Per alcuni era “tubo in gomma”, per altri “manichetta dell’acqua”, per altri ancora “frusta” o “bastone”. In realtà, erano solo modi diversi per descrivere l’arma con erano stati picchiati. Sono stati ascoltati per tutto il pomeriggio di ieri i 117 migranti sbarcati in mattinata al Molo Marconi. Grazie alle loro testimonianze, gli agenti della Squadra Mobile ed i militari della Guardia Costiera hanno potuto chiudere velocemente il cerchio sui tre scafisti che, oltre ad aver materialmente guidato i barconi su cui erano stipati i profughi, sono stati accusati anche di aver picchiato sia uomini che donne.
Si tratta di Ali Bazawi, marocchino di 31 anni, colui che di fatto coordinava le azioni, e di Daddy Senghore e Sanna Trawalley, entrambi del Gambia, assegnati al timone ed alla bussola. I due gambiani avevano anche dichiarato di essere minorenni quando in realtà, dai successivi esami ossei eseguiti al Papardo, è emerso come invece avessero più di 18 anni. Dai racconti dei migranti è venuto fuori che i tre “Caronte” avrebbero fatto salire su un gommone scalcinato più di cento persone, sempre sotto la supervisione di uomini armati. E poi, dalle spiagge libiche, avrebbero preso il largo fino al momento del soccorso operato dalla nave Fiorillo della Guardia Costiera. Durante il salvataggio, i tre hanno anche cercato di nascondersi nel gruppo, ma grazie alle dichiarazioni dei sopravvissuti ed al lavoro dei poliziotti Mobile e dei militari della Guardia Costiera, nessuno di loro è sfuggito alla giustizia.
Durante lo sbarco di ieri, la Polizia ha arrestato anche un quarto uomo, Ali Mohamad, tunisino 29enne, che nel corso degli anni aveva collezionato in Italia precedenti per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Nel giugno del 2013 gli era stato ordinato di lasciare il paese entro 7 giorni. Mesi dopo, a dicembre, era stato espulso dal territorio nazionale, per un periodo di tre anni, con immediato accompagnamento della Forza Pubblica alla frontiera. (Veronica Crocitti)