Almeno diciotto cadaveri ritrovati nella stiva di un barcone, che adesso giacciono nell’isola di Malta, un corpicino di un anno che adesso giace nell’obitorio del Policlinico Messina, più di centocinquanta dispersi in mare di cui probabilmente non si riusciranno mai a ritrovare tutti i corpi. E adesso anche i nomi ed i volti di cinque “mercanti di morte”, presunti assassini, fermati stamani dagli agenti della Squadra Mobile di Messina ed accusati di essere i carnefici della strage che si è consumata sabato pomeriggio, nel Canale di Sicilia.
Si tratta di Mhamed Morad Al Fallah, operaio di 21 anni di Damasco (Siria), Youssef Dahaman, 21 anni di Fes (Marocco), Abdrzack, 25 anni di Bnimlal (Marocco), Saddam Abuhddayed, commerciante di 25 anni di Khanyounis (Palestina), Jamal Rajeb, imbianchino di 36 anni dell’Arabia Saudita. Interrogati, quattro di loro si sono avvalsi della facoltà di non rispondere mentre uno ha parlato, ma fornendo dichiarazioni palesemente in contrasto tra di loro.
Un lungo viaggio di morte, raccontato dalle atroci testimonianze di chi è sopravvissuto, che ha permesso agli inquirenti di ricostruire quelle settimane di navigazione, soffocamento, maltrattamenti, omicidi. In molti hanno raccontato di come i cinque arrestati scegliessero a caso le loro vittime, uomini o donne che fossero, e di come ne avessero uccise almeno una sessantina, buttandole poi in mare. I superstiti hanno visto i corpi di connazionali, amici e parenti accoltellati o storditi a mani nude, sparire poi tra le onde. Tutti minacciati ed impossibilitati a muoversi, nel terrore di ricevere lo stesso trattamento mortale.
Come sempre tutto è iniziato con una speranza, quella di vita migliore, iniziata sulle coste nord africane e che, tragicamente, si è conclusa lo scorso sabato, a largo delle coste siciliane. Cadaveri, decine e decine di dispersi, 561 sopravvissuti, soccorsi dalla petroliera Torn Lott, battente bandiera danese, e poi fatti sbarcare nel Porto di Messina domenica pomeriggio. Tra di loro, anche una bara bianca che ha atteso pazientemente l’anima del piccolo di un anno, morto tra le braccia della madre per un probabile soffocamento durante il tragitto dal largo del Canale di Sicilia fino alle coste messinesi.
C’erano anche i cinque arrestati tra i 561 sbarcati a Messina. Hanno subito provato a nascondersi tra gli altri, nella speranza di passare inosservati. Tre di loro hanno anche cercato di scappare al Nord, aveva già comprato un biglietto destinazione Milano. Sono stati bloccati alla Stazione, poco prima che il treno arrivasse e garantisse loro la salvezza.
E così, mentre nella scuola media Giovanni Pascoli va avanti il rimpallo di competenze tra Comune e Prefettura in attesa di sapere cosa ne sarà degli uomini, delle donne e dei bambini che per ora affollano il cortiletto, il carcere di Gazzi apre le porte per i cinque scafisti. Dovranno adesso dovranno rispondere di omicidio plurimo aggravato. (Veronica Crocitti)