutti pazzi per Mary” e non perché “Mary” sia ritenuta la più adatta o la migliore, ma perché ha la “quota giusta”.
Il mio timore è l’identikit che partiti e leader fanno della loro “Mary”, il mio timore riguarda: le segnaposto, le telecomandate. Non mi spaventa molto l’Ambra della politica, ma il ventriloquo che c’è dietro di lei.
La doppia preferenza alimenta questi rischi, basta andare a vedere i risultati delle amministrative in Sicilia dalla primavera 2013 in poi. Il ventriloquo può essere il leader, il parente, l’amico, l’amante, il burattinaio. Nel caso dei segnaposti c’è il “si sa ma non si dice”. La persona in questione non può o non vuole candidarsi in prima persona, ma tutti, dall’elettore al riferimento di partito, fino all’interessata, sanno esattamente di chi è quella casella. Sanno che votano y ma si legge x.
L’attuale sistema di selezione della classe dirigente ignora le pari opportunità per i migliori in generale, uomini e donne. Anzi, va proprio in direzione opposta. Se incappa in un migliore crea gli anticorpi per espellerlo. Il meccanismo è ancora più selettivo con le migliori. Perché le migliori hanno il pessimo vizio di camminare con le proprie gambe e pensare con la propria testa, di sapere quanto valgono e quanto possono dare alla comunità ed alla vita politica.
Temo che di fronte all’arrivo del prefetto Francesca Ferrandino ed al “pensiero stupendo” di un sindaco donna in tanti abbiano detto: “dai, metti lì una donna che vinciamo sicuro”. Tra non molto inizierà la caccia al tesoro non per la candidata ideale, ma per quella che più può essere utile al raggiungimento dell’obiettivo.
Le più gettonate saranno le libere professioniste, le imprenditrici affermate, avvocatesse, magistrate, le guerriere della società civile o le più coraggiose dell’associazionismo. Magari sono state ignorate negli ultimi 20 anni, così come sono state ignorate la fatica e l’impegno che è costato loro arrivare lì, ma improvvisamente tra un paio di mesi avranno tutte un nuovo appeal. Saranno corteggiatissime. Saranno “tutti pazzi per Mary”.
Quando sento un leader di partito che a Messina dice “ora vedrei bene una donna” mi preoccupo. E’ una frase che sa di concessione, d’investitura. Nel panorama di quest’amministrazione la Panarello è stata l’unica donna in giunta per metà mandato e non con deleghe di peso. Non c’è una donna al vertice di nessuna partecipata o Ente, dal Teatro all’Atm. Al massimo le trovi in un Cda, dove si presume che la loro presenza si “confonda” con le altre.
Ecco perché mi spavento se un leader dice: adesso è il turno di una donna-sindaco.
Le avete ignorate per decenni come compagne di lista o di giunta o di partito. Siete stati costretti a metterle in lista da norme create appositamente e le avete aggirate per continuare i vostri giochi di potere.
Non voglio una candidata-segnaposto e non la voterò. Lancio una sfida ai partiti, ai movimenti. C’è un anno e mezzo per le amministrative del 2018. C’è abbastanza tempo per lasciare giochetti ed ipocrisie al passato e cambiare veramente la politica.
Cambiamo Messina dai migliori. E candidiamo una donna migliore.
Rosaria Brancato